Il libro di cui parliamo oggi, qui al Thriller Café, è un romanzo fresco di stampa: Il volto dell’assassino della scrittrice inglese Amy McLellan, edito da Corbaccio.
Prosopoagnosia. È un disturbo neurologico che impedisce di riconoscere i volti delle persone. Per quanto insolito, questo deficit percettivo non è un’invenzione letteraria: coloro che ne sono affetti vedono a tutti gli effetti i volti, ne distinguono caratteristiche ed espressioni, ma non sono in grado di riconoscerli. Il mondo che li circonda si trasforma così in una foresta di sconosciuti, di macchie indistinte, dove è impossibile capire chi è chi, di chi fidarsi e chi, invece, sarebbe meglio evitare.

La protagonista della storia, Sarah Wallis, è affetta da questa patologia. L’ha contratta più di vent’anni fa, in seguito a un tragico incidente automobilistico, che le ha anche cancellato la memoria. Il suo passato è come oscurato da una fitta nebbia, in cui è difficile distinguere i dettagli. Oggi vive con la sorella vedova, Joanna, che si prende cura di lei, e il nipote James, in una villetta nella campagna inglese.

Il sipario si apre su una tranquilla serata domestica: le due sorelle guardano una serie televisiva, sorseggiando un calice di vino. Qualcuno suona alla porta. Joanna va ad aprire, ma il visitatore la aggredisce. Sarah, sentendo il trambusto, cerca di intervenire, ma l’uomo, con un cappuccio e un pile nero da motociclista calato sul volto, la mette facilmente fuori combattimento, colpendo poi più volte la sorella con un coltello da macellaio trovato in cucina.

Adesso Sarah è sola: per quanto non sempre accogliente, il nucleo famigliare che la proteggeva dagli spigoli del mondo esterno non esiste più. La polizia inizia le indagini e arriva addirittura a sospettare che sia stata lei a compiere il crimine. Per scoprire la verità e trovare l’assassino, Sarah dovrà fare ricorso a tutte le sue risorse e confrontarsi con la propria disabilità e con sé stessa. Da Edipo in poi, sappiamo bene che “conoscere se stessi” è un’impresa tutt’altro che facile, e anche poco piacevole.

Il volto dell’assassino è a tutti gli effetti un thriller psicologico, un romanzo di grande suspense ambientato in uno dei più affascinanti scenari possibili: la mente umana. In questo caso, il problema cognitivo della protagonista aggiunge efficacemente un “giro di vite” alla vicenda. Attraverso la grande abilità narrativa di Amy McLellan, ci troviamo immersi in un mondo che è al tempo stesso familiare e straniante, viviamo la realtà alternativa e terribile di chi non può trovare appigli in un volto familiare. Con lo svilupparsi della storia, poi, ci troveremo ancora più disorientati, in quanto anche il passato si rivela una terra sconosciuta che nasconde insidie insospettabili.

Oltre che una storia estremamente coinvolgente, con il ritmo dei migliori thriller, McLellan ci regala qualcosa di più: il ritratto complesso, stratificato, di un personaggio e anche una trama ricca di sottotesti. La vicenda in sé, infatti, è arricchita dallo sguardo sulla complessità di una vita danneggiata da un trauma e contiene anche diversi rimandi alla realtà, alternativa ma non per questo meno “reale” e pericolosa, dei social media e di internet. Malgrado il gran numero di colpi di scena, poi, la scrittrice riesce a mantiene la coerenza e la credibilità della trama nel suo complesso, impresa tutt’altro che facile. Il risultato è sicuramente un prodotto di intrattenimento, ma di grandissima qualità.

Leggendo il libro possono venire in mente due riferimenti cinematografici fondamentali. Il primo è una vecchia pellicola del 1962, diretta da Robert Aldrich: Che fine ha fatto Baby Jane? Anche qui, infatti, ritroviamo la difficile convivenza tra due sorelle (impersonate da Joan Crawford e da un’agghiacciante Bette Davis), una delle quali ha avuto la vita spezzata da un incidente automobilistico. Anche a distanza di cinquant’anni, questo film ha conservato tutto il suo impatto e ve ne consigliamo caldamente la visione.

La seconda citazione, invece, è molto più recente: si tratta di Memento, diretto nel 2000 dal grande Christopher Nolan. In questo caso, l’assonanza con il nostro romanzo riguarda la difficoltà di sollevare il velo del passato causata da una patologia: alla prosopoagnosia di Sarah corrisponde la mancanza di memoria a lungo termine del protagonista del film. Se questi collegamenti cinematografici suscitano la vostra curiosità, vi suggeriamo di dare un’occhiata a questo approfondimento dove troverete il meglio del meglio dei film thriller psicologici.

 

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Il volto dell'assassino
  • McLellan, Amy (Autore)

Articolo protocollato da Gian Mario Mollar

Classe 1982, laureato in filosofia, Gian Mario Mollar è da sempre un lettore onnivoro e appassionato. Collabora con siti e riviste di ambito western e di recente ha pubblicato I misteri del Far West per le Edizioni il Punto d’Incontro. Lavora nell’ambito dei veicoli storici e, quando non legge, pesca o arranca su sentieri di montagna.

Gian Mario Mollar ha scritto 96 articoli: