Il mestiere di medico legale, si sa, ha i suoi aspetti spiacevoli. L’esercizio costante della professione, col tempo, crea assuefazione. Si finisce con l’assumere un atteggiamento tecnico, quasi di indifferenza, nei confronti della persona deceduta che è lì, stesa sul piano di marmo. Tale indifferenza non è insensibilità, bensì una difesa psicologica: bisogna fare un lavoro che impone lucidità e precisione, dunque è opportuno bandire ogni coinvolgimento psicologico. Ci sono però circostanze nelle quali tale coinvolgimento è inevitabile e niente o nessuno può proteggerti da esso.
Per esempio può accadere che una medico legale, Ardelia Spinola, protagonista di questo romanzo, venga chiamata dalla polizia presso una villa lussuosa della Riviera Ligure, dove risiede, dalla cui piscina è stato ripescato il cadavere di un giovane uomo. E può, disgraziatamente, accadere che Ardelia riconosca subito in quel povero corpo Arturo, l’uomo al quale è stata legata sentimentalmente per anni anche se la loro storia è poi finita.
Ardelia è sconvolta, viene logicamente esonerata dal caso, non potrà certo lei effettuare l’esame autoptico, toccherà ad altro collega. Lei faticosamente stava riuscendo a guarire dal disagio causato dalla chiusura del rapporto con Arturo, ma questa sua tragica morte spalanca nuovo dolore e un incontenibile rimpianto, sale sulla ferita che stava rimarginandosi e che ora torna a bruciare. Per questo la dottoressa Spinola se non si occuperà di Arturo come patologa, non potrà fare a meno di addentrarsi nella vicenda in veste, abbastanza improvvisata, di detective. Sì, perché c’è un particolare che la inquieta e le toglie il sonno: dopo la separazione lei e Arturo non si erano sentiti per due anni, ma proprio pochi giorni prima della sua morte lui le aveva telefonato. Si era trattato di un colloquio strano. Ardelia aveva avvertito nel suo ex partner un profondo disagio, un’ansia. In lui non c’era nostalgia del passato, nessuna voglia di riprendere la relazione, ma un forte desiderio di parlare, forse di rivelare. Cosa? Arturo non aveva voluto dirlo, ripromettendosi però di richiamarla, forse per fissare un incontro e comunicare a voce. Ma qualcuno ha impedito che quell’incontro potesse aver luogo. E Ardelia decide di scoprirne la ragione. Perché c’è anche un altro particolare che la disorienta e inquieta: il proprietario della villa in cui Arturo è morto, Davide Drusi, ha una sorprendente somiglianza fisica con la vittima, sembra il suo fratello gemello. Arturo e Davide non si conoscevano da molto, ma a quanto alcuni testimoni affermano, erano diventati inseparabili, tanto che il primo viveva stabilmente nella villa dell’altro.
Davide, apparentemente disinvolto ma sfuggente e ambiguo, dichiara che si erano incontrati per caso tempo prima, in un salone di esposizione di motoscafi, e che era stata proprio la loro straordinaria somiglianza a farli avvicinare. Per qualche tempo avevano anche pensato di confrontare i rispettivi DNA, ma di comune accordo avevano rinunciato all’idea. Nessuno dei due desiderava rischiare di scoprire segreti forse sepolti nella vita dei rispettivi genitori, tutti non più in vita e, del resto, a cosa sarebbe mai servito?
Spiegazioni che ancor più stuzzicano la curiosità della dottoressa Spinola, che porta avanti la sua indagine, assistita da un amico affezionato e devoto, Bartolomeo Rebaudengo, commissario di polizia ormai in pensione, ma sempre in servizio per l’amata Ardelia. Lui, che il mestiere lo conosce, la guida, la coadiuva, la protegge.
E l’indagine sarà lunga, complessa, anche pericolosa, perché tra le pieghe dello strano rapporto tra i due “estranei gemelli” a un certo punto farà capolino la droga, forse un traffico occulto. E nella mente di Ardelia continuerà a martellare una domanda: “Perché quel giorno Aruro, dopo due anni di silenzio, le telefonò? Cosa avrebbe voluto dirle che poi preferì tacerle? Cosa si riservava, forse, di dirle in seguito, a quattrocchi?
Ardelia giungerà alla verità, grazie alla sua ostinazione e anche aiutata da un insperato colpo di fortuna. Il romanzo procede incalzante costruendosi lungo questa impietosa ricerca di una verità sepolta, con dialoghi serrati, succedersi di ambienti suggestivi e personaggi minuziosamente scolpiti nella loro specifica complessità psicologica.
Ancora un’ottima prova narrativa di Cristina Rava, scrittrice ligure classe 1958, qui al suo sesto volume della serie imperniata sul personaggio della dottoressa Spinola.
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Articolo protocollato da Fausto Tanzarella
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