Il romanzo di Claudio Coletta, Il taglio dell’Angelo, di cui vi parlo oggi è un medical thriller ben scritto, che mescola cronaca e fantasia in un’avventura mozzafiato ambientata nella nostrana Roma, cornice perfetta per un intrigo socio-politico che si espande dalla tratta di immigrati ai pronto soccorsi della città.
Una notte, il cadavere di un uomo viene trovato impiccato alla gru di un cantiere della metropolitana di Roma. Appare in tutto e per tutto un suicidio, eppure c’è qualcosa che rende il caso subito sospetto.
Il primario di Medicina, Lorenzo Baroldi, non ha tempo di seguire la cronaca, specialmente ora che la burocrazia dell’ospedale gli impedisce di seguire i pazienti come vorrebbe. È forse per questo che non smette di tormentarsi quando al pronto soccorso arriva l’ennesimo caso disperato: si tratta di un ragazzo nigeriano, che muore in circostanze misteriose.
A questa morte, Baroldi riesce a collegarne altre grazie all’aiuto dei suoi colleghi, episodi tutti troppi simili tra loro per non avere qualcosa in comune. Le morti coinvolgono tutte giovani immigrati provenienti dall’Africa, ragazzi forti e in buona salute fino al collasso fatale.
Lorenzo Baroldi vuole vederci chiaro, ma capisce subito che non può farcela, soprattutto quando scopre un pericoloso collegamento fra queste morti, apparentemente accidentali, e il recente suicidio per impiccagione di uno stimato biologo, la cui carriera era in rapida ascesa.
Riuscirà a fare luce sul caso?
Ho approcciato il romanzo con un entusiasmo: non avevo ancora letto di un medical thriller e la cosa mi ha da subito affascinato. La storia è disseminata di personaggi, sia positivi che negativi, uomini e donne come noi che sono costretti a fare scelte difficili tra il bene comune e i propri principi.
Veniamo introdotti alla storia con il ritrovamento di un corpo, un evento quasi a sé che Claudio Coletta riuscirà a ricollegare alla trama principale con maestria.
Chapeau, mi è davvero piaciuto che finalmente qualcuno parli dei biologi, professionisti fantasmi del SSN (Sistema Sanitario Nazionale, ndr) che tanto hanno aiutato durante questa pandemia, senza riceverne i meriti adatti come medici e infermieri loro pari.
Al di là di questa digressione, ho apprezzato particolarmente il modo in cui Coletta ha cercato di mettere a nudo le mille verità scomode con cui ognuno di noi si ritrova a fare i conti, prima o poi, scandagliando il fenomeno, ancora odierno, dell’immigrazione clandestina.
In questo labirintico enigma, seguiremo il dottor Baroldi tra le viuzze di Roma, accompagnati dalla sensazione claustrofobica e tesa, permessa dallo stile fluido e ben fruibile dell’autore. Un altro punto a favore, indubbiamente.
Coletta, anche Professore presso La Sapienza di Roma, mette a disposizione del grande pubblico le sue competenze mediche per intrecciare le cronache della vita e della morte, declinandole in tutte le loro infinite sfumature possibili.
Il risultato è un thriller dai ritmi giusti, incalzanti, in cui l’uomo si manifesta in tutte le sue contraddizioni, fallace eppure pieno di buone intenzioni, peccatore eppure capace di redenzione.
È un libro dove, oltre alla mera storia gialla che ci viene presentata, si cerca di inquadrare in maniera diversa la figura del medico, quasi sempre legali dai modi spicci e le espressioni affettate, cinici nei confronti della vita come della morte.
Baroldi diventa perciò lo strumento perfetto per raccontare di un thriller, ma anche per parlare ad ognuno di noi, alla nostra parte più intima e sentimentale: mi è molto piaciuta la sua sensibilità, tratto che non molto spesso viene messo in evidenza in un uomo, forse perché figli di una società maschilista.
Ad accompagnare Baroldi in quest’avventura è un suo vecchio amico, un ufficiale di polizia, Nario Domenicucci, che rappresenta la parte più pragmatica della coppia, quella della legge che deve fare giustizia prima che il caso finisca archiviato.
Il finale del romanzo mi ha lasciato un po’ spiazzato, devo confessarlo: il ritmo narrativo portava diretti verso un colpo di scena, che però non c’è stato. Ne sono rimasto “deluso”, se vogliamo metterla così, ma forse il termine più adatto è “spiazzato”, malgrado il finale rispecchi perfettamente la situazione reale, dal taglio purtroppo veritiero
Un libro da non perdere, insomma!
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