Torniamo nell’Italia del Seicento con Marcello Simoni, che pubblica per Einaudi il quarto romanzo che ha per protagonista Girolamo Svampa, frate domenicano, inquisitore del Sant’Uffizio e detective ante litteram. Il libro si intitola “Il pozzo delle anime” e ci porta a Ferrara, nei territori di nascita dell’autore, che ricostruisce minuziosamente e in modo molto scenografico la città dell’epoca e il ghetto ebraico, cuore della vicenda.
A Ferrara è infatti stato crudelmente assassinato l’ebreo sefardita Solomon Cordovero e la Congregazione del Sant’Uffizio incarica ufficialmente lo Svampa, insieme al suo fedele accompagnatore padre Francesco Capiferro, di recarsi nella città per cercare di risolvere l’enigma che avvolge questo misterioso omicidio. Incarico, e conseguente allontanamento da Roma, che giunge quanto mai opportuno, visti i numerosi problemi che il domenicano ha creato negli ultimi tempi al Sant’Uffizio con la sua irriverenza e le sue attività sempre in odore di ribellione. A Ferrara, Svampa e Capiferro troveranno una situazione di enorme tensione tra le autorità locali e la comunità ebraica, a sua volta divisa a seconda dei rami di provenienza, che solo le abilità indagatorie dei nostri “detective” saranno in grado di decifrare.
Simoni costruisce, con la sua usuale abilità, un intrigo ricco di suspense, che ricorda da vicino il giallo classico. Una coppia di investigatori, Svampa e Capiferro, che è sicuramente debitrice ai grandi padri della investigazione tradizionale, a partire dalla coppia Holmes e Watson, i cui classici e storici battibecchi sono riproposti, mutatis mutandis, anche in questo romanzo. La differenza sostanziale sta invece nella collocazione storica dei personaggi. I due inglesi sono figli del positivismo razionalista vittoriano, mentre i due inquisitori si muovono in una delle età più affascinanti dell’epoca moderna. Quel Seicento a cavallo tra i maghi rinascimentali sperimentatori e i primi veri “scienziati”, un’epoca di passaggio che ha liberato le menti più fervide e ha gettato le basi di quello che ancora oggi è il metodo scientifico contemporaneo. Un’era nella quale si producono le grandi costruzioni teoriche che mescolano e ricombinano con genialità le tradizioni teologiche, filosofiche e letterarie, dall’antichità alla fine del Medioevo. Un’epoca nella quale la Chiesa esercita al massimo il suo potere temporale e con gli artigli dell’Inquisizione cerca di difendere un ordine antico ormai in disfacimento, costruendo prigioni e approntando roghi, in uno dei più famosi dei quali un altro domenicano visionario ha consumato il suo sacrificio.
Quest’epoca storica è resa dall’autore in modo superlativo, con un’aggiunta. L’ingresso sulla scena della tradizione e della comunità ebraica, che gran parte ha avuto nel corso del Rinascimento e dei secoli successivi nel riprendere le proprie tradizioni culturali e religiose e infarcirle con la qabbalah, esprimendo quell’aspirazione rivoluzionaria al cambiamento totale e alla sperimentazione che anche ne “Il pozzo delle anime” manifesta la propria presenza. Comunità formata da tanti rivoli che derivano dalla diaspora e che Simoni ci rende manifesti e ci illustra benissimo. Comunità che è, nel vero senso del termine, ghettizzata dalla potenza restauratrice della Chiesa, che solo attraverso alcuni spiriti liberi (in questo senso Svampa lo è sicuramente più di Capiferro) esprime il proprio amore per il sapere e la cultura e il disprezzo per il potere reazionario.
Ma “Il pozzo delle anime” è anche un grande inno alla libertà che si costruisce e si ottiene attraverso la cultura. «Non saranno la luce e il chiarore del sole a farci uscire dalle tenebre, ma la conoscenza delle cose», diceva nel “De Rerum Natura” Lucrezio, che l’Inquisizione ha messo all’indice e che nei fatti Girolamo Svampa vuole invece riconoscere. Un inno alla libertà che critica ferocemente ogni forma di oscurantismo e di reazione e che denuncia con forza il volto violento del potere, quello che brucia i libri, che reprime, che non vuole ascoltare, ma che alla fine, inevitabilmente, perde.
«Bruciare parole. Bruciare idee. Il crimine piú mostruoso del quale poteva macchiarsi il genere umano. Perché nell’incommensurabile costellazione del pensiero universale, persino l’idea più aberrante, l’eresia più spaventosa, contribuiva a definirne la bellezza nel suo labirintico insieme.» ci dice Simoni. Impossibile non essere d’accordo.
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- Simoni, Marcello (Autore)
Articolo protocollato da Giuliano Muzio
Libri della serie "Girolamo Svampa"
Il pozzo delle anime – Marcello Simoni
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