Il 31 di maggio Mondadori ha pubblicato, nella collana Omnibus, il giallo Il treno per Tallinn. Doppio mistero per questo romanzo, di cui dovremo scoprire il nome dell’assassino e anche quello dell’autore. Per quanto riguarda quest’ultimo, fin dall’inizio del romanzo, veniamo informati che “dietro lo pseudonimo di Arno Saar si nasconde un importante scrittore italiano”.
Trama
È notte, la neve cade fitta quando il treno proveniente da San Pietroburgo fa il suo ingresso nella stazione di Tallinn, capolinea. Bastano venti minuti perché dei passeggeri rimangano solo le impronte sulla neve; uno però è ancora a bordo, accasciato in una poltrona di prima classe, una bottiglia di liquore accanto a sé. Morto. È Igor Semenov, un uomo d’affari russo. Il caso è delicato e viene affidato al commissario di polizia Marko Kurismaa, che con i russi ha un conto in sospeso. E non è il livore di tanti estoni nei confronti del popolo che fino a pochi anni prima li dominava: è un dolore tutto personale.
Marko ha il fascino dell’uomo tormentato, il fisico asciutto dell’ex sciatore di fondo e il rigore di chi nella vita si è dovuto conquistare tutto. In più, nasconde qualcosa …
Un giallo che si ispira ai classici della Golden Age
La copertina gialla è un evidente richiamo alla storica collana “Gialli Mondadori” e non è un caso. Il treno per Tallinn, infatti, pur essendo ambientato ai giorni nostri, nella città di Tallinn che si affaccia sul Mar Baltico, è un giallo che si ispira ai classici della prima metà del Novecento.
«Sul treno che è arrivato la notte scorsa da San Pietroburgo hanno fatto fuori un certo Igor Semenov. Lo hanno avvelenato. Io voglio sapere dov’era seduto, se aveva dei compagni di viaggio, com’erano disposti i passeggeri nel vagone e cose di questo tipo.»
Il “delitto in treno” è un topos del genere poliziesco.
Il treno ritorna spesso nell’opera di Agatha Christie che amava moltissimo questo mezzo di trasporto, tanto da renderlo protagonista di molti suoi romanzi: il celeberrimo Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient Express) del 1933, con l’investigatore Hercule Poirot; Il mistero del Treno Azzurro (The Mystery of the Blue Train) pubblicato nel 1928; Istantanea di un delitto (4.50 From Paddington) del 1957, con protagonista Miss Marple. Georges Simenon racconta un assassinio sul treno, nel suo primo romanzo con protagonista Maigret, Pietr il Lettone (Pietr-le-Letton), scritto nell’inverno del 1929 ma pubblicato da Fayard nel 1931. Altre opere famose sono: La signora scompare (The Wheel Spins) di White Ethel L., da cui nel 1938 Alfred Hitchcock trasse il film The Lady Vanishes. La trama che forse ricorda più da vicino Il treno per Tallinn, è quella de L’uomo nella cuccetta n. 10 (1909) della famosa Rinehart Mary R. (autrice de La scala a chiocciola del 1908), in cui ritroviamo il personaggio ubriaco e addormentato, che si scopre poi essere stato assassinato. Il nostro Giorgio Scerbanenco, nel 1942, pubblicò Il cane che parla, in cui un poeta viene assassinato nello scompartimento di un treno.
Il tema del “delitto in treno” è collegato a quello ben più famoso della “Camera chiusa“, ossia all’omicidio commesso in un “luogo chiuso o isolato”, in cui il numero dei presunti colpevoli è limitato.
…la limitatezza degli ambienti e dei percorsi temporali entro cui si svolge una vicenda poliziesca non può che giovare, in definitiva, alla stessa bontà del suo esito. Ce su questo una vasta tradizione che va dalla Philosophy of Composition di Edgar Allan Poe alle pratiche letterarie di Arthur Conan Doyle. E il giallo, soprattutto quello classico, ha molto profittato degli ambienti chiusi: treni, aerei, navi, case isolate dalla neve
(Mauro Boncompagni, Introduzione, in Le stanze del delitto, Il Giallo Mondadori Speciali, Milano 2013)
Utilizzando questo tema, Arno Saar dichiara esplicitamente di volersi rifare ai gialli della Golden Age, con “una ristretta cerchia di persone sospette, un numero limitato di potenziali assassini tra cui scegliere” (Curran John, I quaderni segreti di Agatha Christie. Nell’officina della signora del giallo, Mondadori, Milano, 2010, p. 23). Il successo di questi gialli è confermato dalla recente pubblicazione di una raccolta di racconti, intitolata Delitti in treno (Edizioni I Bassotti, Polillo Editore, 2010)che contiene piccoli capolavori come L’espresso per Plymouth di Agatha Christie e L’uomo con gli orologi di Arthur Conan Doyle.
… l’epoca d’oro del treno era l’epoca d’oro del giallo ferroviario, quando i treni erano trainati da pesanti dinosauri che si lasciavano dietro una scia di fuoco, di fumo, di vapore e di mistero … I classici del genere vengono ancora letti e riletti da coloro che tentano di gettare un’occhiata in un passato lussureggiante, per gustarsi ancora il loro crimine con eleganza e con uno sbuffo di nostalgico fumo.
(Hugh Douglas, Viaggiare in treno, in Anonima assassini, guida al giallo compilata da DilysWinn, Milano, 1982, p. 297)
Marko Kurismaa, protagonista di Il treno per Tallinn, indaga sulla morte di Igor Semenov, un uomo d’affari russo, avvelenato con della coniina.
«… Ieri sera un uomo è arrivato morto sul treno da San Pietroburgo. A tutta prima, sembrava un infarto, ma i medici, per legge, hanno dovuto fargli l’autopsia e hanno trovato una quantità più che rispettabile di coniina.»
«Che roba è la coniina?»
«È un alcaloide, molto tossico: si estrae dalla cicuta.»
Ed ecco un altro dei temi preferiti dei polizieschi della Golden Age: l’omicidio per “avvelenamento”. Era il metodo preferito da Agatha Christie, che lo utilizzò fin dal suo primo romanzo giallo, il celebre Poirot a Styles Court, scritto nel 1915 ma pubblicato solo nel 1920, in cui viene usata la stricnina. Un altro classico famosissimo è Il caso dei cioccolatini avvelenati (The poisoned chocolates case – 1929) dello scrittore Anthony Berkeley.
La cicuta è famosa per essere stata adoperata da Socrate, come ricorda lo stesso misterioso autore de Il treno per Tallinn: «Allora magari si è suicidato. Fermi tutti, signori e signore, abbiamo un nuovo Socrate.»
Nel romanzo vengono descritti minuziosamente i sintomi di avvelenamento tipici della coniina, che è uno dei veleni usati nei vecchi gialli della prima metà del Novecento.
L’orticoltrice classica considererà la cicuta un imperativo botanico. È una pianta alta, con lo stelo rossiccio e maculato … occorre spremere un tantino l’ingegno per nascondere il sapore, che è sgradevole. Il veleno attivo è la conina, che paralizza i muscoli, un po’ come fa il curaro. L’assassina che desideri recitare una scena socratica potrà assistere al lento procedere della paralisi: prima i piedi, poi il tronco, infine l’apparato respiratorio.
(Rodger J. Winn, Veleni in fiore, in Anonima assassine, guida all’altra metà del giallo compilata da Dilys Winn, Milano, 1983, p. 244)
La città di Tallinn e il marchio della contemporaneità
L’autore ci conduce alla scoperta dell’affascinante Tallinn, che dopo essere stata inglobata, alla fine della II Guerra Mondiale, nell’Unione Sovietica come capitale della RSS Estone, solo nel 1991 ottenne l’indipendenza. La città Vecchia di Tallinn è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997.
Arno Saar passa dalla descrizione dei vicoli dell’antica Città medioevale a quella degli squallidi quartieri sovietici, riuscendo a rendere con pochi e stilizzati tocchi un ambiente, una strada, un locale e soprattutto una società, quella estone.
