Un titolo come quello di questo post incute timore a chi lo sta scrivendo: alle già ovvie difficoltà che accompagnano sempre questi tentativi di individuare generi e correnti, nonché stilare le classifiche dei migliori libri in quell’area, nel caso del noir tutto si complica e si creano deviazioni su deviazioni, parentesi su parentesi.
Scrivere di noir è un po’ anche vivere per un lasso di tempo dentro un noir.
E ben prima di cominciare a parlare dei principali scrittori, delle eventuali sottocorrenti e dei titoli che ne hanno segnato la storia, occorre affrontare il compito più difficile in un articolo come questo, e ovvero cercare di identificare con la maggiore precisione possibile cosa sia il noir e cosa lo distingue dal giallo, dal thriller psicologico e da altre correnti ancora.
Tentare di trovare una definizione univoca di noir, che sia valida per tutti e che metta d’accordo ogni lettore è impresa disperata che non tento nemmeno di affrontare.
Credo sia molto meglio e anche più efficace affidarsi a critici, storici della letteratura e in genere fonti di comprovata qualità, per operare un possibile riassunto e rendervi conto delle teorie e definizioni che incontrano il maggiore accordo possibile.
Da dove proviene il termine “noir”?
E visto che già l’impresa non è semplice, complichiamoci ancora di più le cose andando indietro nel tempo a scovare l’origine di questo termine usato spesso a sproposito anche dal sottoscritto, in particolare quando si cerca un termine ombrello che serva un po’ a contenere tutto e niente.
“Noir”, sono in molti a essere d’accordo, proviene dalla locuzione francese roman noir, ovvero romanzo nero. Era impiegata però per definire ben altro genere di quello a cui pensiamo ora: i francesi la utilizzavano per quelli che noi definiamo come romanzi gotici, è solo nel Ventesimo secolo che, con l’arrivo di una ondata di romanzi (principalmente) statunitensi, il termine noir andrà a indicare tutta altra scuola letteraria, ovvero quella della quale si occupa questo articolo.
Di che nazionalità è il noir?
Abbiamo fatto notare che il cambio del valore di questo termine avviene in concomitanza con la nascita di una vasta produzione statunitense.
Ma, una volta lanciatosi lungo questa traiettoria Oltreoceano, il “noir” subirà anche un effetto boomerang e tornerà, dopo un po’ di tempo, a frequentare assiduamente e nuovamente l’altra sponda dell’Atlantico, con la nascita e affermazione del noir mediterraneo che riunisce principalmente alcuni autori spagnoli e francesi, ma spuntano anche alcuni italiani di valore.
Volendo, potremmo complicare ancora di più la faccenda, perché pensando in particolare a quanto accaduto nella scena letteraria europea nel corso degli ultimi tre decenni, è possibile parlare anche di noir scandinavo.
Come potete capire è un giochino che si può stiracchiare a volontà: è sufficiente che una nazione o, meglio ancora, un’area geografica un po’ più ampia, abbia una produzione consistente di romanzi con alcune caratteristiche noir e molti addetti ai lavori si sentiranno autorizzati a parlare di “noir xxx”.
Ma è anche un giochino che mostra facilmente i suoi limiti e a mio modo di vedere già il termine di noir scandinavo è per certi versi problematico, quindi meglio evitare ogni ulteriore moltiplicazione.
Cos’è il genere noir?
La soluzione migliore per definire il noir non è nella ricerca di una definizione estremamente precisa bensì nell’accumulo di una serie di caratteristiche, che possono essere presenti più o meno intensamente nel testo.
Possiamo guardare a queste caratteristiche come a gocce d’inchiostro, ovviamente nero: più ne aggiungi nel bicchiere d’acqua, più l’acqua diventerà nerastra.
Queste caratteristiche riguardano praticamente ogni elemento del romanzo, dalla sua struttura al tipo di ambiente prescelto, dai personaggi allo stile e persino, in modo più caratterizzante rispetto ad altri generi anche la conclusione stessa della vicenda.
Vi sono, altrimenti sarebbe ben difficile parlarne in questo Café, l’elemento del crimine e quello dell’indagine, ma già questa seconda componente differisce spesso sensibilmente rispetto a come la concepisce il giallo classico.
L’indagine nel noir è diversa sia per gli scopi che per chi la attua: l’analisi dell’atto criminale e la ricerca di un colpevole diventano spesso elementi secondari nei confronti di una indagine che alle volte scandaglia le profondità psicologiche del protagonista e molto spesso si avventura a offrire uno spaccato sociale più approfondito rispetto alla tradizione gialla precedente.
E lo stesso “indagatore” è sostanzialmente diverso rispetto alla letteratura precedente. Prima di tutto non è obbligatorio che sia un tutore delle forze dell’ordine: si rafforza e consolida la figura del detective privato, il private eye, che spesso non naviga in buone acque e non è nemmeno l’individuo più entusiasta e ottimista al mondo.
E non è nemmeno necessario un ruolo ufficiale da investigatore: nel noir può semplicemente accadere qualcosa a qualcuno che, toccato dagli eventi, si trasforma in investigatore suo malgrado.
Questo ci porta a una delle altre particolarità del noir: chi indaga è mediamente più coinvolto nel caso rispetto ad altri generi. Può essere un coinvolgimento sentimentale o comunque emotivo, oppure per via di debiti, minacce, vendette, ma è facile che ci sia un legame personale fra caso e investigatore.
E il protagonista, in generale, non è detto che sia una persona integerrima e può variare su un ampio spettro: possiamo trovarci di fronte a un innocente, incastrato i qualche modo o, al contrario, a un colpevole.
Per quanto riguarda i personaggi secondari, occorre nominare almeno la figura della cosiddetta dark lady/femme fatale, forse fin troppo nominata e famosa rispetto alla sua reale frequenza in queste narrazioni, ma comunque figura di grande rilievo che ha avuto larga influenza nei decenni a venire, in molte variazioni.
Anche l’ambiente, il paesaggio, lo scenario nel quale si svolgono le vicende ha molta importanza nella connotazione del noir e in questo caso la città è regina: più grande e “tentacolare” è, meglio è.
Massicce dosi di asfalto e cemento, così come altrettanto massicce sono le dosi di ore notturne rispetto a quelle diurne.
New York e Los Angeles regnano sovrane, in particolare la seconda, ma gli autori europei hanno comunque celebrato a dovere alcune città più vicine a noi, dalla Barcellona di Manuel Vázquez Montalbán alla Marsiglia immortalata da Jean-Claude Izzo.
E parlando di scenari, città, ore notturne, si arriva più in generale all’atmosfera del noir e, anche se la caratteristica è forse più accentuata durante una certa fase cinematografica di questo genere, c’è da registrare che alle volte il registro è semi-onirico, o comunque distorto, leggermente irreale e surreale quando non allucinato o da incubo vero e proprio.
Questa distorsione accade più frequentemente, come è facile da immaginare, nel caso di protagonisti che hanno problemi con l’alcol, ma è caratteristica che può essere presente anche in altri casi.
La stessa città è opprimente, non è un ambiente neutro all’interno del quale accadono vicende, ha una forte personalità e spesso non è un carattere positivo, solare e accogliente.
E, tornando all’indagine, come in ogni altro romanzo anche nel noir l’indagine arriva a una conclusione, ma raramente è una chiusura consolatoria e rassicurante.
Questo accade a prescindere dalla eventuale individuazione o cattura del colpevole, che parecchie volte non accade.
Siamo quindi di fronte a un cambiamento radicale rispetto, per fare un esempio alla formula di Sherlock Holmes, che prevede solitamente la risoluzione e il ripristino dell’ordine, con l’innocente rivelato come tale e come tale premiato e il “cattivo” punito.
Il noir propone un universo più caotico e amorale, nel quale non è detto che si raggiunga qualche tipo di verità e, anche quando la si ottiene, non è detto che essa porti alla giustizia. Nel noir il finale, più che a risolvere il caso e mettere il criminale in cella, serve a esporre ancora più a fondo le falle e le crepe nel sistema, le ingiustizie ricorrenti, il torbido e l’oscuro sia della società che, in genere, della natura umana.
Il noir, infine, è genere letterario che vive più di altri in stretta simbiosi e interscambio con il cinema, che si nutre sì degli spunti contenuti nei romanzi, ma una volta tanto “restituisce” quel che ha preso, in termini di immaginario, contribuendo a una fusione delle due visioni, quella su carta e quella su schermo.
In più molti scrittori noir hanno anche una carriera come sceneggiatore, e non solo di film tratti dai propri romanzi, ma anche di lavori originali o trasposizioni da titoli di colleghi.
I migliori libri noir
Se cercare di definire il noir non è impresa delle più facili, selezionare i migliori romanzi noir lungo un arco di tempo che comincia ormai a diventare parecchio ampio è compito ancora più complesso.
Ogni tentativo del genere sarà destinato a scontentare qualcuno che non vedrà compreso nell’elenco il suo romanzo preferito o, al contrario, ne incontrerà alcuni che non gli sembrano così meritevoli.
Vedetela come una occasione per integrare questa lista invece che limitarvi a criticarla. Sia i commenti in calce a questo post che la nostra pagina Facebook, quando ricorderemo di tanto in tanto questa nostra guida, offrono ampio spazio per segnalare i romanzi noir a voi più cari, facendoli magari scoprire anche ad altri lettori.
Così come quando ho cercato di definire il noir, anche nello sceglierne i titoli più rappresentativi mi sono basato sul parere di esperti, addetti ai lavori e su altre classifiche precedentemente stilate, cercando di calcolare delle medie, così da impedire che i miei gusti personali deformassero troppo questa classifica.
Poche le regole, se non una certa esitazione nei confronti dei titoli più recenti, degli epigoni, e di sotto-generi quali il noir mediterraneo, comunque rappresentato. Ho compreso anche l’hardboiled, che in molti vedono come sostanzialmente un noir a maggiore tasso d’azione, e alcuni dei titoli inclusi potrebbero benissimo appartenere anche alla lista dei migliori thriller psicologici, e due o tre li ho appunto già citati in quella occasione.
Mi sono anche imposto un massimo di due titoli per autore, anche se alcuni di questi scrittori, che hanno fatto letteralmente la storia del noir, meriterebbero di essere presenti con molti più titoli. Troverete, ve lo anticipo, parecchi scrittori presenti con due titoli a testa. Mi rendo conto che facendo così si toglie spazio ad altri autori, ma mi è stato impossibile in molti casi ridurre la scelta a un singolo romanzo.
In due casi al posto di un singolo romanzo ho elencato una trilogia e una quadrilogia, ma sono sicuro che quando le incontrerete vi troverete d’accordo con la scelta.
L’elenco è stilato seguendo l’ordine cronologico della prima pubblicazione in lingua originale dell’opera.
1930: Il falcone maltese di Dashiell Hammett
Con soli cinque romanzi e una manciata di racconti Dashiell Hammett, capostipite della scuola dei duri, è riuscito a definire e immortalare l’archetipo del detective privato, impresa ancora più incredibile se si pensa che il suo personaggio più riuscito, Sam Spade, è protagonista di solo uno dei cinque romanzi, Il falcone maltese.
Si tratta di un romanzo la cui portata e influenza è quasi impossibile da calcolare le la cui fortuna è legata anche alla trasposizione cinematografica realizzata da John Houston nel 1941, che affiderà i panni di Spade a un Humphrey Bogart in stato di grazia.
Lo stesso Bogart diventa figura di primaria importanza nelle fortune dell’hardboiled e del noir, visto che in seguito vestirà anche i panni di Philip Marlowe, finendo con l’operare una sorta di fusione fra i due.
E sono tanti i punti di contatto fra Hammett e Chandler, oltre a Bogart c’è infatti la mai troppo incensata rivista Black Mask, che ha ospitato molti racconti e romanzi (a puntate) del genere noir, è anche l’alcol è stato purtroppo presente nelle vite di entrambi gli scrittori.
Il falcone maltese è puntualmente presente in ogni lista dei migliori gialli di sempre e contiene tutti gli ingredienti base dell’hardboiled: le femme fatale, abbondanti dosi di cazzotti rapporti non proprio idilliaci con la polizia, cadaveri su cadaveri, intrighi su intrighi e, in questo caso, anche una misteriosa quanto preziosa statua di falco.
Lettura imprescindibile.
- Hammett, Dashiell (Autore)
1934: Il postino suona sempre due volte di James M. Cain
Uno degli elementi che accomuna parecchi autori di noir, oltre all’alcolismo, è il fatto che molti loro romanzi hanno trovato con facilità e successo la via di Hollywood, verso trasposizioni cinematografiche che non solo hanno contribuito a un ritorno di successo per il singolo romanzo, ma hanno anche dato vita a una generale fusione dell’immaginario noir cartaceo con quello di celluloide.
The Postman Always Rings Twice è il primo romanzo di James M. Cain e appartiene al periodo migliore di una carriera molto lunga (continuerà a scrivere fino alla morte) che non sempre sarà all’altezza dei formidabili esordi.
James M. Cain è generalmente considerato uno dei padri fondatori del noir/hard boiled, anche se lui non amò mai particolarmente queste definizioni, e ne Il postino suona sempre due volte mette in scena un nucleo narrativo tanto semplice quanto possente, incontrato tantissime volte e sempre efficace.
Lei è una donna dalla sensualità straripante, sposata con un marito repellente. Gestisce una taverna, incontra un bell’avventuriero, i due si innamorano e progettano l’omicidio del marito.
Non mi dilungo più di tanto per non spoilerare, ma come potrete immaginare, non è molto facile ammazzare una persona e poi provare a vivere felici e contenti, si crea una frattura e un fantasma che accompagnerà per sempre la coppia.
Comunque meno disperato, nichilista e rassegnato rispetto ad altri noir, Il postino suona sempre due volte sarà adattato molte volte per il grande schermo, sia direttamente che come fonte d’ispirazione, rimane a mio modo di vedere inarrivabile la torrida versione di Bob Rafelson del 1981, con l’alchemica coppia Jack Nicholson e Jessica Lange.
1934: L’uomo ombra di Dashiell Hammett
Potevo scegliere qualsiasi altro titolo di Hammett per completare la coppia di titoli del Maestro statunitense, ma L’uomo ombra soddisfa in qualche modo un certo senso di “chiusura”, visto che è l’ultima opera pubblicata dallo scrittore, che in seguito si dedicherà più che altro all’attivismo politico, pagando un duro prezzo per questa sua scelta.
The Thin Man, questo il titolo originale, pur avendo vari elementi caratteristici del noir (una famiglia ricca e molto particolare, toni foschi e intensi, per quanto alleggeriti dall’alchimia della coppia, l’addentrarsi sia nel mondo dei tutori dell’ordine che in quello dei criminali) ha la particolarità di mettere al centro non un singolo detective, bensì una coppia molto efficace e riuscita.
Nick e Nora indagano, si scambiano battute e bevono, bevono molto entrambi ed è come se alcuni dei tratti più tipici del private eye da hard boiled si sdoppiassero, pervenendo comunque all’abituale risultato.
- Hammett, Dashiell (Autore)
1935: Non si uccidono così anche i cavalli? di Horace McCoy
Credo che questo titolo possa rappresentare, per molti lettori di Thriller Café, l’inclusione più azzardata e problematica all’interno di questa lista.
Horace McCoy, come altri scrittori di quegli anni, deve molto alla rivista pulp Black Mask per avergli pubblicato alcuni racconti nei momenti più difficili, e nel 1935 arriva al suo primo romanzo, per l’appunto They Shoot Horses, Don’t They?
Probabilmente per alcuni versi sarebbe più comprensibile includere Un bacio e un addio (Kiss Tomorrow Goodbye, del 1948), che rientra meglio entro i canoni del noir, ma Non si uccidono così anche i cavalli? è narrazione ben più potente e impressionante.
Da alcuni considerato come una delle poche risposte statunitensi a certe opere esistenzialiste europee, il romanzo è ancora più noto nella sua trasposizione cinematografica realizzata da Sidney Pollack nel 1969 e per il sottoscritto è il noir più su generis contenuto in questo elenco.
Sono presenti molti dei tratti di questo genere, dal grande interesse che gli autori solitamente mostrano per le figure dei perdenti fino alla condanna, forzando un po’ la lettura, di un uomo “innocente”, passando per un’atmosfera che spesso si distacca dal realismo per sconfinare nel sogno, o meglio, nell’incubo e nell’allucinazione. Su tutto regna un profondo senso di impossibilità a vivere e di assurdità della vita stessa, una vita che troppo spesso assomiglia alla maratona di ballo durante la quale si svolge gran parte dell’azione.
1939: Il grande sonno di Raymond Chandler
Sono ormai almeno sei anni che Raymond Chandler è stato licenziato a causa dei suoi problemi con l’alcol e, risollevatosi in seguito a una grave crisi esistenziale, comincia a scrivere racconti per riviste quali Black Mask. Il suo punto di riferimento letterario è Dashiell Hammett e nel 1939 è finalmente pronto per il primo dei suoi otto romanzi (dei quali uno è incompiuto), tutti aventi come protagonista il detective Philip Marlowe, uno dei personaggi più noti non solo del noir ma della letteratura tutta e portato alla gloria anche su grande schermo.
Marlowe indaga a Los Angeles durante gli Anni Trenta e Il grande sonno, pur essendo l’esordio di Chandler sulla lunga distanza, è considerato da molti esperti uno dei migliori romanzi della storia del giallo e il più formidabile esempio di hardboiled.
Il caso parte da un ricatto nei confronti di un ricco e vecchio generale, che ha due figlie e alcuni pozzi di petrolio ormai prosciugati, ma ben presto i cadaveri si accumulano e al mix si aggiungono anche pornografia e droga.
Due le trasposizioni cinematografiche (Il grande sonno di Howard Hawks del 1946 e Marlowe indaga di Michael Winner nel 1978) e innumerevoli edizioni italiane con varie traduzioni, fra le quali quella di Oreste Del Buono.
- Chandler, Raymond (Autore)
1940: La sposa era in nero di Cornell Woolrich
Compilando questo elenco di opere e scrittori del noir ci si accorge che, in media, le vite di questi autori sono state più problematiche rispetto a molte dei loro colleghi che si sono occupati di gialli tradizionali o, più avanti, di polizieschi e thriller.
E c’è un dio tirannico che spesso domina in modo ingombrante queste esistenze: l’alcolismo. Anche Cornell Woolrich non è eccezione: genitori divorziati e provenienti da realtà molto diverse (il padre è un messicano/canadese, la madre ha discendenze ebree/russe), l’iniziale successo che lo porta a Hollywood, dove però combina ben poco se non un fallimentare matrimonio con la figlia di un produttore.
A risolvere l’impasse ci pensa la sua amata madre, che lo richiama a New York: I due vivranno insieme fino alla morte di lei, che segnerà per Woolrich la caduta in un alcolismo che lo porterà, indirettamente, a una morte triste e solitaria.
Ma il ritorno a New York segna anche il punto più alto della sua produzione: fra il 1940 e il 1948 firmerà i suoi lavori migliori, che spesso troveranno la via del cinema. Come appunto capiterà a La sposa era in nero (se ne occuperà François Truffaut nel 1968): grande gestione di tensione e suspense, una donna enigmatica e proteiforme che semina omicidi ovunque si rechi e una risoluzione sorprendente e molto ben congegnata che lascerà soddisfatto il lettore.
- Cornell Woolrich (Autore)
1943: La morte paga doppio di James M. Cain
Meglio conosciuto come La fiamma del peccato, Double Indemnity è il romanzo di James M. Cain che ha seguito la traiettoria più particolare e curiosa all’interno della sua bibliografia, con varie storie, più o meno vere, che costellano la sua esistenza.
Apparso a puntate nel 1936 in una rivista e quindi come romanzo nel 1943, La morte paga doppio gira più o meno intorno allo stesso concetto centrale de Il postino suona sempre due volte: c’è la femme fatale che vuole liberarsi di suo marito, un agente d’assicurazioni che diventa suo complice e il peso dell’omicidio che impedirà ai due di poter costruirsi una vita insieme.
Ma dietro questa similarità strutturale si nasconde però un esito ben diverso e, di conseguenza, una visione filosofica differente, nella quale la possibilità di una qualche redenzione scompare dall’orizzonte.
Il romanzo, come altri titoli di Cain, diventerà nel 1944 un film molto importante nella storia del noir grazie al contributo di due pezzi da novanta come Raymond Chandler in fase di sceneggiatura un Billy Wilder al top della forma alla regia.
1946: La giungla umana di David Goodis
Così come per Derek Raymond, che ci attende un po’ più avanti, anche sulla vita di David Goodis ci sarebbe da scrivere un romanzo. Ma non sarebbe opera facile da portare a termine, perché Goodis è stato a modo suo molto privato e attento e non è facile capire cosa gli è successo nei suoi cinquant’anni di vita.
Alcuni lo pensano alcolizzato, altri astemio e persino il suo matrimonio è rimasto a lungo nel mistero.
Quel che non è nel mistero è la sua bravura, in qualsiasi momento della sua vita, dai picchi autoriali degli esordi alla fase hollywoodiana fino alla “caduta” e ritorno nel genere, caduta che è però un trionfo, se andiamo a guardare le copie vendute.
Dark Passage (La giungla umana) è il suo secondo romanzo, e arriva parecchi anni dopo l’esordio del 1939, Retreat from Oblivion. Ha al centro della trama una situazione archetipale per il noir: l’uomo innocente ingiustamente condannato per un crimine che non ha commesso.
Da questa base si sviluppa una intricata ma coesa vicenda che vede il protagonista evadere dalla prigione, cambiare volto grazie alla chirurgia plastica e indagare su quel che gli è accaduto, con la dovuta quota di donne, più o meno dark lady che esse siano. Difficile valutare l’importanza di questo romanzo senza pensare anche al film del 1947 di Delmer Daves che riunisce sullo schermo per la terza volta Humphrey Bogart e Lauren Bacall, già visti ne Il mistero del falco e Il grande sonno, andando a comporre una sorta di trilogia noir di inestimabile valore.
1947: Ti ucciderò di Mickey Spillane
Pur non amando alla follia lo stile e le opere di Mickey Spillane, nessun elenco di questo tipo sarebbe completo senza almeno un suo romanzo, e la scelta cade su Ti ucciderò (I, the Jury), vuoi per la qualità intrinseca dell’opera voi per il suo valore simbolico, visto che è il titolo che tiene a battesimo il notissimo personaggio di Mike Hammer.
Hammer è uno dei private eye più duri ed “esagerati” fra tutti quelli creati e già a partire dall’esordio della sua serie supera ogni limite, assetato come è di vendetta.
Il migliore amico di Hammer è morto e per il detective privato inizia una gara contro il tempo e contro la polizia per riuscire a mettere le mani sull’assassino e ucciderlo, evitando ogni trafila burocratica.
Ma mentre è occupato in questa missione, Hammer vedrà accumularsi corpi su corpi, in un crescendo che lo porterà letteralmente sempre più vicino all’assassino.
- Spillane, Mickey. (Autore)
1949: Bersaglio mobile di John Macdonald
John Macdonald, Ross Macdonald, John Ross Macdonald: chiamatelo come vi pare, tanto il suo vero nome è Kenneth Millar e per larga parte della critica specializzata è il terzo indimenticabile “padrino” dell’hard boiled, insieme ovviamente a Dashiell Hammett e Raymond Chandler.
Nel 1949 crea e fa esordire in Bersaglio mobile (The Moving Target) il personaggio di Lew Archer, definito da Oreste Del Buono “il terzo ed ultimo grande investigatore privato della storia del poliziesco”.
Se nel noir l’indagine sul crimine è spesso travestimento e pretesto per indagare la società e la realtà, allora forse dei tre investigatori Lew Archer è il più importante.
Pur conservando una visione cinica della realtà, è anche più romantico e per certi versi “debole”, ma più che altro e quello con lo sguardo più attento nei confronti degli ultimi.
La trama è quanto di più classico ci si possa aspettare da un hard boiled: la moglie invalida di un eccentrico magnate del petrolio assume Lew Archer per indagare sulla scomparsa del marito e l’investigatore si avvicinerà lentamente alla verità, mentre incontra persone di ogni tipo in vari ambienti di Los Angeles.
Quel che rende diverso il tutto è appunto il protagonista, che sforna pensieri come questo: “Sono un detective. Una specie di sociologo dei poveri… Guardate tutta questa valle ai nostri piedi: si può credere che sia una specie di terra promessa. Può darsi che lo sia per qualcuno. Ma per ogni ranch con aria condizionata, piscina e pista di atterraggio privata, ci sono decine di bicocche di lamiera e di roulotte scassate in cui vivono orde perdute di lavoratori immigrati.”
Non so se Archer sia il più grande dei tre investigatori: di sicuro è quello che è invecchiato meglio e che resta ancora oggi attualissimo, anzi, forse ancora più attuale di quando è nato.
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1950 : Sconosciuti in treno di Patricia Highsmith
Patricia Highsmith è a suo completo agio sia con il thriller psicologico che con il noir e più volte alcune sue opere appartengono a entrambe le classificazioni. Sconosciuti in treno (Strangers on a Train) è il suo primo romanzo ma mostra già grande stile e completo controllo della materia, al punto che Alfred Hitchcock lo utilizzerà come soggetto per il suo L’altro uomo.
La trama, molto nota, parte da un convincimento dell’autrice, ovvero che chiunque, nelle giuste circostanze, è in grado di uccidere una persona. Due sconosciuti si incontrano in treno ma mentre Guy è un architetto di successo che sta per affrontare un brutto divorzio, Bruno è ben più sadico e manipolatore, e convincerà l’altro a “scambiarsi” le vittime (la moglie e il padre) così da avere degli alibi inattaccabili.
Ma se può anche essere vero che chiunque è in grado di uccidere, è altrettanto vero che non sono molti quelli che poi riescono a convivere con quel che hanno compiuto e ne ammazza più la colpa che la pistola.
- Patricia Highsmith (Autore)
1952: L’assassino che è in me di Jim Thompson
Jim Thompson è uno dei tanti autori che dovrebbero essere presenti in questa lista con molti titoli e, scegliendo solo L’assassino che è in me, ho in qualche modo l’aggravante di aver già incluso questo titolo nell’elenco riguardante i migliori thriller psicologici e il fatto che in precedenza Thriller Café ha offerto ai suoi lettori anche l’incipit di questo romanzo.
Per variare avrei potuto scegliere fra molti altri titoli dello scrittore statunitense, quasi tutti impregnati da una visione dell’umanità sconsolata e pessimista, quasi tutti pronti a sfidare il lettore a trovare un protagonista o anche solo un personaggio realmente “buono” o “innocente”, ma L’assassino che è in me continua a spiccare nella sua produzione: preparatevi a conoscere da molto vicino la mente di un criminale sadico e spietato, in un viaggio senza ritorno nella follia e nel nichilsmo, condito da un izzico di umorismo che ci fa quasi sentire a disagio.
