Ospite oggi al Thriller Café Gianluca Ferraris, autore di Gioco sporco, recensito sulle nostre pagine qualche settimana fa. Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui: ecco cosa n’è uscito.
[D]: Com’è nato Gioco sporco?
[R]: Il libro nasce dall’osservazione di un fenomeno molto diffuso ma poco raccontato: la presenza e la pervasività della criminalità organizzata nel mondo del gioco, non solo in quello illegale. Una tendenza che, dopo alcuni anni di disorientamento da parte dei clan colpiti dalla repressione e dalla regolamentazione del mercato, adesso è esplosa di pari passo con l’aumento degli scommettitori e delle possibilità di gioco.
[D]: Da dove hai preso l’ispirazione?
[R]: Dalla vita di tutti i giorni, come dovrebbe sempre accadere per un romanzo di questo tipo. Da decine di sentenze e ordinanze di custodia cautelare che mi sono passate sotto gli occhi negli ultimi anni, che sembravano sceneggiature fatte e finite di un B-movie di mafia. Dal bar sotto casa mia dove prima di riuscire a pagare il caffè, la brioche, le sigarette, ti tocca fare a sportellate con la massaia che gioca al Superenalotto, con l’operaio che cerca un Gratta&Vinci qualsiasi, con lo studentello che prova ad azzeccare i risultati delle partite. Stanno lì, tutti in fila per comprarsi un pezzo di sogno a buon mercato. E sui loro sogni speculano in tanti.
[D]: In quanto tempo hai scritto il libro?
[R]: Molti si stupiscono quando rispondo che ci ho messo poco più di tre mesi. In realtà la raccolta dei materiali ha richiesto più tempo, ma una volta ideata la struttura sono andato avanti velocemente. Poi facendo il giornalista sono per natura abituato a lavorare in fretta, con la differenza fondamentale che scrivere un libro ti permette a volte di andare a braccio: ci si sfoga e ci si diverte molto di più.
[D]: Notti insonni?
[R]: Sì, qualcuna, ma non è un grosso problema se stai creando. Le notti insonni diventano un guaio quando ti prendono a tradimento e non hai niente da fare se non pensare alla tristezza della vita reale. Per questo scrivere di notte lo trovo bellissimo: nel momento in cui tutti rincorrono le ombre, tu puoi divertirti a crearne altre che non siano le tue. Non è male.
[D]: Dicono del tuo libro che sembra proprio un’inchiesta truccata da romanzo. Hai una risposta da dare? E come definiresti questo romanzo?
[R]: Per certi versi è vero. Anzi, visto che si tratta di situazioni che hanno già avuto molti riscontri dalla cronaca giudiziaria, la primissima idea era stata proprio quella di scrivere un saggio. Poi dopo una lunga chiacchierata con Francesco Colombo, che è l’editor di Giorgio Faletti e sarebbe diventato anche il mio, abbiamo deciso insieme di misurarci con qualcosa di diverso, di più ampio respiro, e che contemporaneamente mi desse la possibilità di raggiungere il pubblico nel miglior modo possibile. La stessa cosa che da anni, e molto meglio di me, scrittori come Massimo Carlotto, Wu Ming o Sandrone Dazieri. Gioco sporco è nato così, e credo che abbia tutti gli ingredienti per essere definito un romanzo dal punto di vista narrativo.
[D]: Ho visto che alla fine del libro hai una lista di persone che ringrazi sentitamente. Qual è stato il miglior consiglio che hai avuto mentre scrivevi il romanzo?
[R]: Quello di mia moglie, alla quale come a ogni compagna tocca sempre sorbirsi le prime bozze. Dopo dieci pagine scarse mi ha detto: «Guarda che questo più che Goodfellas sembra un articolo di giornale che cita Goodfellas. Dimenticati del lavoro che fai e scriverai meglio». Da quel momento tutte le volte che ho potuto mi sono allontanato dalla scrivania e dalle ore diurne. Aveva ragione lei.
[D]: E’ indubbio che Gioco sporco denuncia per l’ennesima volta le infiltrazioni della criminalità organizzata nel nostro tessuto sociale, in forte espansione in alcuni settori e soprattutto nelle regioni ricche del nord Italia. Hai una concreta soluzione da proporre ai nostri governanti per arginare il fenomeno?
[R]: L’unica soluzione possibile, come diceva Giovanni Falcone, è quella di prosciugare il bacino dove nuotano i criminali. Togliere loro le certezze ambientali in cui si muovono e prosperano, e soprattutto aggredire i loro patrimoni. Maroni oltre a catturare i latitanti sta facendo un lavoro importante anche da questo punto di vista: sequestri e confische sono in deciso aumento. Eppure qui a Nord politica e sistema economico continuano a dare l’impressione di nascondere la testa sotto la sabbia.
