Incontriamo oggi al Thriller Cafè Maurizio De Giovanni, autore de Il metodo del coccodrillo edito da Mondadori.
Vincere un concorso letterario (Tiro Rapido) è stato per Maurizio De Giovanni l’input per iniziare a scrivere sul serio e farsi conoscere dal pubblico. Scrittore per caso, di quelli che scrivono al momento giusto una storia giusta e vengono scoperti, in questo caso però non si parla solo di fortuna, ma di capacità, perché se è vero che un pizzico di fatalità esiste, è anche vero che i contenuti ci sono tutti per avvalorare la tesi di una scrittura che da emergente diventa professionista in un voltar di pagina.
Il commissario Ricciardi e la Napoli del periodo fascista cui Maurizio ci aveva abituato hanno lasciato il posto al commissario Lojacono e se sembrava difficile o arduo imbattersi in un’ambientazione così anacronistica, lo è altrettanto con i romanzi che raccontano la realtà di oggi senza cadere nell’ordinario. Maurizio ha saputo fin da subito incuriosire il lettore più scettico, più pretenzioso e scafato, attraverso una scrittura che punta dritto al suo senso più tangibile, quando le parole ti portano a vivere l’ansia dei protagonisti o quando un angolo di un sobborgo è descritto tanto bene da percepirne quasi l’odore di umidità e trascuratezza. Una scrittura autentica che scava nella mediocrità di vite comuni esaltando al contempo i sentimenti e le pulsioni umane, senza fare demagogia perché Maurizio non veste i panni del ‘professore’, bensì di colui che si mette dalla parte della gente per mischiarsi a loro e divenire elemento egli stesso di quella realtà che racconta con tanta veridicità da trasudare mistero ma al tempo stesso spensieratezza. Perché si arriva ad uccidere? E che effetto ha la morte sulle persone che l’avvicinano? Lojacono, personaggio disilluso, ferito e solitario è capace di stupire con deduzioni acute e una professionalità nata da una vera propensione al mestiere, in una Napoli che non dimentica la sua natura scanzonata ma anche il suo lato più oscuro. Proviamo a conoscere meglio il nuovo ‘Pigmalione’ della letteratura noir italiana capace di dare forma a un’idea tanto da affezionarsi ad ogni sua opera.
[D]: Ciao Maurizio e grazie di esserti seduto al nostro bar. Incominciamo con una domanda che avrebbero voluto farti molti dei tuoi affezionati lettori… È stata una scelta personale quella di cambiare protagonista al nuovo romanzo o scelta editoriale?
[R]: Ricciardi è in crescita costante e infatti mi avevano sconsigliato di scrivere altro, ma questa nuova storia ce l’avevo in testa da tempo. L’avevo pensata come una storia per il cinema, poi siccome Mondadori mi ha chiesto una vicenda dura, aspra, l’ho scritta da un punto di vista editoriale. Era una sfida con me stesso per provare a vedere se riuscivo a scrivere una storia più contemporanea.
[D]: I tuoi romanzi precedenti erano ambientati negli anni ’30, quali le difficoltà di ambientare un romanzo nel nostro tempo?
[R]: La storia è solo una storia e la mia è una scrittura semplice, non elaborata, fa da accompagnamento alla vicenda stessa senza pretese. Non è stato difficile, è nata e cresciuta nella Napoli di oggi, senza bisogno di approfondimenti. È come se chiedeste a una mamma se è più semplice fare un figlio maschio o femmina…
[D]: A chi ti sei ispirato per dar vita a Lojacono ne “Il metodo del coccodrillo”?
[R]: Non ho avuto un’ispirazione, anche se i tratti somatici sono dell’ispettore Carella, personaggio di uno scrittore che adoro… Ed McBain. Il mio protagonista in fondo è un uomo del nostro tempo che in un attimo ha perso tutto quando un collaboratore di giustizia ha fatto il suo nome.
[D]: Pensi di aver deluso qualcuno cambiando personaggio?
[R]: Mi auguro di no e a giudicare dai feedback, mi pare di no (ride).
[D]: Ti definisci uno scrittore per caso, perché?
[R]: Ho cominciato a scrivere a 48 anni. Preferisco definirmi un lettore professionista, sono univoco, leggo per natura. La lettura è la cosa più bella che si possa fare. L’uomo svolge un’attività leggendo, quella di immaginare. Scrivere infondo non è che mi piaccia, sono pigro. Se ho un po’ di tempo preferisco leggere.
