Nel 2015, accademico e blogger vietnamita, esordisce nel mondo della letteratura con “Il simpatizzante”, che riscuote un enorme successo di pubblico e di critica, conquistando il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2016. Recentemente, Neri Pozza ha pubblicato in Italia il secondo romanzo di Nguyen, Il militante, che riprende il racconto dal tempo e dal luogo in cui la vicenda de “Il simpatizzante” si era conclusa.

Ancora una volta, il protagonista è un ex-capitano dei servizi di sicurezza vietnamiti, che ha ora raggiunto la Francia e lavora come spia per i Vietcong. Disperatamente, questo giovane ex-capitano senza nome cerca di mantenere in equilibrio la sua storica amicizia coi propri fratelli di sangue: Man, suo superiore e fervente Vietcong e Bon, il cui anticomunismo, a causa di una tragica vicenda personale, è sempre più viscerale e violento.

Il militante” si apre con il racconto del viaggio del protagonista e di Bon verso Parigi. Saigon è caduta qualche anno prima, nel 1975: all’alba degli anni ’80, i due lasciano la propria patria. E si recano alla volta della capitale che, prima dell’intervento statunitense, era stata potenza colonizzatrice nella loro regione, imbarcando la propria rabbia e la propria delusione in un doloroso viaggio per mare che costituisce l’incipit del romanzo.

“Eravamo gli sgraditi, gli indesiderati, gli ignorati, invisibili a chiunque fuorché a noi stessi. Valevamo meno di niente, e niente vedevamo mentre, acquattati, semiciechi, nel ventre buio della nostra arca, eravamo in centocinquanta a sudare, compressi in uno spazio che non era destinato a noi mammiferi, ma ai pesci del mare”.

Così Nguyen fotografa la condizione fisica e lo stato d’animo di uomini delusi e arrabbiati, feriti e sperduti, alla ricerca di un luogo da poter chiamare casa, ma anche, ciascuno a suo modo, assetati di vendetta.

Così, l’ex-capitano senza nome si aggira per una Parigi che, nel salotto di sua zia, intellettuale, mostra il suo volto più elegante e colto, ma sa anche essere spietata e violenta, nelle periferie in cui bande rivali si scontrano, mettendo a rischio la propria vita, per il controllo del territorio e in particolare dello spaccio di stupefacenti.

Sembra quasi di assaporare quella distinzione marcata, netta, tra “il palazzo” e “la strada”, che fa quasi da contrappunto alla narrazione in “Romanzo Criminale” di De Cataldo, con un’ambientazione parigina e non romana.

La differenza, però, non è soltanto storico-geografica, ma si sostanzia nel diverso sguardo con cui i protagonisti, coi piedi ben piantati sulla strada, osservano il palazzo. Ciascuno a suo modo, i malviventi di De Cataldo finiscono per riconoscere all’alta società, che abita nel palazzo, un primato intellettuale e decisionale, rifiutandolo (come il Freddo) o cercando di diventarne parte (come il Dandi).

Ne “Il militante” invece, politici e intellettuali, che si affacciano sulla realtà dalle tiepide stanze dei loro palazzi, sono messi in discussione dai protagonisti in modo ancora più radicale, potremmo dire perfino più cerebrale.

Ed è il capitano senza nome e quasi senza speranza, al termine di una discussione, a segnare con parole pesanti come pietre, che hanno il sapore di un epitaffio, la distanza che separa una rivoluzione sognata da una rivoluzione subita: “Si dava per scontato che tre milioni di morti fossero il prezzo giusto da pagare per una rivoluzione, anche se era sempre più facile dirlo per chi era rimasto vivo!” 

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Il militante
  • Nguyen Viet, Thanh (Autore)

Articolo protocollato da Damiano Verda

Genovese, classe 1985, ingegnere informatico, appassionato di scrittura. There’s four and twenty million doors on life’s endless corridor (ci sono milioni di porte lungo l’infinito corridoio della vita), cantavano gli Oasis. Convinto che anche giocare, leggere, scrivere possano essere un modo per tentare la scommessa di socchiudere qualcuna di quelle porte, su quel corridoio senza fine.

Damiano Verda ha scritto 56 articoli: