Finalmente sono di turno al bancone del Thriller Café. Ho dedicato quasi due mesi alla lettura de Il tesoriere di Gianluca Calvosa, e ora vi racconto com’è andata e la mia sfida personale nei confronti del libro. Se siete d’accordo, facciamo prima un giro di Vodka per tutti e poi iniziamo!
Quando il Barman Giuseppe mi ha suggerito la lettura, ho letto la sinossi e ho pensato: non fa per me!
La parte che mi aveva spaventato suonava all’incirca così:
Ambientato nell’Italia degli anni ‘70, questo è un romanzo che ruota attorno ai fondi neri che DC e PCI ricevevano rispettivamente dall’America e dall’Unione Sovietica. Misteri insoluti in cui qualcuno ci lascia la pelle e il ‘nostro’ protagonista, il nuovo tesoriere del PCI, si trova a tracciare e intrecciare i fili in logiche complesse che, anche se possono sembrare lontane, sono in realtà molto attuali.
Cosa mi aveva spaventato in queste righe? Pensavo fosse un romanzo politico, adatto a chi ha una solida conoscenza del periodo storico. Pensavo fosse un libro che per me che non ho nemmeno sfiorato quegli anni, fosse inaccessibile.
Beh, mi sbagliavo. E ancora una volta mi trovo a ringraziare il Barman e Thriller Café per l’opportunità che mi offrono di scoprire storie nuove.
Come vi anticipavo, il romanzo si svolge in Italia tra il ‘72 e il ‘76.
È tra gli archivi polverosi che conosciamo Andrea Ferrante, piccolo funzionario politico ormai rassegnato e ben lontano dalla prospettiva di una carriera. Ingabbiato in un matrimonio stanco con la moglie Sandra e il figlio Umberto con cui condivide solo qualche litigio ideologico.
Inaspettatamente, Andrea Ferrante viene convocato a Roma e viene nominato nuovo segretario del PCI. Cosa è successo al suo predecessore? Iniziano a emergere circostanze poco chiare e gli vengono affidate mansioni sempre più delicate, nella gestione di fondi neri e di equilibri internazionali. Sono anni di terrore e fermento, delle prime vittime del terrorismo, delle università occupate e delle lotte per i diritti. Nel contesto geo-politico mondiale l’Italia ha un ruolo chiave e la Città Eterna è il luogo in cui si incontrano proprio tutti: comunisti, democristiani, CIA, KGB, servizi deviati, brigatisti, prelati del Vaticano. Se la caverà Andrea Ferrante?
Il tesoriere di Gianluca Calvosa è una spy story avvincente, con dialoghi pungenti e raffinati e una trama che coinvolge il lettore sempre più, accompagnandolo per mano, spiegando dove necessario e lasciando allo stesso tempo uno spazio per la propria interpretazione e fantasia.
Il mio pensiero di lettura vuole portare una riflessione proprio su questo: un buon libro, anche quando tratta argomenti che per la nostra cultura personale ci sembrano ‘lontani’ dovrebbe permetterci di comprendere, apprezzare e farci incuriosire sul tema.
E Gianluca Calvosa riesce perfettamente in questo: mi ha permesso di accendere una nuova scintilla di interesse senza mai farmi sentire inadatta. Non ho potuto apprezzare ogni citazione ed è per questo che nella mia recensione qui, voglio darvi uno spunto differente.
Vorrei incuriosire chi, come me, non ha vissuto quegli anni e pensa che siano troppo lontani da sé.
Non solo Il tesoriere mi ha dato lo stimolo a aggiornarmi su un sacco di episodi della nostra storia recente, mi ha spinto ad approfondire, ma soprattutto mi ha divertito! Mi ha fatto intrigare dai suoi dialoghi tra spie. Uno spasso dal primo all’ultimo.
Il mio preferito è questo:
«Mi crede se io le dico che non tocco una banconota da almeno quindici anni? I soldi sono soltanto uno strumento. Quello che conta è il potere. Vogliamo tutti comandare.»
«Alcuni preferiscono fottere» obiettò Buonocore.
«Comandare è fottere.»
A questo punto è il momento del secondo giro di Vodka. State attenti quando vi offrono da bere. L’alcol potrebbe far abbassare le vostre difese e il vostro interlocutore potrebbe manipolarvi!
Per fortuna qui al Thriller Café siete al sicuro. 😉
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