Un agente infiltrato dell’FBI legato su una sedia in un sudicio capanno, sulle sue carni i segni inequivocabili di un’atroce tortura. I due fratelli Ernie e Leonard Bridgestone, entrambi ex militari, incombono su di lui.
Inizia così Il primo da uccidere, romanzo d’esordio dell’autore statunitense Andrew Peterson. Nato a San Diego, Peterson ha un passato agonistico da tiratore scelto. L’esperienza si riflette nel personaggio principale dei suoi romanzi, il duro ex cecchino dei Marines Nathan Mc Bride.
Il primo da uccidere è stato pubblicato la prima volta nel 2008, anche se il successo è arrivato da una riedizione del 2012. In Italia è sbarcato un po’ più tardi (l’anno di uscita segnato su Amazon è il 2016). Peterson ha scelto la via imboccata da scrittori come l’immenso Tom Clancy, ovvero quella di creare un personaggio e portarlo avanti per una saga di romanzi. Al momento sono stati pubblicati sette libri con Nathan Mc Bride come protagonista. All’interno dei titoli è sempre presente la parola uccidere (Kill), fatto che potrebbe fare pensare ad un’ossessione da parte dell’autore per l’omicidio, ma che in realtà evidenzia la continuità dei romanzi.
Vediamo ora chi è Nathan Mc Bride. Come già accennato, è stato un tiratore scelto dei Marines, in seguito reclutato dalla CIA con il ruolo di agente infiltrato. Una missione andata male in Nicaragua lo ha quasi ammazzato, lasciandogli sulla pelle i segni di indicibili torture. Ora gestisce un’agenzia di sicurezza insieme all’amico ed ex collega della CIA Harvey Fontana. L’attività va molto bene, tant’è che possiede una bella villa e un elicottero personale. Le missioni sotto copertura sono ormai un lontano ricordo. Al loro posto c’è una vita agiata che però non regala più stimoli. L’arrivo di un’inattesa richiesta di aiuto da parte di una vecchia conoscenza, l’ex direttore dell’FBI Frank Ortega, riaccende un fuoco che non si era mai spento. Il nipote di Ortega, anche lui agente infiltrato impegnato in una delicata missione, è irreperibile da diversi giorni. Il vecchio ex direttore teme che le cose abbiano preso una brutta piega. Mc Bride e Fontana si mettono a disposizione per dare una mano. Ortega chiarisce che, per trovare il nipote, i due amici hanno carta bianca sui metodi da utilizzare.
La trama del romanzo si snoda attraverso le indagini di Mc Bride e socio. Le scene d’azione sono ben fatte, soprattutto quelle in cui il protagonista opera come tiratore scelto. È evidente che l’autore ha riversato tutta la sua esperienza sull’argomento. L’affiatamento tra i due amici è buono, caratterizzato dall’uso di battute ironiche nei dialoghi, anche se a mio avviso i personaggi sembrano un tantino intercambiabili tra loro. Mc Bride è il classico duro, solitario e con un passato turbolento. I suoi metodi rudi si intuiscono fin dalla sua presentazione nella scena dopo il prologo, in cui interviene in aiuto di una sua amica prostituta alle prese con un cliente violento. Il rapporto di Nathan con le donne non è reso facile né dall’indole solitaria, né dalle cicatrici che gli deturpano il viso rendendolo un bocconcino poco appetibile. Il disagio causato dalle cicatrici è presente in diverse scene in cui Nathan conosce nuovi personaggi ed interagisce con loro. L’ex agente della CIA valuta sempre le reazioni degli interlocutori alla vista del suo viso. Altro elemento che si riaffaccia periodicamente durante la storia è il rapporto conflittuale con il padre Stone Mc Bride, eroe della Guerra di Corea e potente senatore a capo della Commissione sull’antiterrorismo. Tra i due non corre buon sangue perché secondo Nathan il genitore non ha fatto abbastanza per liberarlo dalla prigionia in Nicaragua.
La figura dell’eroe duro e letale non è certo una novità nel panorama dell’action. Nonostante ciò, Nathan Mc Bride risulta un personaggio apprezzabile inserito nel contesto di una narrazione dal buon ritmo. Andrew Peterson ha creato un buon romanzo, scorrevole e senza troppe nozioni tecniche che possono risultare noiose o complicate a chi non si interessa di questioni miliari. Resta da vedere se nelle opere successive sia riuscito a mantenere lo stesso livello, senza cadere nel banale e ripetitivo, cosa non facile quando si scrivono sette libri di una saga.
Recensione di Alessandro Cirillo.
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