Torna John Grisham (qui biografia), tornano l’avvocato Jake Brigance e la Ford County, immaginaria contea nel verissimo Mississipi, già protagonisti, tra i diversi altri libri, de “Il momento di uccidere”, bello e noto romanzo del 1989, dal quale è stato tratto un altrettanto bel film. “Il tempo della clemenza” esce per Mondadori con la traduzione (ottima) di Luca Fusari e Sara Prencipe. E, come quasi sempre, Grisham non delude e ci offre un’altra splendida opera che avvolge, riscalda e appassiona gli amanti del legal thriller, genere di cui è un indubbio maestro.
Ancora una volta Grisham si cimenta con storie nelle quali sono protagonisti bambini e ragazzi. Tutti ricorderete certamente “Il cliente” e l’indimenticato e indimenticabile film omonimo. In questo caso, l’involontario protagonista è Drew Gamble, sedicenne minuto che dimostra molti meno anni di quelli che ha, che all’inizio della storia uccide il suo “patrigno” Stuart Kofer, stufo delle violenze perpetrate ai danni della madre e della sorella.
Stuart Kofer, che ha il vizio dell’alcol e la brutta abitudine di essere violento, è però anche vice-sceriffo. E quando lavora come vice-sceriffo tiene un comportamento irreprensibile. Drew come omicida, anche se solo sedicenne, rischia quindi, nello stato del Mississipi, la camera a gas. Da questo rischio dovrà difenderlo Jake Brigance, giovane avvocato a cui il giudice Noose affida il caso spinoso. Jake è il classico avvocato progressista del sud, non certo un rivoluzionario, come invece è il titolare del suo studio Lucien Wilbanks, ma un inguaribile amante delle cause problematiche a beneficio di clienti deboli e spesso squattrinati. E come avvocato progressista del profondo sud, è una mosca bianca in una tradizione di conservatori benpensanti, vagamente razzisti e risolutamente favorevoli alla pena di morte. La storia è in pratica la cronaca del processo che oppone lo stato del Mississipi all’adolescente Drew Gamble e delle peripezie e degli stratagemmi che l’avvocato Brigance deve escogitare per difendere il suo cliente, con ribaltamenti di fronte e colpi di scena che rendono ancora più avvincente la trama.
Come già detto, siamo di fronte a un grande romanzo nel suo genere e ancora una volta Grisham ci ricorda la sua maestria. La storia è costruita con un impianto narrativo ineccepibile, molto fluido e allo stesso tempo avvincente e con la giusta alternanza tra rocamboleschi colpi di scena e descrizioni dello scenario e del contesto che aiutano a far comprendere le vicende e ad accrescere la suspense. La costruzione psicologica dei personaggi è, come sempre accade con Grisham, perfetta. E svelando i profili dei suoi personaggi, l’autore ci conduce per mano nel cuore profondo del Mississipi. Dopo poche pagine, anche per la bravura della costruzione narrativa, vi sentirete immersi nel processo. Processo che viene seguito passo passo, in tutti i suoi meandri e in tutte le sue pieghe, ma non con un piglio pedante, piuttosto con l’occhio di un osservatore che ha a cuore la vicenda umana e, quindi, il vero significato della giustizia.
L’America di Grisham è l’America dei deboli, degli svantaggiati e dei perdenti. Di coloro che hanno sbagliato molto nella vita, ma non per questo hanno smarrito la loro dignità di esseri umani. E per i quali Grisham ci dice che noi non dobbiamo avere pregiudizi, non dobbiamo mai dimenticarci di loro. La sua è anche l’America della speranza, delle peggiori tradizioni che piano piano possono essere scalfite e messe in discussione. E se dobbiamo trarre un insegnamento da questo bel romanzo è che non bisogna perdere la fiducia, perché anche dietro la maschera dei peggiori vizi umani può nascondersi l’umanità che ci illumina, proprio come ci insegnano i bambini e i ragazzi, il cui sguardo puro e incontaminato è quello che ci invita a non arrenderci alle difficoltà quotidiane.
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