Il mistero dei cinque stupa - Bernard Grandjean

Il mistero dei cinque stupa” è il secondo titolo della serie “Indagini nella regione dell’Himalaya” dello scrittore francese Bernard Grandjean, pubblicato in Italia dalla casa editrice pavese O-barra-O, nella collana di gialli chiamata “in Asia”. Anche in questo caso, come nel primo episodio, la traduzione è a cura di Augusta Scacchi.

Prosegue il soggiorno indiano per Betty Bloch, la nostra studentessa alsaziana che ha la capacità di improvvisarsi investigatrice. Dopo un lungo soggiorno ristoratore presso il monastero di Tashi Choling e dopo aver guadagnato un incarico come antropologa presso l’Università di Calcutta, Betty è tornata a Gangpong presso l’Hotel Windsor, dove ha ritrovato il professor Das, studioso di archeologia. Ed è proprio insieme a lui che nota la sparizione di un famoso stupa (per chi non lo sapesse gli stupa sono monumenti buddisti) eretto alle pendici del monte Kangchenjunga. Dietro questa scomparsa, si cela in realtà una quantità non banale di intrighi e attività losche che solo l’intuito e la sfrontatezza di Betty permetteranno di smascherare.

Grandjean prosegue con i suoi intrighi himalayani, sempre con una scrittura piacevole e ben costruita, lanciando a tutto tondo, con questo romanzo, il personaggio di Betty Bloch che aveva già animato il primo episodio della serie. Un’investigatrice un po’ atipica, che trova da sé i misfatti dei quali poi si occupa, con il suo modo di fare a metà tra il trasognato, l’improvvisato e il temerario, non disdegnando di usare la propria avvenenza come arma a sua disposizione. Un personaggio che non può non essere simpatico e che con i suoi atteggiamenti occidentali genera scompiglio in un contesto dove domina la serena (o presunta tale) imperturbabilità orientale.

Anche in questo caso, lo scrittore francese ci propone uno spaccato della regione himalayana che risulta molto divertente. Il suo punto di vista è chiaramente quello di chi osserva dall’esterno, con molto rispetto, una cultura “altra”, per la quale egli nutre una certa ammirazione, ma rispetto alla quale non disdegna di mettere in evidenza problemi, mancanze e arretratezze. Il tutto rappresentato sempre con una certa ironia, per evitare di risultare moralista o addirittura essere accusato di neocolonialismo. Ne risulta un quadro a tratti grottesco, nel quale emerge però l’endemica corruzione degli apparati burocratici indiani, così come l’atteggiamento quasi infantile e poco intelligente del turista medio occidentale, che assai poco comprende (e vuole comprendere) della cultura dei paesi che visita.

In più, in questo secondo episodio, compare anche un tema molto serio che si insinua nell’intreccio del romanzo: il mancato riconoscimento da parte delle autorità cinesi dell’autonomia del Tibet e delle sue specificità religiose e culturali, al punto da far sì che alcuni genitori tibetani invitino i loro figli a fuggire e riparare in India. Grandjean è molto bravo a trattare questo tema con una modalità molto chiara ed efficace, a tratti addirittura con un pizzico di ironia, senza indulgere in schematismi e sentimentalismi. Per come è costruita la storia, lo scrittore francese riesce a delineare molto bene la sostanza di un tema geopolitico tanto noto quanto purtroppo irrisolto e doloroso.

In generale, questa è una delle migliori qualità di questo scrittore. Appare sempre molto chiaro quali siano le posizioni di Grandjean nelle diverse materie che egli affronta: si tratti della corruzione dei burocrati dell’Amministrazione indiana, delle riprovevoli abitudini dei turisti occidentali che frequentano la regione himalayana, così come della protervia dell’esercito cinese in Tibet si capisce sempre benissimo da che parte sta lo scrittore francese. Prende posizione, denuncia, critica, ma con uno stile elegante, con un’ironia fine, che oltre a far capire bene i termini della questione, forse rende ancora più duro ed efficace il suo messaggio.

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Articolo protocollato da Giuliano Muzio

Sono un fisico nato nel 1968 che lavora in un centro di ricerca. Fin da piccolo lettore compulsivo di tante cose, con una passione particolare per il giallo, il noir e il poliziesco, che vedo anche al cinema e in tv in serie e film. Quando non lavoro e non leggo mi piace giocare a scacchi e fare attività sportiva. Quando l'età me lo permetteva giocavo a pallanuoto, ora nuoto e cammino in montagna. Vizio più difficile da estirpare: la buona cucina e il buon vino. Sogno nel cassetto un po' egoista: trasmettere ai figli le mie passioni.

Giuliano Muzio ha scritto 144 articoli:

Libri della serie "Indagini nella regione dell’Himalaya"

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