Oggi incontriamo Emilio Martini, solo virtualmente perché l’autore a discapito dei tanti che cercano notorietà attraverso i propri scritti preferisce rimanere nell’anonimato e lasciare che siano i suoi romanzi a presentarlo nel modo migliore. Martini è uno scrittore esordiente, anche se il suo debutto letterario ci sembra più che altro uno stratagemma editoriale, dal momento che il suo scritto è a tutti gli effetti di grande portata narrativa. Non che gli esordienti non possano avere tale qualità, ma ne ‘La regina di catrame‘ edito da Corbaccio, si evince una narrazione scafata, maliziosa quanto basta, capace di inserire nei punti giusti indizi narrativi per creare una trama semplice ma ben congeniata. Insomma un romanzo degno di stare al fianco di autori di caratura internazionale. Ciò che aiuta a creare l’alone di mistero che si addice ad un buon thriller è il personaggio del romanzo che a detta dello scrittore è un vice questore aggiunto in ‘carne e coda’… sì perché Gigi Bertè calabrese di nascita ma milanese di adozione che vive in Liguria, esiste davvero, ispirando Emilio Martini al punto giusto. Ora sembrerà superfluo forse precisare che Bertè si troverà alla prese con un caso di omicidio da risolvere e che Martini ha fatto di tutto attraverso la sua penna per risolvere il caso, ma senza dipingere Bertè come un superuomo dalle capacità fuori dal comune, lasciando che la realtà sfoci tra le pagine in modo naturale.
D: Buongiorno e benvenuto al Thriller Cafè… Per iniziare le chiediamo, Gigi Bertè per forza di causa maggiore si trasferisce da Milano a Lungariva, perché ha scelto proprio la Liguria?
R: Quando ho informato il vero Bertè che, per questioni narrative, l’avrei trasferito da Milano in un altro posto, gli ho chiesto dove voleva andare. Lui mi ha risposto: in Liguria. C’è il mare, si mangia bene e… si incontrano donne particolari. E soprattutto la Riviera è vicina a Milano.
D: Un racconto noir ma tinto di sfumature colorate, è una tendenza tutta italiana o una sua prerogativa?
R: Non credo sia una mia prerogativa, i generi hanno spesso sbavature di colore. Il noir è un racconto amaro, con toni e contenuti duri, che non finisce bene, ma lascia sempre una punta d’inquietudine. Le indagini di Berté non appartengono al noir puro: Berté è un buono, un personaggio positivo che alla fine scopre il colpevole. Le storie nate dalla sua fantasia invece ricreano l’atmosfera del noir. E’ in quei racconti che Berté mette i suoi fantasmi e le sue paure.
D: Allora perché non dare al comandante Barbagelata, nato da un racconto di Bertè, un intero romanzo piuttosto che relegarlo a un racconto nel racconto?
R: Chissà, forse un regista si appassionerà alla storia e ci farà un film. Anche ‘Uccelli’ di Hitchcock è tratto da un racconto di Daphne du Maurier e non da un romanzo.
D: C’è una certa curiosità riguardo alla sua identità, è una scelta editoriale o è personale il motivo per cui non si conosce il suo vero nome?
R: Scelta personale. Basta incensare gli autori! Per me conta di più il testo.
D: Con quale spirito ha iniziato le indagini del commissario Bertè?
R: L’ho incontrato in un commissariato, ed era così ‘vero’ da sembrare un personaggio letterario. Mi ha ispirato subito: un gigante dagli occhi neri con dentro la sana rabbia che non dà tregua ai criminali e li fa tremare negli interrogatori. Gli ho chiesto se potevo parlare di lui. Mi ha detto: sì, ma non rivelare il mio nome. Se è per questo, gli ho risposto, non rivelerò nemmeno il mio.
D: E con quali aspettative?
R: Ah, nessuna. Non ho santi in paradiso. Il mio intento è quello di divertire i lettori e me stesso.
D: Con noi ci è riuscito e crediamo di poter parlare anche per gli altri lettori cha l’hanno letta. Ha dato al suo personaggio un aspetto alquanto originale, coda di cavallo, abita in una pensione e ama scrivere racconti… come è arrivato a concepire il suo protagonista?
R: Un misto di realtà e fantasia. La coda che mi ha folgorato è in realtà più lunga e crespa di quanto immaginiate… altre caratteristiche le ho aggiunte io, ma il vero Berté è soddisfatto.
D: Legge i thriller scritti da altri?
R: Sì. In circolazione ce ne sono di interessanti. Non leggo solo thriller, però.
D: Cosa le piace del genere thriller?
R: Mi piace il genere, anche se sono contrario alle definizioni assolute. Mi piacciono i romanzi belli, che siano thriller, gialli, rosa o neri non mi importa.
D: Anche lei ama il caffè come Bertè?
R: Sì, ne sono del tutto dipendente e non intendo smettere.
D: Un libro che non è riuscito a finire?
R: Non li elenco perché non vorrei dimenticarne qualcuno… battute a parte, non mi piace fare il critico letterario; quello che non piace a me, può piacere ad altri. Il fascino dei libri è proprio questo.
D: Sarà possibile incontrarla a qualche presentazione letteraria?
R: Voi mi potrete anche incontrare, ma non saprete che sono io.
D: Ah… un vero peccato. Come le piacerebbe però essere presentato?
R: Parlare di me mi imbarazza enormemente. Il modo migliore per conoscermi è leggere le storie di Berté, c’è molto di me in quelle pagine.
D: Bene, continueremo a seguirla nelle sue fatiche letterarie. Ci lascia con un saluto agli amici di Thriller Cafè?
R: Amici di Thriller Café, vi voglio salutare con un haiku di Yosa Buson che illustra il motivo per cui scrivo…
Pioggia di primavera
Colui che non può scrivere
Come diventa triste!
D: Grazie! Rende bene l’idea…
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