Il messaggero oscuro - Alex Beer

La fotografia della città di Vienna immortalata da Il messaggero oscuro, il bel thriller di Alex Beer, pseudonimo di Daniela Larcher, è quella di una capitale reduce dalla Grande Guerra, alle prese con i tanti effetti conseguenti allo sgretolamento dell’Impero austro-ungarico che il conflitto appena concluso ha lasciato dietro di sé: il rovinoso decadimento della nobiltà autoctona, una povertà diffusa a tutte le classi sociali, un’inflazione alle stelle, il razionamento dei viveri, la delinquenza giovanile che imperversa ovunque. Come se non bastasse, l’Austria sta attraversando un’ondata di gelo senza precedenti.

Siamo nel 1920, per la precisione nel giorno di Ognissanti, e in questa atmosfera post-bellica uggiosa e tetra si muove l’Ispettore Distrettuale Capo della sezione Omicidi August Emmerich, qui alla prese con il suo terzo caso dopo Il secondo cavaliere e La donna in rosso.

In compagnia dell’assistente Ferdinand Winter, l’Ispettore dovrà far luce su un misterioso omicidio ai danni di un uomo conosciuto negli ambienti di contrabbando di valuta estera. Nonostante la guerra sia terminata da poco e le strazianti immagini dei cadaveri di soldati, ancora vivide nella memoria collettiva, portino a credere che il male abbia ormai toccato l’apice (o il fondo, secondo come si voglia vedere) e niente di brutale possa più sorprendere, la spietatezza rinvenuta sul corpo esanime della vittima non passa affatto inosservata.

August Emmerich, fumatore incallito, uomo di legge dalla personalità ombrosa e spigolosa, poco incline alla cordialità, appare in tutto e per tutto figlio della cupa condizione in cui versano la capitale austriaca e i suoi cittadini. L’indagine, che in un primo momento non prospetterà alcuno sbocco e sembrerà condurre solo a vicoli ciechi, lentamente vedrà aprirsi una promettente scia fatta di piccole tracce ed esili dettagli simili agli anelli di una catena di cui, mano a mano che si avanza, si scorge solo l’inizio e il resto rimane avvolto nell’oscurità. Parallelamente – ma a un certo punto i due percorsi narrativi si incroceranno – Emmerich porterà avanti la personale ricerca della donna amata in balia di un uomo violento e senza scrupoli.

Tradotta da Silvia Manfredo per Edizioni E/O, la scrittrice austriaca Alex Beer riesce con notevole efficacia a mantenere viva l’attenzione grazie a una scrittura essenziale, funzionale, a tratti aspra, decisamente appropriata all’ambientazione austera e severa che non abbandona mai la storia. Si respira a pieni polmoni il clima di frustrazione che caratterizza gli anni Venti del Novecento europeo e quel sentimento di delusione e rabbia di cui è intriso. Nonostante fosse originariamente composto da diverse etnie al cui interno si agitavano impulsi indipendentisti, l’Impero austro-angarico aveva conosciuto un periodo di forte prosperità al punto che Vienna, con oltre due milioni di abitanti, era la terza città più grande d’Europa. Dopo i trattati di pace stipulati a Saint-Germain-en-Laye il 10 Settembre 1919, i fasti diventano solo un ricordo, una lacerante reminescenza nelle cui viscere ribolle fervore e fremono ideologie mai dome, le quali daranno vita alla spinta nazionalistica che getterà le basi per l’idiosincrasia nei confronti della “piaga giudea” e, di lì ad alcuni anni, precisamente il 13 marzo 1938, determinerà l’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista. 

Le cose non vanno per niente bene a questa Vienna stanca e ferita, dirà a un certo punto Emmerich, e la sua è senza ombra di dubbio una Nazione malconcia, claudicante e incerottata come lo è tutto il continente.

Non so se durante la lettura qualcuno di voi proverà le stesse sensazioni di chi vi parla, ma in più di un occasione mi è stato pressoché istintivo evocare con la mente le immagini del film Schindler’s List e quel simbolico bianco e nero che lo ha reso indimenticabile.

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Il messaggero oscuro
  • Beer, Alex (Autore)

Articolo protocollato da Damiano Del Dotto

Mi chiamo Damiano, abito a Pistoia, sono sposato con Barbara e sono più vicino ai 50 anni che ai 40. Poche cose colloco nella memoria come il momento temporale e il libro che in qualche modo mi ha cambiato la vita e mi ha infuso la gioia della lettura: avevo 11 anni, frequentavo la prima media e il romanzo è IT di Stephen King. Da allora non posso fare a meno di questa passione viscerale che mi accompagna quotidianamente. Si sente spesso dire che siamo la somma delle nostre esperienze. Allo stesso modo credo che l'amore che provo per la vita sia la somma dei libri che leggo.

Damiano Del Dotto ha scritto 51 articoli:

Libri della serie "August Emmerich"

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