1953: Il lungo addio di Raymond Chandler
Tutti e sette i romanzi completati da Chandler meriterebbero di essere inclusi in questa lista, ma essendomi imposto le regola di un massimo di due scelgo di aggiungere a Il grande sonno anche Il lungo addio.
La scelta è dettata dalla struttura complessa ma sempre godibile della trama, dallo stile maturo raggiunto dall’autore e da quello che molto probabilmente è il miglior Marlowe tratteggiato da Chandler. Il detective rivela quel che spesso si nasconde sotto il cinismo e il disincanto di molti uomini, ovvero idealismo e romanticismo, e affoga in una serie di suicidi/omicidi, dark lady mangiauomini e, su tutto, in un mare d’alcol.
Da questo punto di vista Il lungo addio è anche il romanzo più personale di Chandler, che è stato alcolista per molti anni e in diversi periodi della sua vita, e i ben tre personaggi dediti al bere rappresentano alla perfezione i vari tipi che incontriamo nella vita di tutti i giorni che hanno questo grave problema.
Anche Il lungo addio è arrivato nelle sale cinematografiche, questa volta per mano di Robert Altman nel 1973 e il risultato non ha soddisfatto né messo d’accordo tutti i cultori Chandler e Marlowe ma, pur con le grandi licenze che si è permesso l’altrettanto grande regista, per il sottoscritto è un film di grande interesse che non ha perso quasi nulla del suo fascino con il passare degli anni.
- Chandler, Raymond (Autore)
1955: Il talento di Mr Ripley di Patricia Highsmith
Una delle caratteristiche principali del noir è quella di poter avere un protagonista negativo e di riuscire comunque a farci preoccupare del suo destino e spingerci a seguire ogni suo gesto con coinvolgimento, e pochi altri romanzi riescono in questo gioco di prestigio come ci riesce Il talento di Mr Ripley.
Anche in questo caso siamo di fronte a una trama da un lato troppo nota e dall’altro lato a forte rischio di spoiler per chi non ha ancora letto questo magnifico romanzo, quindi non voglio anticipare nulla in ogni caso.
Ma se nel precedentemente discusso Sconosciuti in treno l’autrice ci aveva messi di fronte all’insopportabile peso della colpa, qui illustra chiaramente che chi è invece più avvezzo e adatto al crimine ha un prezzo molto diverso da pagare, rispetto al senso di colpa: la costante paranoia.
- Highsmith, Patricia (Autore)
1956: Non sparate sul pianista di David Goodis
Shoot the Piano Player ha avuto il singolare destino di essere pubblicato in Italia con due titoli diversi. “E cosa c’è mai di singolare, accade a molti”, direte voi. Ma non accade a molti di avere due titoli che significano uno l’opposto dell’altro.
Shoot the Piano Player, conosciuto anche come Down There, è arrivato nelle nostre librerie sia come Non sparate sul pianista (1959) che come Sparate sul pianista (1989).
Protagonista è Eddie, pianista in un locale notturno malfamato, uomo dal passato problematico che ha deciso di isolarsi e distanziarsi dalla vita per quanto possibile, suonando con un sorriso in mezzo a gangster e malavitosi assortiti.
Ma Eddie dovrebbe ben sapere che più qualcuno prova a chiudere il mondo fuori dalla porta, più il mondo busserà e finirà per spalancarla, quella porta. In questo caso si tratta di suo fratello che, in fuga da una banda di criminali, lo costringe a tornare alle emozioni e al coinvolgimento, con tutto quel che può significare, fra pericoli di ogni tipo, anche amorosi.
Shoot the Piano Player è una riflessione su lealtà e fedeltà: a chi le dobbiamo e cosa succede quando si “scontrano” diversi tipi di lealtà.
- Goodis, David (Autore)
1962: Anonima carogne di Richard Stark
Come già detto e ripetuto, il noir si distingue anche per avere alle volte un protagonista negative, e pochi antieroi possono rivaleggiare con Parker, il protagonista di The Hunter (Anonima carogne), scritto da Donald E. Westlake sotto pseudonimo.
Parker è un ladro in grado di organizzare e portare a termine colpi eccezionali e il suo stile di vita è sostanzialmente molto semplice: attuare una rapina geniale, godersi la bella vita con la moglie, quando i soldi stanno per finire tornare a progettare un nuovo colpo.
La routine si interrompe quando un gruppo gli chiede di collaborare a una grande operazione collettiva e Parker accetta, pur non essendo a suo completo agio nel lavorare con queste altre persone.
E fino a questo momento c’è poco noir in Anonima carogne. Ma quando i peggiori timori di Parker si rivelano fondati e, pur avendo portato a buon termine il colpo, perde sia i soldi che la moglie, ecco che entriamo più seriamente nei territori del genere nominato e assistiamo alla rinascita del protagonista e alla sua indagine per riuscire ad arrivare al confronto con il colpevole.
Pensato come romanzo unico, Anonima carogne avrà grande successo proprio per via del protagonista, al punto che Stark/Westlake continuerà la serie portandola a una quota finale di 24 titoli in quasi mezzo secolo di “onorata” carriera.
1970: Gli amici di Eddie Coyle di George V. Higgins
Considerato il suo passato prima da giornalista di cronaca nera e poi da procuratore distrettuale, era lecito aspettarsi qualche buon romanzo quando George V. Higgins decise di dedicarsi alla narrativa, ma nulla lasciava presagire lo splendore de Gli amici di Eddie Coyle, il suo esordio del 1970.
Il protagonista, come abbiamo visto spesso accadere nel noir, è un criminale di poco conto, Eddie Coyle, specializzato nel fornire armi ai gangster mafiosi di Boston.
Arrestato per contrabbando di alcolici, dovrà decidere se andare a finire in prigione oppure evitare la pena diventando un informatore della polizia.
Regnano anche in questo caso alcuni elementi cardine di questo genere, da un forte senso di disillusione nei confronti della vita e dell’umanità che in questo caso è rappresentata da un microverso di criminali, faccendieri, delatori e sbirri che, in effetti, non offrono il meglio di se stessi.
Ma su tutto prevalgono i dialoghi, fra i migliori mai scritti in questo genere, destinati ad avere un impatto enorme sulla scena e in grado di impressionare autori del livello di Elmore Leonard o addirittura Norman Mailer, che considerano Gli amici di Eddie Coyle uno dei romanzi crime più importanti di sempre.
- Higgins, George V. (Autore)
1984: E morì a occhi aperti – Derek Raymond
Tecnicamente un procedural, E morì a occhi aperti entra con grande merito in questa particolare classifica e anzi, è uno dei romanzi che consiglio più caldamente all’interno di una lista comunque tutta composta da titoli indimenticabili.
E un romanzo a parte lo si dovrebbe dedicare a Derek Raymond o meglio, Robert William Arthur Cook. Rampollo di una ricchissima famiglia, detesta il suo ambiente di nascita, si darà a vari lavori, alcuni dei quali chiaramente criminali, frequenterà letteralmente persone di ogni tipo e classe e troverà infine la sua via espressiva nella scrittura, sfornando alcuni romanzi importanti, che hanno contribuito alla sua fama di “padre del British Noir”.
E morì a occhi aperti è il primo della cosiddetta “serie Factory”. Il protagonista è un anonimo (nel senso che non ne conosceremo mai il nome) sergente della A14: Sezione Delitti Irrisolti, che si occupa di solito di omicidi “di poco conto”, che non interessano nessuno.
Ma questo Sergente, privo di ambizioni e volontà di far carriera, è però motivato da un fortissimo interesse e curiosità nei confronti dei poveri, dei calpestati, dei vinti e degli sconfitti, come sembra esserlo la vittima del romanzo, Charles Staniland, un cinquantenne sulla via dell’alcolismo, morto in modo molto violento e che, come da titolo, sembra aver assistito alla sua stessa morte con rassegnazione, così come ha vissuto la sua vita.
Se a inizio post ho parlato di noir come indagine della società e dell’uomo, non ci può essere esempio migliore di Charles Staniland con il suo E morì a occhi aperti, che assurge a livello di indagine esistenziale che, come potete immaginare, non sarà facile da digerire.
1987-1992: Quadrilogia di Los Angeles – James Ellroy
Come quella di Derek Raymond, anche la vita di James Ellroy meriterebbe un capitolo a parte, anzi, un romanzo, un volume che in effetti esiste ed è stato scritto da Ellroy, I miei luoghi oscuri. E avendo fissato la regola del “massimo due volumi per autore” ecco che ci troviamo a infrangerla sia nel caso di questo scrittore californiano che, poco più avanti, per quel che riguarda un certo autore francese.
Dalia Nera, Il grande nulla, L.A. Confidential e White Jazz: questi i quattro titoli che vanno a formare la tetralogia di Los Angeles che consacra definitivamente James Ellroy. E anche se, senza alcun dubbio, Ellroy migliora praticamente sotto ogni punto di vista nelle opere seguenti, ovvero la postmoderna trilogia “Underworld”, continuo a preferirlo nella quadrilogia di Los Angeles, che ha sì mire meno elevate ma che riesce con enorme efficacia a incarnare alcuni degli elementi principali del noir.
C’è, protagonista, la città di Los Angeles, che possiamo vedere quasi come un’area estesa che arriva fino al Messico, e c’è una marea di personaggi, alcuni realmente esistiti che, colpo dopo colpo, crimine dopo crimine, indagine dopo indagine, ci restituiscono una fotografia dell’uomo e della società che in pochi altri noir troverete così tenebrosa e priva di speranza.
In Ellroy, a differenza di molti altri autori presenti in questa lista, per quanto pessimisti essi siano, è completamente assente anche il piacere, oltre alla speranza.
Ci sono alcuni momenti nei quali fissazioni, ossessioni, coazioni a ripetere ed esercizio del potere possono somigliare al piacere o ricordarlo vagamente, ma la lezione di fondo di questi quattro romanzi è una sola: il marcio è in grado di divorare tutto e tutti e non guarda in faccia a ideali e valori, ha la sola propagazione della putrescenza come scopo.
E se nei libri posteriori questo concetto diventa più raffinato e abbraccia la Storia, qui è più diretto, rapido, feroce e colpisce con maggiore intensità. Nel caso non lo abbiate già fatto con vari altri titoli elencati qui sopra, ora più che mai è opportuno che voi abbandoniate ogni speranza prima d’entrare.
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1990: Il diavolo in blu di Walter Mosley
Nel 1990 Walter Mosley esordisce con Devil in a Blue Dress, un romanzo che, pur non stravolgendo o apportando grandi novità al genere noir, ne utilizza al meglio molti elementi, ammodernandoli.
