Un’interessante ambientazione è quella che contraddistingue Il quinto servitore, romanzo di Kenneth Wishnia in uscita a breve per Longanesi. Sullo sfondo di una Praga che si appresta a festeggiare la Pasqua del 1592, una bambina cristiana viene sgozzata nella notte del venerdì santo. Il suo corpo straziato e dissanguato è rinvenuto in una bottega ebraica. Sulla scena del crimine accorre Benyamin Ben Akiva, quinto servitore del ghetto. Far luce sull’accaduto si rivela però da subito difficile. La folla chiede a gran voce una punizione esemplare che faccia terminare una volta per tutte le sordide pratiche giudaiche: «Ogni anno gli ebrei ammazzano un cristiano per mescolarne il sangue al loro maledetto pane pasquale». In catene, accusato di omicidio rituale, finisce il proprietario della bottega; sua moglie e sua figlia sono invece affidate al vescovo Stempfel, l’inquisitore appena arrivato in Boemia per liberare la regione dalla stregoneria. Stavolta neanche la protezione dell’imperatore Rodolfo potrà salvare gli ebrei dalla furia vendicatrice dei cristiani.
Benyamin ha solamente tre giorni per assicurare alla giustizia il vero colpevole, altrimenti il ghetto intero sarà raso al suolo. Salvare il bottegaio vuol dire salvare tutto il suo popolo. Le uniche armi a sua disposizione sono la sottile arte del ragionamento e la millenaria sapienza ereditata dai tanti rabbini che l’hanno preceduto. Ma nei vicoli più bui del ghetto si aggira una realtà ben più cruda dello spettro antisemita.
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