[D]: Vuoi dire qualcosa al nostro «Stato biscazziere?»
[R]: La liberalizzazione dei giochi, che in teoria doveva servire a far emergere il «nero» mettendo all’angolo il business mafioso, non ha fatto invece che accelerarne la crescita. E ormai gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: per cautelarsi non basta appiccicare un bollino sulle slot machine. Ma è chiaro che nessuno Stato rinuncerebbe a tenere la presa su un settore che gli consente di incamerare 7 o 8 miliardi di tasse l’anno.
[D]: Voglio farti la stessa domanda che qualche tempo ho fatto a Massimo Maugeri in occasione di un passo di Le città invisibili di Italo Calvino che riporto: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui; l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrire. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Ci spieghi qual è il tuo inferno?
[D]: Dici che Calvino si rivolterà nella tomba se rispondo che la penso esattamente come lui? Scherzi a parte, mai come di questi tempi è vero che l’inferno siamo costretti ad affrontarlo ogni giorno. Il mio personalissimo inferno è quello fatto di giorni tutti uguali, dove non riesci a trovare il tempo per coltivare passioni e affetti. Il mio personalissimo inferno è un orologio che corre più veloce di me. Gli antidoti a cui ricorro per non restare intrappolato sono banali, ma funzionano: scrittura, amore, amici, calcio e cibo. Rigorosamente in quest’ordine e provando a mischiarli il più possibile.
[D]: Nel libro ci regali un magnifico incipit degno di uno scrittore di bestseller di libri noir. Anche qualche altro capitolo veleggia su questi ritmi narrativi, e inoltre la caratterizzazione psicologica dei personaggi, è intensa e veramente ben tratteggiata. Ti chiedo: hai mai pensato di scrivere un bel noir, o un thriller?
[R]: Naturalmente sì, ma non è facile. Oltre a tutto quello che hai descritto occorre una trama solida, credibile, e che senza concedersi voli pindarici riesca comunque a sorprendere e mantenere la tensione costante pagina dopo pagina. Con Gioco sporco ci sono riuscito perché maneggiavo molto bene la materia e perché, in fondo, non c’era troppo da inventare. Perché l’alchimia si ripeta devo trovare un’altra storia che colpisca me, prima di un eventuale lettore. Fortunatamente gli spunti non mancano.
[D]: Nel romanzo contrapponi con rassegnata ferocia il tema dell’innocenza di una povera ragazzona con problemi psichici a quello della crudeltà mafiosa di due scagnozzi della mala. Da dove hai preso lo spunto per scrivere una pagina di così intensa e amara scrittura?
[R]: Anche in questo caso non ho dovuto inventarmi nulla, purtroppo. Episodi così si verificano di continuo, ce n’è stato uno molto simile in provincia di Avellino un paio di anni fa. Altri li ha raccontati Sergio Nazzaro, un bravissimo scrittore napoletano, nel suo sottovalutato Io per fortuna c’ho la camorra. Il tratto comune è che non esiste più, ammesso che ci sia mia stata, una criminalità etica o rispettosa dei più deboli. Quella è vera fiction. In particolare le nuove leve ormai sono fuori controllo.
[D]: Cosa ami di più del tuo romanzo?
[R]: Il fatto che esista. Che sia stato concepito. Che sia nato. E che sia molto simile a come immaginavo sarebbe stato il mio primo romanzo. Balsamo per il mio ego.
[D]: Cosa ti è piaciuto di più quando hai riletto il romanzo?
[R]: Alcuni passaggi che avevo scritto davvero di fretta, come il meeting d’affari tra il Ragioniere e lo Slavo: è come se quella fretta fosse rimasta in pagina, creando la giusta tensione. Sicuramente è solo un caso, però mi piace vederla così.
[D]: Cosa c’è nel futuro di Gianluca Ferraris?
[R]: La sfera di cristallo non ce l’ho e per giunta l’oroscopo di Branko su Chi dice che mi trovo nel pieno del mio quadrimestre nero. Di sicuro vorrei continuare a scrivere libri, perché come ti ho detto sono una valvola di sfogo eccezionale per chi fa il giornalista. Ho tre o quattro idee in fase di valutazione da diversi editori: saggi, un romanzo, un racconto breve. Ci sono anche stati degli approcci dall’estero e dal mondo del cinema per i diritti di Gioco sporco, ma è davvero troppo presto per dire se si concretizzerà qualcosa.
[D]: Domanda alla Marzullo: “Fatti una domanda e datti una risposta”
[R]: Sei felice? A tratti. Ma non sono appagato. Chi smette di battersi vive solo a metà.
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