“Scrivi di ciò che sai” e “stai sul pezzo” sono i due precetti su cui poggia le sue fondamenta Il Piromane di Bruce DeSilva, un libro davvero “esplosivo” che noi di Thriller Café nella nostra recensione cercheremo di maneggiare con molta cura.
Titolo: Il Piromane
Autore: Bruce DeSilva
Editore: Giunti, collana Mystery
Titolo originale: Rogue Island
Traduttore: Mauro Boncompagni
Anno: 2012
Nove palazzi incendiati, cinque morti in tre mesi, e purtroppo per gli abitanti di Mount Hope a Providence è solo l’inizio dell’incubo. Per chi in quel quartiere è cresciuto, come il giornalista Liam Mulligan, al cordoglio si aggiunge la rabbia, propellente naturale di grande efficacia dal tempo dei tempi.
Anche se il suo caporedattore cercherà di scoraggiarlo (“La gente non vuole leggere solo notizie che parlano di crimine organizzato, corruzione politica e bambini bruciati vivi…”. “La gente muore, capo”. “E tu credi di poterlo impedire? Ti sopravvaluti.”), le Autorità cittadine lo osteggeranno (“Questi documenti riguardano le indagini, perciò sono top secret sia per i giornalisti che per i pezzi di merda, e tu sei entrambe le cose”), la Polizia lo sospetterà di essere il piromane (“I ragazzi e le ragazze di Quantico […] hanno delineato un profilo del nostro piromane. […] Corrisponde abbastanza bene al tuo), la dirigenza del quotidiano lo sospenderà dall’incarico (“Strano – dissi. – Non ho letto niente sulla posizione assunta dalla dirigenza nei confronti del giornalista“), Mulligan andrà avanti nella sua inchiesta con coraggio e riuscirà a mettere in luce una rete di connivenze tra amministratori politici e gruppi mafiosi, responsabili dei roghi. Verrà fatta giustizia? Sommaria, degna del Rogue Island, l’isola delle canaglie, e non del più civile Rhode Island, il cui motto è Hope, speranza. Anzi, sarebbe.
Il Piromane potrebbe essere definito un magistrale pezzo di giornalismo d’inchiesta lungo 349 cartelle. Uscito dalla penna di un veterano della carta stampata che vanta una carriera quarantennale, Bruce DeSilva, questo suo esordio nella narrativa ha già riscosso grandissimi consensi negli Stati Uniti, tanto che nel 2011 si è aggiudicato l’Edgar Award per la migliore opera prima.
Secondo noi di Thriller Café, la chiave del successo è la verosimiglianza con la realtà.
Con pochi ma precisi tratteggi, DeSilva disegna i molteplici attori di questo dramma, conferendo ad ognuno linguaggio e motivazioni psicologiche conformi alla propria natura, e rendendoli talmente vividi che il lettore è indotto quasi ad aspettarsi che possano bucare le pagine e stagliarsi nell’aria come ideali pop-up: ecco Mulligan che si palpa le costole rotte e doloranti, emettendo una smorfia di dolore; Rosie che toglie dalla visiera del suo casco da pompiere il ghiaccio formatosi per la differenza di temperatura tra l’inverno del Rhode Island e il torrido incendio che sta cercando di domare; Whoosh l’allibratore, intento a trascrivere le puntate degli scommettitori mentre è al telefono nel suo “ufficio”; Gloria, la fotografa del giornale, che urla terrorizzata dalla pioggia scrosciante che le ricorda la terribile notte di una violenza subita.
I temi trattati, poi, rappresentano quanto di più attuale si possa immaginare: dalla crisi della carta stampata alla corruzione presente ad ogni livello delle pubbliche amministrazioni (DeSilva definisce la bustarella “la punta di diamante del terziario nel Rhode Island”); dalla lotta alla nuova criminalità organizzata (che oramai preferisce muoversi più discretamente insinuandosi nell’economia, piuttosto che sparare a pallettoni) all’affidamento di incarichi di spicco a parenti, totalmente incapaci, di personalità politiche eminenti. Sembra anche a voi addirittura più vero che verosimile?
Un’ultima annotazione riguarda lo stile di scrittura di DeSilva, che definire giornalistico è un eufemismo, visti i periodi brevi ed incisivi, le descrizioni ridotte all’osso e i fatti descritti con grande chiarezza. Ma anche dal punto di vista tecnico questo “attempato esordiente” si rinnova e ci stupisce, introducendo un elemento particolare: un’ironia dissacrante e a tratti dolente che contribuisce a farci “stare sul pezzo” e ad assaporare ogni sensazione, inalare ogni effluvio, percepire perfino le vibrazioni di insicurezza nella voce dei balordi, come solo i grandi Maestri sanno fare.
Amaro. Vero. Bello, anzi no, bellissimo.
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