Il nuovo regno è l’ultimo romanzo di Wilbur Smith, autore scomparso da pochi giorni; il libro è edito in Italia da HarperCollins (2021).
Il volume si pone come settimo capitolo della saga dedicata all’Antico Egitto: non a caso, compaiono nella narrazione alcune figure note, come anticipa affettuosamente Smith nella prefazione. Da un punto di vista della cronologia, Il nuovo regno è ambientato dopo gli eventi verificatisi nel testo Il dio del fiume.
Il protagonista Hui, come una sorta di Mosè, è un giovane e brillante nobile; è figlio del governatore di Lahun (antica città egizia situata a poca distanza da Menfi) e si prepara ad affrontare una vita di alta politica, relazioni, agi e successo. Tuttavia c’è qualcuno pronto a portare via tutto a suo padre e, quindi, anche al ragazzo: Isetnofret, antagonista del romanzo e malvagia strega devota al culto del dio Seth.
In fuga dalle sue sicurezze e da tutto ciò che ama, Hui si unisce a un gruppo di predoni hyksos, ordinariamente nemici della città di cui il giovane è originario; paradossalmente, come in una vera e propria storia di formazione, egli impara a combattere, a sopravvivere, a conoscere e domare i cavalli. Già formato e pronto ad affrontare qualsiasi avversità, Hui si trova al centro di un altro conflitto militare, stringendo amicizia con il generale egizio Tanus, carismatico personaggio che lo prende subito sotto la sua ala protettiva.
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In quel frangente, il ragazzo conosce uno dei consiglieri politici di Tanus, ovverosia il mago Taita, elegante eunuco protagonista dell’omonima saga.
Taita guida Hui nell’apprendimento di alcuni segreti mistici: rivelazioni, profezie, e tutto ciò che non si può imparare nella pratica o sul campo di battaglia. Il finale prevede una grande ricompensa per il ragazzo, ma qui non si intende anticipare alcunché.
Si tratta di un romanzo eccellente, ottimo testamento per il celebre scrittore di origine africana: sono presenti in egual misura l’avventura, la grande tradizione storiografica, i miti e le leggende, la caratterizzazione forte dei personaggi. Non a caso, è il lettore stesso a poter ravvisare o meno la presenza della magia e del sovrannaturale nel contesto descritto: gli dèi, la predestinazione, i poteri sovrumani della strega, oltre che dello stesso Taita. Molto interessante, per inciso, la scelta di Smith di ripercorrere il celebre mito di Osiride; la sua caduta per mano del fratello Seth, ambizioso e spietato, l’ascesa del figlio Horus, il dominio di Anubi sull’aldilà. È presente in chiusura un’illuminante postfazione dello storico Tom Holland.
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Smith scompare nel novembre 2021 all’età di ottantotto anni, dopo sessant’anni di carriera da scrittore; in Italia i suoi libri sono stati editi in passato da Longanesi con prestigiose edizioni, mentre negli ultimi anni i nuovi romanzi sono pubblicati da HarperCollins con rese di pari qualità.
L’Autore ha sempre sostenuto la qualità letteraria (e quindi la dignità) del romanzo d’avventura, genere nobile e molto risalente nel tempo. Di recente si è anche dedicato alle collane per ragazzi (con la saga che vede protagonista il giovane Jack Courtney) e soprattutto al resoconto della sua vita (Leopard Rock. L’avventura della mia vita, HarperCollins, 2019); in specie da questo ultimo testo si possono desumere molte delle sue abilità e conoscenze nel campo dell’esotismo, dell’antropologia, della Storia, apprese tutte quante in prima persona, anche in virtù di una forte propensione intima.
Wilbur Smith era senz’altro dedito al vitalismo, alle grandi passioni della vita e della cultura del collettivo (cibi, vini, armi antiche e moderne, veicoli, geografia, viaggi, romanzi e saggistica storica, archetipi della narrazione e della ricerca).
Indefesso studioso, ha continuato a scrivere e ad analizzare scenari antichi o geopolitici moderni fino alla fine, rappresentando un esempio vivente di contagioso entusiasmo per tutti coloro che cercano nella lettura una rappresentazione tanto vivida quanto multimediale della realtà, a discapito di tutte le correnti pseudo-culturali dai colori tenui, simil-pastello, cui peraltro appartengono i suoi detrattori: intellettuali ritorti e affetti da complessi di inferiorità, i quali – nondimeno – non sono in grado di sfiorarlo neanche da lontano. Buon viaggio a Wilbur Smith, che si ricorda in questa sede con grande e sussistente affetto.
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