Una delle cose che più ammiro in uno scrittore è il lavoro che sta dietro alla creazione dei vari personaggi, minori e principali, che popolano un romanzo, dar loro voce, un ruolo, seppur minimo, in modo che tutti contribuiscano, come le note musicali di uno spartito, a dar vita alla sinfonia della storia.
Cosa vogliamo dire del romanzo in vetrina quest’oggi al Thriller Cafè, l’ultima fatica di Andrea Vitali dal titolo Il sistema Vivacchia, il quale conta una novantina di personaggi? Tronco subito sul nascere l’eventuale domanda che a qualcuno sorgerà spontanea: non li ho contati. Il numero è stato fatto notare all’autore in una recente intervista di presentazione del libro, e comunque durante la lettura non ho assolutamente accusato quella pesantezza mentale che a volte può farsi sentire nel ricordare le generalità e gli episodi legati a una discreta quantità di figure interpretative. Oltre all’indiscussa bravura di Vitali, probabilmente ciò è dovuto ai nomi alquanto singolari e caratteristici del contesto storico e geografico in cui si svolgono i fatti.
Siamo nell’Ottobre del 1928 a Bellano, ridente località sulle rive del Lago di Como, dove un autista di corriere, il camerata Graziato Ciancicati, viene colto in flagrante insieme al figlioletto a sottrarre furtivamente del carbone, destinato alla vendita, dal convoglio di un treno; l’uomo verrà condotto al Comando dei Carabinieri al cospetto del Maresciallo Ernesto Maccadò, che torna alle prese con un nuovo caso. Qui entra in scena il cognato del ladruncolo, tal Caio Scafandro, fervente sostenitore del Partito, che intende fare il possibile affinché cadano le accuse, la sezione locale non venga travolta da un simile scandalo e lui riesca finalmente a ingraziarsi il Federale.
Come detto, riappare in libreria il Maresciallo dei Carabinieri Ernesto Maccadò, che non avrà a che fare con un semplice atto di taccheggio, bensì con una serie di situazioni sempre più rocambolesche e pericolose figlie del tumulto sociopolitico dell’epoca (non poi così lontano da certe “schermaglie” a cui assistiamo attualmente). Si tratta del sistema Vivacchia, dal nome di una singolare stamperia e del suo misterioso gestore, al quale in particolari frangenti ci si rivolge mostrando il santino di San Giuda, protettore dei disgraziati e degli sfortunati, in sostanza delle cause perse.
La bravura di Andrea Vitali a cui ha abituato i suoi lettori non è solo quella di calare sapientemente la trama e i diversi personaggi che la governano in un contesto storico molto particolare, prodromo di sconvolgimenti sociali che lasceranno ferite permanenti, ma anche quella di raccontare la comparsa e la diffusione di formidabili innovazioni tecnologiche non da meno per impatto sull’opinione pubblica. Mi riferisco all’avvento della radio, un mezzo quasi fantascientifico a quei tempi mentre oggi è così connaturata alle nostre vite da essere ritenuta scontata, e la distribuzione della primissima macchina da scrivere, la Olivetti M1.
Vitali riesce benissimo a inserire tali stupefacenti rivoluzioni nello sviluppo della storia, comprese le diffidenze e i dubbi che accompagnano immancabilmente ogni progresso scientifico.
Infatti fa sorridere, ad esempio, come il Maresciallo Maccadò sia piuttosto scettico, a differenza della moglie Maristella molto più aperta ai cambiamenti generazionali, nei confronti dello strano e insolito rumore dovuto all’utilizzo di quello strano aggeggio munito di bizzarre stanghette che, come per incantesimo, se premute marcano lettere su un foglio di carta debitamente inserito su un rullo.
Mi vengono in mente le parole dell’attore Tom Hanks, grande collezionista di questi oggetti che a distanza di nemmeno un secolo sono diventati demodé: La colonna sonora del XX secolo: il magico ticchettio di una macchina da scrivere.
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