[D]: Come sei diventato uno scrittore?
[R]: Alcuni amici mi hanno iscritto a un concorso letterario con cui ho vinto grazie al personaggio di Ricciardi, uscito poi su l’Europeo. Un’agente letterario lo ha visto e mi ha chiesto un romanzo. Ho sempre pensato che lo scrittore è baciato dal talento, io non mi ci sento proprio… Scrivo perché mi chiedono di farlo.
[D]: Oltre a essere molto bravo sei anche modesto… Nel romanzo non mancano battute ironiche, l’ironia fa parte degli italiani?
[R]: Sì, l’ironia e il sarcasmo sono elementi che soprattutto per noi napoletani hanno radici profonde. Qualsiasi storia scritta a Napoli non può prescindere dal registro nero e sarcastico. La parte del libro di Saviano sui soprannomi dei camorristi è comico ma allo stesso tempo nero… sono aspetti della nostra società.
[D]: Cosa ti fa paura?
[R]: La salute delle persone care.
[D]: E’ un bel pensiero… Cosa ti piace della letteratura?
[R]: Non c’è nulla che non mi piaccia, dal romanzo al saggio, anche di autori meno noti.
[D]: Cosa pensa la tua famiglia della tua carriera di scrittore?
[R]: A parte prendermi per il c…? (ride) Ho un figlio di 20 e un altro di 23 anni e vi posso garantire che la loro attività principale è appunto prendermi in giro.
[D]: Ma li leggono i tuoi libri oltre che a schernirti?
[R]: Sì, ma mi criticano moltissimo… in questo ultimo lavoro avrebbero voluto un finale differente.
[D]: Abbiamo letto che scrivi i tuoi romanzi nel giorno di tre settimane, come ci riesci?
[R]: Nel periodo delle ferie… prima mi preparo facendo delle ricerche, la scrittura è la parte più semplice anche se quando mi ci dedico mangio avanzi, mi lavo poco e male e la famiglia facendo finta di rispettare che papà scrive, si vergogna. Infondo devi solo raccontare una storia, non divaghi, non devi spiegare le origini del mondo.
[D]: La trascuratezza fa parte del mestiere dello scrittore nella fase creativa… e se poi i risultati sono quelli che leggiamo, ben venga… Nel libro c’è una presunta corruzione, degli omicidi, un uomo che deve riscattarsi, non temi gli stereotipi?
[R]: Credo che il terrore dello stereotipo, la ricerca ossessiva dell’originalità mini il racconto. La storia deve rimanere realistica, se cerchi di strafare rischi di scrivere qualcosa di inverosimile.
[D]: Da bravo napoletano qual è il tuo piatto preferito?
[R]: La genovese… salsa di cipolle che si digerisce dopo tre giorni ma è buonissima. Quando venite a Napoli vi porto a mangiarla.
[D]: Per le strade qualcuno ti riconosce?
[R]: Molti sì… oramai… perché partecipo alla vita della città, cerco di essere presente. Amo i miei lettori e condividere i miei pensieri.
[D]: Nelle dediche sui libri usi sempre le stesse frasi o cerchi di essere originale?
[R]: Cerco di cambiarla ogni volta.
[D]: Fai una dedica virtuale anche a noi del Thriller Cafè?
[R]: Agli amici del Thriller Cafè che sono dentro alle mie storie…
[D]: Grazie Maurizio! Troveremo Lojacono anche in altri romanzi?
[R]: Non lo so, per ora ho firmato un contratto per un solo romanzo…
[D]: E Ricciardi?
[R]: Ricciardi uscirà in un nuovo romanzo a novembre e sarà pubblicato per Einaudi, ambientato nel periodo precedente la Pasqua del 1932…
[D]: Consiglia un libro che non sia il tuo…
[R]: Tutti i libri di Donato Carrisi, Claudio Paglieri, Alfredo Colitto… potrei parlare per ore, i romanzi neri italiani sono straordinari.
[D]: Un aggettivo per descrivere la notte da scrittore noir
[R]: Multicolore…
[D]: Un aggettivo che la descriva da uomo romantico?
[R]: Morbida…
[D]: Un saluto ai nostri lettori
[R]: Vi stringo forte, siete importanti perché attraverso le vostre azioni capisco meglio quello che ho scritto.
[D]: Grazie della tua disponibilità! Allora Maurizio ti diamo appuntamento al nostro bar per il nuovo romanzo…
[R]: Non mancherò…
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