Al Thriller Café oggi gradito ospite è Massimo Lugli. Di recente è uscito il suo nuovo romanzo, a quattro mani con Antonio Del Greco, dal titolo Inferno Capitale, e oggi scambiamo con lui due chiacchiere spaziando in lungo e in largo tra arti marziali, scrittura di thriller e ispirazione da vicende reali.

Ecco quanto ci siamo detti.

Ciao Massimo, benvenuto al Thriller Café. Una domanda semplice per cominciare: chi è Massimo Lugli nella vita e come scrittore?

Nella vita sono stato soprattutto un cronista di nera. Per quarant’anni mi sono occupato di terrorismo, omicidi, sequestri, violenze di ogni tipo e ho vissuto, da giovane giornalista di Paese Sera, la stagione degli Anni di piombo. Successivamente sono entrato a Repubblica e, come inviato speciale, ho continuato a seguire la nera locale e nazionale. Credo di essere uno dei pochi giornalisti italiani che non ha mai cambiato settore e, tranne un breve periodo, non ha mai fatto desk. Quanto alla vita privata sono divorziato, single, non ho figli e fin dall’infanzia pratico con grande passione le Arti Marziali (attualmente da oltre 30 anni tai ki kung e wing tsun). Se non avessi avuto la passione per il giornalismo, probabilmente, sarei diventato istruttore professionista e avrei aperto un dojo. Sono tiratore sportivo, ho sette pistole e due carabine e vado a sparare come minimo due volte la settimana. Sono un lettore compulsivo (quattro o cinque romanzi al mese) e, fin quando si è potuto, un cinefilo da due film alla settimana minimo. Credo anche, dopo un’adolescenza e una gioventù turbolenta e sregolata, di essere diventato più saggio, più pacato e, in una parola, più taoista. Ah, dimenticavo: scrivo anche sonetti in romanesco (uno dei quali è stato il mio saluto alla professione quando sono andato in pensione ed è stato pubblicato sul sito dell’Associazione stampa romana), haiku zoppicanti e poesie d’amore (orrende) che non darò mai alle stampe. Lo faccio per divertirmi e come piccolo sfogo personale.

Il tuo lavoro ti ha aiutato a diventare uno scrittore di giallo/thriller?

Sì, il lavoro di cronista e la scrittura professionale sono stata la base per il mio lavoro di scrittore. Da ragazzo pensavo che se fossi riuscito a pubblicare un libro sarei stato un uomo felice. Ci ho anche provato a 22 anni con un romanzo tanto folgorante che non ha mai trovato un editore…Ora ne ho pubblicati ventuno, non sono un uomo felice ma ho la consapevolezza, nel mio piccolo, di aver raggiunto qualche risultato.

Dagli esordi a oggi: cosa è cambiato in te come scrittore?

Il mio primo romanzo pubblicato era “L’Istinto del Lupo”. Ci ho messo quasi quattro anni a scriverlo e quando la Newton Compton mi ha comunicato che era stato accettato beh…è stato un giorno memorabile. A rileggerlo oggi vedo parecchie ingenuità, nei dialoghi e nella trama, ma anche molta freschezza ed entusiasmo. Oggi scrivo di media due romanzi l’anno e, secondo il mio editore, stile, tenuta e ritmo sono molto migliorati. Il fatto è che tutto, col passare del tempo, diventa mestiere.

Qual è la storia a cui sei più affezionato?

Come romanzo sono particolarmente affezionalo a “Il Guardiano”, terza avventura del mio alter ego letterario Marco Corvino e che è ambientato nel mondo delle Arti Marziali. Come giornalista la vicenda che mi ha più colpito è stato l’omicidio di Cristina Capoccitti, 6 anni, assassinata dallo zio Michele Perruzza il 24 agosto 1990 a Balsorano. Per una volta mi sono lasciato coinvolgere emotivamente, ho scritto ai genitori, li ho incontrati e ho pianto e pregato per quella ragazzina innocente. Nel lavoro di un nerista le emozioni sono un ostacolo ma in quell’occasione la mia freddezza professionale è andata a farsi benedire e va benissimo così. Non scriverò mai un romanzo sul dramma di Balsorano, quella vicenda è blindata nel mio cuore.

Da poco è stato pubblicato Inferno Capitale, con Antonio Del Greco. Cosa ci puoi dire su questo romanzo?

Inferno Capitale è una storia di fantasia. Antonio e io immaginiamo una serie di omicidi a sfondo sessuale che gettano Roma nel panico. La storia, come gran parte dei nostri romanzi, è vista e narrata dalla doppia ottica del poliziotto e del giornalista e credo siamo riusciti a realizzare una trama molto tesa e avvincente e un finale assolutamente inaspettato.

