Il porto degli uccelli - Katrine Engberg

Katrine Engberg è nata nel 1975 e vive a Copenaghen. Ex ballerina e coreografa con un passato in televisione e teatro, ha esordito nella narrativa thriller con Il guardiano dei coccodrilli (Marsilio 2020), primo capitolo della serie con i poliziotti danesi Jeppe Kørner ed Anette Werner. La serie, ad oggi pubblicata in venticinque paesi, ha reso la Engberg una promessa del thriller nordico e la vede oggi tra gli scrittori danesi più letti e amati nel mondo. A Il guardiano dei coccodrilli sono seguiti Ali di vetro (Marsilio 2021) e Il porto degli uccelli, pubblicato in Italia lo scorso 12 luglio sempre da Marsilio con traduzione di Eva Valvo. Ne parliamo oggi al bancone del Thriller Café, magari davanti ad uno Schnapps.

Un ragazzino di quindici anni, Oscar Dreyer-Hoff, scompare nel nulla un anonimo venerdì sera di aprile. Una strana lettera è l’unica traccia di sé che ha lasciato ai genitori, ma il testo è oltremodo enigmatico: “Si guardò attorno, e vide il coltello che aveva colpito Basil Hallward. Lo aveva pulito molte volte, e non c’erano macchie. Era lucido, e scintillava. Come aveva ucciso il pittore, così voleva uccidere anche l’opera del pittore e tutto quel che racchiudeva. Così avrebbe ucciso il passato, e una volta morto il passato, sarebbe stato libero”. La sua è una famiglia molto in vista, a capo di un’importante azienda legata al mondo dell’antiquariato e delle aste online, perciò l’indagine viene affidata ad una squadra di poliziotti collaudata ed efficiente, quella di Geppe Kørner ed Anette Werner. Sin da subito i due investigatori notano delle stranezze nella famiglia Dreyer-Hoff, sia fra i coniugi sia nel modo di educare i figli, in più avvertono una certa reticenza a collaborare con la polizia, a rivelare di sé più del poco che ritengono dovuto. Una strana morte, tuttavia, cattura la loro attenzione: il cadavere di un giovane uomo viene ritrovato nell’inceneritore dei rifiuti. E, vista l’identità della vittima, appare subito chiaro che è legata alla scomparsa di Oscar. Ma in che modo? Quante altre sorprese dovrà riservare questo caso a Jeppe ed Anette?

Questo terzo thriller di Katrine Engberg risulta convincente, sicuramente più del precedente – Ali di vetro – e ci permette non solo di progredire nella conoscenza dei due protagonisti, ma anche di familiarizzare ed entrare maggiormente in confidenza con gli altri membri della squadra, nonché con le altre presenze fisse della serie. Qui sia Jeppe che Anette appaiono tormentati, sebbene si percepiscano le differenze di atteggiamento, più attendista ed esitante lui, più energica ed inquieta lei; entrambi danno più peso alle loro vicende private che al lavoro in coppia che pure funziona bene, giacché i due sono rodati e pienamente in sintonia. Quanto alle vicende specifiche del romanzo, sebbene non del tutto originali, dimostrano una volta di più la bravura dell’autrice nel destreggiarsi fra diversi punti di vista e piani narrativi, nonché un maggiore approfondimento nella caratterizzazione dei personaggi. Il pregio più grande, a mio parere, di questa serie è l’abilità della Engberg di affrontare temi scottanti, difficili, di grande attualità con una scrittura fresca ed un tocco lieve che potrebbe apparire superficiale, ma, a conti fatti ed a lettura conclusa, non lo è. I suoi non saranno certamente capolavori, non rimarranno negli annali della letteratura di genere, ma sono thriller godibili, che dimostrano un amore per Copenaghen, la città in cui sono ambientati, nonché un’attenzione per le problematiche sociali e sono in grado anche di raccontare l’attualità in modo onorevole.

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Articolo protocollato da Rossella Lazzari

Lettrice compulsiva e pressoché onnivora, una laurea in un cassetto, il sogno di lavorare nell'editoria e magari, un giorno, di pubblicare. Amo la musica, le serate tra amici, mangiare e bere bene, cantare, le lingue straniere, i film impegnati e cervellotici, il confronto, la condivisione e tutto ciò che è comunicazione.

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