Il paese dalle porte di mattone di Giulia Morgani, edito da HarperCollins Italia è il libro che recensiamo oggi al Thriller Café.
Giacomo Marotta è un giovane ferroviere che, rientrato dal fronte a guerra finita, viene mandato a dirigere, e a ricostruire, la stazione ferroviaria del paesino di Centunoscale Scalo: paesino immaginario lontano dalla città e abitato da persone ancora ferme nel passato. Parte pieno di belle speranze, di voglia di ricominciare e di crearsi un futuro per sè e per Maria Antonietta, la giovane fornaia di cui si è innamorato in città. Si immagina un’esistenza semplice, in un piccolo paese di campagna dove la vita scorre serena e senza particolari problemi ma già dal primo giorno percepisce un astio nei suoi confronti, un’accoglienza inesistente e un’atmosfera ruvida e per certi versi spettrale, grazie alla spessa nebbia che lo avvolge dopo pochi minuti dal suo arrivo sul piazzale della stazione, mezza distrutta, del suo primo posto di lavoro.
“Non aspettiamo nessuno, non abbiamo bisogno di nessuno. Scendete alla stazione dopo e tornate indietro, prima che sia troppo tardi.”
Giacomo è ospitato da una strana coppia di fratelli, Basilio e Pantaleno, che vivono in una casa isolata in Via del Tufo, chiamata anche la casa della Medusa dagli abitanti del paese, che non si avventurano mai fin laggiù. Gli unici amici che trova sono Roberto – strano bambino dai capelli grigi prematuramente invecchiato, che gli mostra la città vecchia, per lo più distrutta e disabitata, e la città nuova passando da momenti di pura allegria e gioia infantile ad attimi di oscura perplessità, più adatti ad un vecchio che ne ha viste troppe che ad un bambino nemmeno adolescente – e Uacciccì, vecchio barbuto che si aggira nei pressi della stazione masticando radici di liquirizia.
“A parte te, sono silenziosi in questo paese, eh?” disse Giacomo. “Perché sei sicuro che qui ci viva qualcuno? Il silenzio alle volte è solo assenza.”
I giorni passano e Giacomo capisce che una grande tragedia si è abbattuta anni prima su quello strano paesino e che gli abitanti non si sono più ripresi realmente: la guerra e una strana epidemia hanno decimato la popolazione, soprattutto i bambini, lasciando solo tanta paura, rassegnazione e chissà, anche qualcosa di soprannaturale, portando gli abitanti a lasciarsi corrodere dai loro sensi di colpa e dai loro rimpianti di gioventù.
“Quando ci si concede di lasciarsi andare si inizia a scivolare lungo le pareti di un burrone. E si arriva al punto che è la terra stessa a franare e non dipende più da noi. Siamo tutti fermi su una zolla che aspettiamo arrivi in fondo, dove non c’è più aria.”
Grazie ad un innato ottimismo e ad Ermete, prete senza più fede ed unica persona disposta a raccontare a Giacomo la verità degli ultimi anni di Centunoscale Scalo, il giovane capostazione tenterà di smuovere gli animi dei suoi nuovi compaesani riuscendo a svegliarli dal loro torpore e aiutandoli a tornare alla vita di prima, o almeno a provarci, ma anche la sua anima verrà turbata dalla dura realtà e dovrà pagare un caro prezzo.
“Ma eravamo sempre infelici in quella situazione stagnante. E fare qualcosa per smuoverla, per andare, perché no, contro i nostri compaesani, i nostri parenti che ci avevano esiliati e umiliati mi accendeva, mi cacciava fuori dall’apatia.”
Giulia Morgani, al suo esordio letterario, ci regala una favola gotico-rurale con un amaro finale, scritta in modo chiaro e semplice, attingendo alle vecchie storia di famiglia tramandate dai nonni.
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