In alcuni casi, la trasposizione cinematografica di un libro offre al personaggio un volto cui resta associato in modo indelebile. Pensiamo ad esempio a Robert Mitchum che impersona Philip Marlowe, al commissario Maigret interpretato da Jean Gabin o, in Italia, a Tino Buazzelli, nel ruolo di Nero Wolfe.

È questo il caso anche dell’investigatore privato Lew Archer, che nasce dalla penna di Ross MacDonald e, sul grande schermo, ha il volto di una star indiscussa come Paul Newman. Recentemente, la casa editrice True Crime ha riproposto una delle avventure più appassionanti di Archer, Il vortice (la cui prima edizione è datata 1950).  

Ciò non va inteso, naturalmente, come in tutti i casi citati, come un ridimensionamento del valore del romanzo, quanto piuttosto come una riprova dell’empatia che il protagonista sa ispirare, e che un attore di rango è in grado di incarnare sul grande o sul piccolo schermo.

A testimonianza, più nello specifico, del valore e della rilevanza di Ross MacDonald come autore, ricordiamo le parole del celebre critico Anthony Boucher che, già negli anni Cinquanta del secolo scorso, identifica in Dashiell Hammett, Raymond Chandler e lo stesso Ross MacDonald una sorta di trinità del genere hardboiled, ovvero quei polizieschi che, rispetto all’aspetto logico-deduttivo, privilegiano un realismo raramente cinico, ma certo senza sconti.

Hammett, si potrebbe dire, inaugura il genere, con romanzi come “Il falco maltese”, datato 1930, che ha per protagonista Sam Spade. Anche in questo caso, si realizzerà una splendida simbiosi col mondo del cinema, con una trasposizione che, undici anni dopo, avrà la regia di John Huston e il ruolo di Spade affidato a Humphrey Bogart.

Nel corso degli anni Trenta, Chandler raccoglie il testimone di Hammett e inventa il personaggio di Philip Marlowe, che colora il genere di una nota più ironica, a suo modo più carica di una qualche speranza.

MacDonald (pseudonimo di Kenneth Millar) chiude il terzetto, e, riconoscendo di ispirarsi a Chandler e soprattutto a Hammett, cerca di arricchire ulteriormente il quadro psicologico della vicenda, e in particolare del protagonista, Lew Archer.

Così anche nel caso di “Vortice”, datato 1950, che vedrà la sua versione cinematografica nel 1975, sempre con Paul Newman nel ruolo di protagonista, avendo per titolo “Detective Harper: acqua alla gola”.  In questo caso, la vicenda comincia con una lettera: anonima, sintetica e velenosa: “Caro signor Slocum, i gigli che marciscono puzzano più delle erbacce. Non è consapevole delle attività amorose di sua moglie?”.

La riceve il marito di Madge Slocum, ed è l’affascinante Madge a presentarsi ad Harper per chiedere il suo aiuto nell’identificare il ricattatore. Sembra una storia di infedeltà coniugale ma, una pagina dopo l’altra, ci rendiamo conto che la faccenda è più intricata e, possiamo dire, anche più sporca.

Molti sono gli interessi, e non soltanto le passioni che si agitano dietro le quinte, e forse prima ancora di rendersi conto di che razza di faccenda si trovi davvero per le mani, Archer si troverà coinvolto non più soltanto in un tentativo di ricatto, ma in un caso di omicidio. Come sempre, dovrà contare sulla propria intelligenza ma anche sulla capacità di agire senza esitare, talvolta anche spietatamente, per cavarsi d’impaccio.     

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Il vortice. Lew Archer (Vol. 2)
  • Editore: Time Crime
  • Autore: Ross MacDonald , Raffaella Vitangeli

Articolo protocollato da Damiano Verda

Genovese, classe 1985, ingegnere informatico, appassionato di scrittura. There’s four and twenty million doors on life’s endless corridor (ci sono milioni di porte lungo l’infinito corridoio della vita), cantavano gli Oasis. Convinto che anche giocare, leggere, scrivere possano essere un modo per tentare la scommessa di socchiudere qualcuna di quelle porte, su quel corridoio senza fine.

Damiano Verda ha scritto 56 articoli:

Libri della serie "Lew Archer"

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