L’ospedale provinciale si trovava incastrato dietro a un paio di isolati, lungo la Liivalaia, che sembravano non essersi accorti del crollo dell’URSS. Più in là, verso la ferrovia, le superfici a specchio dell’enorme palazzo della Swedbank non lasciavano dubbi circa l’assoluto trionfo del capitalismo, ma lì, in quella specie di gorgo spazio-temporale, regnavano ancora le facciate grigie dei falansteri in cemento, piatte, senza balconi o decorazioni, ostinatamente razionaliste.
È impossibile, leggendo Il treno per Tallinn, non pensare alla Vienna di un grande film noir, Il Terzo Uomo (1949 – sceneggiato da Graham Greene, diretto da Carol Reed), una città post-bellica, ancora divisa in quattro zone controllate da russi, americani, britannici e francesi, e ancora segnata dalla guerra: macerie, povertà, prostituzione, mercato nero.
… superò il cancello dell’antico monastero di Santa Brigida e cominciò ad aggirarsi tra le rovine deserte: la calma di quel luogo era ciò che ci voleva per rigenerarlo. Forse, se la chiesa fosse stata tutta intera, se avesse resistito alla furia incendiaria di Ivan il Terribile, avrebbe perso il suo interesse, ma poiché ne rimanevano solo la facciata aguzza e i muri perimetrali, a Marko sembrava, una volta varcato il portale, di entrare in un regno magico. Malgrado la totale mancanza del tetto, si sentiva in un “dentro” e gli pareva che la neve accumulata sulle pietre sparse disegnasse sagome di spettrali monaci in preghiera. Era una delle poche concessioni che faceva all’irrazionalità.
Se la morte per avvelenamento, all’interno di uno scompartimento del treno, è un omaggio al giallo classico, il successivo spostamento dell’indagine per le strade e i locali malfamati della città di Tallinn è invece legato al poliziesco contemporaneo, nato nelle pagine dei romanzi noir di Dashiell Hammett e Raymond Chandler. Si tratta di una “suddivisione ormai tradizionale fra due diverse tendenze giallistiche, quella inglese e quella americana. Carloni, nel suo Indagine sul giallo italiano, definisce la prima come tendenza statico-enigmistica, la seconda come tendenza dinamico-realistica.” (Michele Righini, Città degli incubi, in Luoghi della letteratura italiana, a cura di G. M. Anselmi e G. Ruozzi, Mondadori, Milano, 2003, p. 143).
La ricerca della verità, in Il treno per Tallinn, richiede infatti, oltre che il ragionamento logico, una “forte dose di azione fisica da parte del detective” (Righini, 2003, p. 144). Arno Saar abbandona, dopo i primi capitoli “statici”, l’indagine poliziesca classica, e immerge il suo protagonista prima nella città estone di Narva, al confine con la Russia, e poi nei vicoli e nelle piazze di Tallinn, costringendolo ad affrontare anche scene di azione violenta (il protagonista finisce in ospedale dopo essere stato pestato in un agguato), che richiamano in modo evidente i romanzi di Hammett. Marko Kurismaa, protagonista del libro, è così costretto a confrontarsi con puttane, truffatori, venditori di film porno, mafiosi russi. Arno Saar approfitta, infatti, dell’indagine poliziesca, per raccontarci la storia sociale e politica di una città e di conseguenza di una nazione.
… la macchina narrativa del poliziesco contemporaneo non vuole mettere in scena il ripristino dell’ordine violato dal delitto e la sua punizione ma rivelare un lato oscuro della società, un conflitto nascosto, un potere criminale. Diventare uno strumento di analisi e di denuncia.
(Elisabetta Mondello, La post-modernità allo specchio: le città del noir, in Roma noir 2011. Le città nelle scritture nere, a cura di E. Mondello, Robin Edizioni, 2011, p. 26)
Arno Saar funambola, dunque, tra giallo classico e contemporaneo, riuscendo a costruire una storia credibile e attuale, fino al colpo di scena finale, in cui è evidente l’omaggio ai romanzi del commissario Maigret di Georges Simenon.
Saar ha creato, inoltre, con Marko Kurismaa un personaggio affascinante che richiama alla mente grandi protagonisti del thriller come Arkady Renko di Martin Cruz Smith (Gorky Park – 1981), Xavier March di Robert Harris (Fatherland – 1992), e Bernie Gunther dello scrittore scozzese Philip Kerr (Trilogia berlinese).
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