Qual è la cosa che i lettori potrebbero apprezzare di più e perché?

I lettori che seguono i romanzi scritti da me e Antonio entrano, fisicamente, nelle stanze degli investigatori e nella redazione di un quotidiano. Credo che questo sia il nostro punto di forza. Non voglio criticare nessuno ma molti autori di noir o thriller made in Italy non sono mai stati in un commissariato o in una stazione di polizia, non hanno mai visto un cadavere in mezzo alla strada, non hanno mai impugnato un’arma da fuoco… Le nostre trame sono tutte, in qualche modo, legate alla realtà e spesso hanno più ritmo di una fiction televisiva.

Quanto è difficile scrivere di una protagonista donna (in questo caso Angela Blasi) e come mai questa scelta?

Angela Blasi è un personaggio di fantasia, anche se ha parecchi tratti in comune con molte poliziotte che Antonio e io conosciamo bene. Volevamo uscire dallo stereotipo dello sbirro tosto, violento, in conflitto perenne coi superiori e magari gourmet e outsider. Di Camilleri, riposi in pace, ce n’è stato uno solo. Un’investigatrice donna ci ha dato l’occasione di parlare anche della vita privata, della solitudine, delle relazioni effimere, dei dubbi e della difficoltà di farsi strada in un ambiente sostanzialmente maschilista anche se, oggi, molte cose sono cambiate. Penso che sia Antonio che il sottoscritto siano un po’ innamorati di Angela Blasi.

Da scrittore a giurato di concorsi, esempio Città di Grottammare. Cosa ne pensi dei concorsi letterari per scrittori emergenti?

Sono molto favorevole ai concorsi letterari per narratori emergenti e considero un grande onore essere stato chiamato a far parte della giuria del premio Città di Grottammare. Pubblicare, oggi, è sempre più difficile, anche considerata la grave crisi dell’editoria in generale e queste occasioni sono un ottimo trampolino di lancio. A volte (ma ahimè, raramente) mi capita di leggere dei testi veramente sorprendenti e non è raro che qualcuno dei partecipanti a questi concorsi finisca per diventare uno scrittore “vero” (se il termine ha un senso. Io sono uno scrittore vero? Boh)

Progetti per il futuro?

Attualmente sto finendo un romanzo distopico, ambientato in un futuro in cui pandemie, crisi energetica ed economica, accumulo di rifiuti e ingiustizie sociali hanno diviso l’umanità in due grandi categorie: gli Esclusi, ridotti a uno stato quasi primitivo e i Regolari che continuano a vivere blindati nelle loro ville protette da guardie armate. Un romanzo d’avventura, scontri, sesso, separazioni e ritrovamenti che mi sta prendendo molto. Quando avrò consegnato inizierò a lavorare a un nuovo progetto con Antonio Del Greco e, in seguito, dovrei cimentarmi in una sorta di Dinasty criminale romana, dagli anni 70 ai giorni nostri. Sarò impegnato per almeno un anno e mezzo, inshallah.

C’è qualcosa che vuoi dire ai tuoi e nostri lettori?

Per quello che possono valere i consigli di un vecchio tacchino come me direi di scrivere ogni romanzo come se fosse il primo e l’ultimo. La letteratura è vita. Bisogna immergersi nel personaggio e nel contesto e quando scrivo (cioè sempre) mi sembra di vivere su un doppio binario, quello della realtà e quello della fantasia. Ma la cosa più importante per uno scrittore è la disciplina: almeno un’ora al giorno al computer anche se avete la testa vuota. Le idee verranno. Nelle Arti Marziali si dice: ogni giorno bisogna mangiare, ogni giorno bisogna praticare. Vale anche per la scrittura creativa. Così parlò il Vecchio Saggio e nessuno lo ascoltò (per fortuna).

Grazie per essere passato al Thriller Café, Massimo, e in bocca al lupo per i nuovi progetti.

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Articolo protocollato da Giuseppe Pastore

Da sempre lettore accanito, Giuseppe Pastore si diletta anche a scrivere e ha pubblicato alcuni racconti su antologie e riviste e ottenuto vittorie e piazzamenti in numerosi concorsi letterari. E' autore (assieme a S. Valbonesi) del saggio "In due si uccide meglio", dedicato ai serial killer in coppia. Dal 2008 gestisce il ThrillerCafé, il locale virtuale dedicato al thriller più noto del web.

Giuseppe Pastore ha scritto 1638 articoli: