Apriamo la settimana al Thriller Café con una recensione: protagonista oggi Derek Raymond, scomparso nel 1994; il libro di cui parliamo è Incubo di strada, da poco uscito per Meridiano Zero.
Titolo: Incubo di Strada
Autore: Derek Raymond
Editore: Meridiano Zero
Anno di pubblicazione: 2010
Traduttore: Vicentini M.
Pagine: 159
Ogni estimatore del genere noir più cupo e brutale non può non avere una sana polluzione, alla notizia della pubblicazione di un nuovo lavoro del compianto Derek Raymond. Ci troviamo questa volta di fronte ad una romanzo atipico rispetto alla produzione del nostro: efferatezze e crudeltà che avevano caratterizzato l’imprescindibile serie della Factory londinese, lasciano il posto ad una storia di grande passione amorosa ambientata a Parigi. State storcendo il naso? Raymond che parla d’amore? Ebbene sì, è di questo che leggerete in Incubo di strada, ma in egual misura leggerete di morte, e non la solita manfrina che sottolinea banalmente lo stretto legame tra eros e thanatos; Raymond, al contrario, narra dell’abissale distanza fra l’altezza di un sentimento ingannevolmente eterno e l’abisso di un mistero insondabile.
Il protagonista, Kleber, è un detective che lotta in un limbo psichico: sospeso dal servizio fino a nuovo avviso, è un quarantenne né simpatico né antipatico, carente d’empatia ma costantemente impegnato a tenere a bada il suo istinto di provare compassione. È innamoratissimo ed è ricambiato da Elenya, un’ex prostituta con la quale assapora autentici momenti di felicità che contrastano fortemente con i suoi incubi di strada, dove la violenza, a suo dire, non può essere estirpata dai cuori. Non ama il giorno e il suo migliore amico è un malvivente col quale oltre a rievocare episodi scolastici, discetta di filosofia apparentemente spiccia: perché è così persistente il crimine? Qual è il metro per misurare l’importanza della vita, costantemente minacciata da esso? E le persone morte hanno importanza? Per Kleber, sì. Non a caso, con dignità, ma anche con metodi duri, svolge un lavoro che gli consente di trovare chi le ha uccise. Ed è proprio per questi suoi modi e per questa sua icisività, che, una volta consegnato il distintivo, ha a che fare con furfanti che vogliono presentargli il conto, salatissimo: Elenya viene smembrata da un’esplosione e la vita dell’ex detective va in pezzi come è andata in pezzi la sua donna. Inizia per lui una precipitosa discesa negli inferi, dove il rapporto con la Grande Mietitrice diventa metafisico: Elenya gli parla da un altro dove, lo attira a sé, facendolo diventare un morto che cammina tra i vivi. Kleber continua a porsi quesiti che lo angustiano, arrivando a chiedersi se in questa vita sarà mai in grado di conoscere la verità.
L’umanità che incontra nella sua mesta perenigrazione è qualla alla quale ci ha abituati lo scrittore inglese, che in questa sede paragona i suoi figuranti a quelli rappresentati dal pittore Walter Sickert, raggiungendo con la scrittura gli stessi toni foschi e rassegnati.
James Ellroy ha raccontato, in occasione del lancio di Blood’s a rover, che la cosa più importante è essere amato da una donna, poiché al mondo non esiste altro, dando ampia conferma di ciò nel libro che ha scritto; Derek Raymond con uno stile altrettanto diretto anticipa questo tema di oltre vent’anni, senza ditirambi, dimostrando che l’esperienza accumulata sulla strada gli è servita moltissimo per la stesura dei suoi libri.
A tal proposito, ricordo che Marco Vicentini, patron di Meridiano Zero, nonché traduttore del romanzo in questione, a gennaio pubblicherà l’ardimentosa e rocambolesca biografia dell’autore: cari amici amanti del noir nuove polluzioni in vista!
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