Pubblicato da Newton-Compton sul finire del 2018, Inquisizione Michelangelo è il libro di Matteo Strukul che recensiamo oggi.
Michelangelo è un artista organico al potere, ha accettato che le sue opere glorificassero la Chiesa e nascondessero col loro splendore accecante il vero volto della corruzione e del dominio. Ma ora non può più far finta di niente davanti a sé stesso. Un vento nuovo, di riforme, arriva dal Nord Europa e lo scultore non è immune a quelle parole di cambiamento. Intanto però deve affrontare problemi più concreti: la commissione per la tomba di Papa Giulio II si è protratta per troppo tempo e Michelangelo non può più temporeggiare; all’artista viene imposto un ultimatum: dovrà realizzare la statua del Mosè.
Strukul non perde tempo: non solo chiarisce le forze in campo sin dalle prime righe, ma ci butta subito nell’azione senza prepararci, imbastendo una storia di intrighi di palazzo e sottobosco criminale. Potenti e manovalanza tramano, lottano, si tradiscono. Ognuno è sacrificabile per il proprio tornaconto. Il cardinale Gian Pietro Carafa (che i lettori dei Wu Ming hanno già incontrato in Q), capo dell’Inquisizione, ha il suo bel daffare per arginare le eresie che minacciano l’unità del cristianesimo. Dà ordine a Corsini, capo dei birri vaticani, di sorvegliare notte e giorno Vittoria Colonna, marchesa di Pescara, sospettata di intelligenze con Reginald Pole, cardinale inglese nemico di Carafa e sostenitore del dialogo con i protestanti. Corsini, tramite la cortigiana Imperia, affida l’incarico a Malasorte, una giovane che porta sin nel suo nome il destino che le è stato riservato.
Spinto dal desiderio di trovare risposte ai suoi dubbi, Michelangelo incontra Pole, la cui idea di Chiesa è in sintonia con quella dello scultore: un nuovo modo di concepire la religione che, rifiutando le indulgenze a pagamento e il mercimonio della salvezza, pone al centro la fede in Dio senza escludere le opere buone ma intendendole non più come mezzo per il Paradiso ma come conseguenze naturale del rapporto col Signore. Ciò, agli occhi di Carafa, rappresenta una minaccia gravissima: se anche un artista protetto dai papi si lascia irretire dalla nuova eresia, il pericolo è veramente grande. Entrando in contatto con quel gruppo di innovatori, Michelangelo ha messo la sua vita in pericolo.
Avrebbe combattuto con le armi che conosceva e che Dio gli aveva dato per urlare la sua verità.
Strukul si attiene alla storia (l’Ecclesia Viterbiensis del cardinal Pole è reale, così come la frequentazione del circolo da parte di Michelangelo) aggiungendovi personaggi secondari utili ad aumentare la dose di azione (ed una scena d’amore che merita menzione, descritta con raffinato erotismo). Con uno stile adatto a rievocare quei tempi passati, riesce ad evitare eccessi di divulgazione pop pur inserendo nella narrazione episodi celebri, come quello del “Perché non parli?” rivolto alla statua di Mosè. Coglie poi scorci originali: uno degli incontri tra Michelangelo e il cardinal Pole si svolge in una San Pietro scheletrica, che sull’antica basilica di Costantino vede sorgere solo gli abbozzi di quella che sarà la chiesa più famosa della cristianità accanto a rovine del passato. Un panorama spettrale ma denso di fascino.
Inquisizione Michelangelo è anche una rivendicazione del potere dell’arte, capace di incidere nella società quanto se non più della politica. La vicenda gira attorno a un libro, Il Beneficio di Cristo, che può far arrivare le emergenti visioni religiose a platee sempre più ampie. La scrittura, al pari della scultura e della pittura, diventa un’arma nel campo di battaglia della cultura.
Ma poi aveva capito che proprio quell’ambivalenza insopportabile uccideva l’uomo un po’ alla volta. Quella distanza che separava la parola e l’azione, quel pronunciare discorsi, scrivere bolle, proclamare tesi, senza che esse significassero assolutamente nulla perché, a determinare la pace, erano le azioni e la volontà.
L’autore padovano propone al lettore una storia pessimista, ma fino a un certo punto. Nonostante la sconfitta e tutto il dolore provato, Michelangelo, artista e uomo tormentato, conserva la sua missione di bellezza, il suo spirito, eterno come la città che ha contribuito a rendere grande.
Capì che la vita era come la scultura: per comprenderne la vera bellezza era necessario sottrarre, non accumulare. Scoprire la meraviglia che si celava nell’essenza proprio come mazzuolo e scalpello, se ben usati, potevano disvelare la perfezione di una forma più alta, modellata attraverso i pieni e i vuoti, indicata dalle linee invisibili che percorrevano come vene misteriose e arcane la materia pura del marmo bianco.
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