La vicenda è quella di Easy Rawlins, un nero veterano di guerra che nel 1948 si ritrova senza lavoro a Los Angeles e accetta un incarico particolare da un avvocato, che gli chiede di scovare una donna bianca, Daphne Monet, che ama frequentare i locali jazz.
Come potete immaginare ben presto il quadro si complicherà con cadaveri, polizia e malavita e Easy Rawlins faticherà non poco non solo a risolvere il caso ma anche a salvare la sua stessa vita.
Protagonista anomalo, donne splendide, contrasti con entrambi i lati della legge e una Los Angeles protagonista come lo è stata in tantissimi altri noir. Su tutto si innesta una analisi sociologica un po’ diversa dal solito, nella quale spunta anche la questione razziale.
Il diavolo in blu in seguito è diventato anche un buon film, diretto nel 1995 da Carl Franklin, che ci aveva già regalato un ottimo crime movie con Qualcuno sta per morire nel 1992.
A rendere ancora più interessante la trasposizione cinematografica de Il diavolo in blu ci sono la fotografia del sempre grande Tak Fujimoto, con Denzel Washington nei panni di Easy Rawlins.
- Mosley, Walter (Autore)
1993-1998: Trilogia marsigliese – Jean-Claude Izzo
Di imbarazzo in imbarazzo nel ritrovarci a cercare di riassumere in poche righe queste opere e autori così giganteschi, arriviamo anche al noir mediterraneo di Jean-Claude Izzo, ovvero la trilogia marsigliese avente come protagonista Fabio Montale.
Casino totale, Chourmo e Solea resteranno per sempre impressi nella memoria e nel dna del noir, vuoi per il protagonista, che comincia il trittico da poliziotto per finire come uomo “libero”, vuoi per l’altra protagonista, la città di Marsiglia.
Lirico e in possesso di uno stile tanto pulito quanto evocativo, Izzo, come altri autori in questo elenco, non è uno di quei professionisti in grado di sfornare uno o due libri all’anno e rimanere sempre più o meno neutri e indifferenti.
Izzo è schierato, schierato dalla parte degli ultimi, contro i conformismi e contro, appunto, l’indifferenza, e questo significa che an che Montale lo è. E che nel corso delle sue “indagini” lo aspetteranno delusioni e fallimenti, errori e ripensamenti, il tutto con un senso di tragedia che permea gran parte dell’opera e che in un certo senso impedisce al lettore di rilassarsi e godersi i raggi di sole e i momenti di speranza che ogni tanto compaiono in qualche pagina sparsa.
Su tutto, un amore sconfinato per Marsiglia che porta Fabio a non tapparsi mai gli occhi di fronte ai “difetti” della sua città, che purtroppo sono tanti, come accade a ogni città. E un amore per il vino e il cibo, che non agisce da orpello narrativo e da caratterizzazione approssimativa, giusto per dare del colore locale, ma è veicolo potente di cultura, condivisione, appartenenza e identità.
Se per Ellroy vi ho consigliato di abbandonare ogni speranza prima di entrare, Izzo saprà restituirvene un po’, ma il prezzo sarà una malinconia struggente, e un perdurante retrogusto di Pastis.
- Izzo Jean Claude (Autore)
2005: Non è un paese per vecchi di Cormac McCarthy
No Country for Old Men eleva il noir a capolavoro letterario insistendo proprio su alcuni punti di forza di questo genere e finendo con il compiere quello che spesso il noir cerca di fare, ovvero una macro-indagine e riflessione sulla società e sull’umanità, travestita da micro-indagine sul caso particolare.
E Cormac McCarthy utilizza alcune delle figure tipiche del noir, dal tizio medio, normale e “innocente” che si ritrova improvvisamente, quasi inconsciamente, a compiere un crimine (e a subirne quindi le conseguenze), al killer completamente amorale (al punto che farà decidere il destino di una persona a un lancio di moneta), passando per quella che può essere vista come la voce di coscienza del romanzo, ovvero lo sceriffo Ed Tom Bell, ormai anziano e incapace di comprendere un presente che sembra sprofondare ogni giorno di più nella barbarie.
E di barbarie in Non è un paese per vecchi ne troverete in abbondanza, fra eroina, sparatorie e tanta violenza, che saranno in seguito portate sullo schermo, in forma più sopportabile e ironica, dai fratelli Joel ed Ethan Coen nel 2007.
Il futuro del genere noir
E il futuro? Cosa ci attende dopo noir, hard boiled, noir mediterraneo, noir scandinavo, neo-noir? Di sicuro avremo ancora tante rivisitazioni, aggiornamenti e ispirazioni, anche se è sempre più difficile “rivoluzionare” realmente qualcosa, e poi perché sforzarsi artificiosamente a farlo quando si può comunque giocare sulle variazioni di un canovaccio che funziona ancora alla grande?
Eppure i recenti cambiamenti sociali, le frizioni e contrasti ai quali assistiamo ormai quotidianamente sono un humus straordinario per questo genere. Lo hanno ben capito molti autori del Grande Nord, che non mancano di indagare anche a fondo sui loro modelli sociali, un tempo ritenuti perfetti o quasi e ora in grave crisi.
E il futuro ancora più spinto, quello che ci attende fra qualche secolo? Faccio un solo nome su tutti: Bay City di Richard K Morgan, ma non approfondisco, vuoi perché ho già chiesto davvero tanto a voi lettori in termini di tempo e concentrazione, vuoi perché con questo “future noir” sfondiamo nei territori della fantascienza, dei quali si devono occupare altri Café, diversi dal nostro anche se molto vicini e spesso frequentati dagli stessi avventori.
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