Segnaliamo oggi al Thriller Café il nuovo romanzo di Claudio Mattia Serafin nostro collaboratore qui in veste di scrittore, autore di un thriller che sfocia in storia sovrannaturale con i colori classici del gotico.

Ne Il sangue e la sua memoria (Linea edizioni, 2020), due uomini soli si muovono in una Roma immobile e pastosa.

Il prologo (l’autore cita un aforisma del mostro sacro dei bestseller, Lee Child: “The way to write a thriller is to ask a question at the beginning, and answer it at the end”) descrive la morte violenta di una donna, evidentemente assassinata per mano umana. Subito dopo inizia una catena allucinata di eventi.

Il libro in realtà è un romanzo a due voci, ambientato in un momento imprecisato degli anni Duemila: Enrico è un giovane studioso di lettere, che nella sua ipersensibilità vede il mondo andare a rotoli, o questa è la sensazione che lui capta. Si sente votato a un umanesimo puro e civile, ma è costretto a fare i conti con sua madre Uliana, un’operatrice AMA invadente e ancora bella, che gioca con i troppi uomini che la corteggiano. Enrico è il tipico giovin signore, triste e inadatto ai tempi che corrono.

Da contraltare gli fa Roberto, editor senza scrupoli, un agente letterario che truffa gli esordienti portando via loro soldi e speranze. E non solo: si muove con molta disinvoltura tra i corridoi parlamentari (è un ghost writer di autobiografie politiche) e ambienti loschi della neoborghesia romana. Ama la compagnia femminile, ma in maniera disimpegnata. Descritto come una specie di Robert Downey Jr. romano (Roberto, non a caso), tutto sembra andargli a meraviglia.

Roberto riceve una visita inaspettata: un mostro prende residenza in casa sua. Una creatura oscena, che lo osserva impietoso e forse è mostruoso quanto il suo coinquilino.

Da qui in poi gli eventi prendono una piega rapida e sempre più horror, come nei celebri racconti di Lovecraft, cui l’autore chiaramente si ispira nei nessi logici angoscianti e nell’assoluta mancanza di qualunque perché di vita. L’orrore cosmico sembra infatti venire iniettato nella narrazione, tanto nella prima quanto nella seconda parte, anche se una forte componente di satira sociale spiazza continuamente il lettore, che è indeciso se ridere o rimanere calato nel pathos urbano che poi conduce ad almeno due colpi di scena, che ricordano nella tecnica il cinema di M. Night Shyamalan, del genere “nulla è come sembra”.

***

In questo senso risulta difficile qualificare Il sangue e la sua memoria come horror psicologico (alla Ringu, o The Ring) oppure come qualcosa di più stratificato, che gioca con tutti i generi del pop, mischiandoli senza soluzione di continuità.

L’attacco alla distinzione tra cultura alta e bassa è chiaro, sinceramente sentito dall’autore, che giudica altrettanto dignitosi i filosofi o Harry Potter, che compaiono nei dialoghi o nei pensieri dei personaggi come fossero fantasmi di tradizioni ed esperienze passate. Roma può essere considerata il personaggio immanente, forse un deus ex machina, ed è l’immagine distorta di se stessa: sembra di leggere i dolori di due intellettuali post-risorgimentali, che camminano confusi tra i sanpietrini sporchi. Ma in realtà il momento è quello presente: ci sono macchine, scooter, spazzatura, appartamenti laidi e soffocanti, il tempo utilizzato è quello presente, gli eventi si succedono rapidi come quelli di un fumetto e qualche legame con la letteratura cannibale che fu si può anche supporre. Forse, come un cannibale, Mattia Serafin ha scritto un libro che si auto-rinnega, che deve distruggere qualcosa per poter costruire qualcosa (a partire dal genere del giallo)?

L’autore è anche autore di un saggio sulla deontologia letteraria e cinematografica, quindi forse egli stesso si sta interrogando sui quesiti che ha posto nel romanzo.

Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla newsletter

Inserisci la tua email e riceverai comodamente tutti i nostri aggiornamenti con le novità, le anticipazioni e molto altro.

Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

Giuseppe Pastore ha scritto 1638 articoli: