Autrice dell’apprezzatissimo Nella carne, ospitiamo oggi qui al Thriller Café Sara Bilotti, che al nostro Ivo Ginevra ci racconta del libro e di se stessa in una lunga intervista. Non ve la perdete…
[D]: Ciao Sara, amo il tuo modo di scrivere i tuoi racconti me li sono sentiti Nella carne. Siccome sono sicuro di non poter più fare a meno dei tuoi fantastici viaggi nella psiche umana la prima domanda è ti faccio è quanto tempo devo aspettare per leggere il tuo prossimo libro e di cosa tratterà.
[R]: Ciao, Ivo, e grazie! Il mio prossimo libro sarà un romanzo, un noir psicologico. Purtroppo ci sarà da aspettare un annetto…
[D]: Nella carne è fra i più bei libri che ho letto negli ultimi anni e ti faccio anche i miei complimenti per il coraggio che hai avuto a voler debuttare con un volume di racconti nel panorama letterario italiano, genere di per sé poco amato dai lettori. Come mai questa scelta?
[R]: E’ accaduto per caso. Ormai più di un anno fa, scrissi un pezzo per un sito piuttosto popolare. La persona che si occupava di selezionare i testi restò talmente colpita dal racconto da chiedermi di scrivere una raccolta. Era la curatrice della collana noir di Termidoro, che poi è diventata la mia casa editrice. Io amo molto i racconti, il modo in cui, nella migliore delle ipotesi, afferrano il lettore per i capelli e lo scaraventano in una trama. Non c’è il tempo necessario per affezionarsi ai personaggi, per entrare nelle atmosfere, ci devi cadere dentro.
[D]: Nei tuoi racconti c’è un mondo incredibile pieno di tutto. Alcune frasi e molti concetti sono pieni di contenuti. In Passo numero quattro c’è questa frase vuoi commentarla? “Poi sento quel lamento. È così debole che. Per un attimo, temo di averlo immaginato. Mi guardo intorno. È come se vedessi per la prima volta il nulla che mi circonda“. A te la parola Sara:
[R]: Ci sono momenti in cui la realtà ti appare nitida. Sono momenti in cui ti togli di dosso maschere e abiti costruiti negli anni, e riesci a vedere con chiarezza te stesso e gli altri. A volte vedi qualcosa, qualcuno. Molto più spesso, il nulla. E’ incredibile quante vite siano costruite sul nulla.
[D]: Continuo con altre frasi prese dai tuoi racconti. Credo che così ci conosceremo meglio. Adele e Chiara “Se Adele ama, ti vuole possedere. E se ti possiede, ti distrugge. La cosa veramente assurda, però, è che correrei volentieri il rischio di essere posseduta e distrutta, pur di avere il suo amore. Ma niente da fare“. Essere accettati. Voler essere accettati. Non credere di essere accettati. Cos’è l’altro per te?
[R]: Un’illusione. Cerchiamo conferme della nostra esistenza attraverso gli occhi degli altri, e spesso ci accontentiamo delle menzogne, pur di sapere di esistere. Certo, non è sempre così. Ci sono Altri che ci vedono per quello che siamo, e che arricchiscono le nostre vite con un confronto sincero, profondo. Ma è così raro trovarli. Questione di fortuna.
[D]: Nella carne “Mi innamoro ogni volta. E quando tutto finisce, penso che non potrò mai più farlo. Ne ho consapevolezza, eppure, ogni volta che l’amore nasce, lo stupore mi lascia senza fiato. Il pensiero dell’uomo di turno penetra nel mio cervello come un chiodo e resta piantato lì fino alla fine di tutto. Per tutto il tempo che lo amo, non c’è nulla che potrebbe distrarmi“. Amore che sembra, amore che è. Incapacità d’amare pur amando. Amore malato. Cos’è l’amore per te?
[R]: E’ una domanda difficile. L’amore è il motore di un sacco di azioni, ma anche il motivo per cui si compiono crimini, ingiustizie, delitti. Come la nostra anima, anche l’amore ha il suo lato oscuro, e ci tocca accettarlo e arginarlo, altrimenti si prenderà tutto lo spazio.
[D]: L’uomo nero “I traumi mettono radici profonde e gli alberi che spuntano fuori dal terreno spargono semi ovunque. Chi subisce il Male deve condividerlo, da solo non riesce a sopportarne il peso. Anche a costo di scaricarlo sui propri figli“.
[R]: Il Male non è un’entità astratta, che vive al di fuori di noi. Cresce con noi, insieme al bene. Accade a volte che ci tocchi subire più dolore di quanto riusciamo a sopportare, e da questo dolore superfluo non impariamo nulla, neanche a difenderci. E così ci divora facilmente. Per questo succede tanto spesso che una persona che ha subito violenza diventi a sua volta violento; quando il male diventa troppo non abbiamo altra scelta che lasciarlo traboccare.
[D]: Nella carne “La vita scorre dentro il sangue. Per questo preferisco i cibi a base di carne: da qualche parte, tra un ossicino e un nervo, si rifugia l’anima“.
[R]: Preferisco pensare che ciò che siamo non sia racchiuso in un luogo evanescente, ma scorra nelle nostre vene insieme al sangue, respiri insieme ai polmoni, pulsi insieme al cuore. La mia carnalità tutta partenopea si esprime spesso con espressioni del genere: io sono nella carne, nel sangue, nelle viscere.
[D]: Passo numero quattro “Fare i primi tre passi è facile, è il quarto che non mi riesce mai….. ma mi fermai al terzo passo, e lei andò via“.
[R]: L’immobilità tipica di chi nega il lato oscuro della nostra anima si esprime proprio nell’incapacità di agire in modo tangibile sugli eventi. Ti capita poi di prendere tutto il coraggio che hai quell’unica volta in cui dovresti restare fermo al tuo posto. E’ l’ironia della vita.
[D]: La vera ossessione che ho scoperto e amato più d’ogni altra cosa nei tuoi racconti è quella per il numero tre. Così come la terra e tutti i suoi pianeti girano intorno al sole, tutto nei tuoi racconti ruota intorno al tre. Una trinità misteriosa e affascinante che regola il mondo, il pensiero. Il respiro. Mi è piaciuto da morire perdermi in questa matematica preordinata, ma adesso credo sia arrivato il momento di svelare questo mistero.
[R]: C’è poco da svelare: il tre è per me un’ossessione sin da quando ero bambina. Il dispari costituisce una costante, nei miei gesti e nei pensieri. Ho studiato con passione per anni tutti i linguaggi: la musica, la danza, le lingue, e il numero tre secondo me costituisce la perfezione nelle forme grammaticali, nel pentagramma, persino nelle figure di danza. Ad esempio, ho perso la testa sugli spartiti delle Invenzioni a tre voci di Bach: pur essendo una sorta di esercizio per affinare tecnica e disciplina, il numero tre le rende sublimi. Nonostante la struttura rigida, quasi didascalica, sono secondo me paragonabili alle Fughe, per tema e soggetto. A questi ultimi, si aggiunge la terza voce, un’armonia che rincorre, unisce, sublima.
[D]: Sara nei tuoi racconti c’è un’incantevole molteplicità di tutto con concetti profondi e sofferti fino a diventare ossessioni vere e proprie. Una di queste è l’indifferenza. A te la parola.
[R]: Pratico il distacco da anni, da quando il fatto di essere senza pelle mi ha costretta a rifugiarmi in una dimensione altra, da cui osservo il mondo dall’alto. Non sempre riesco nel mio intento, ma il tentativo di alienazione è costante e mi salva la vita.
[D]: Anche la metamorfosi ha un ruolo decisivo nei tuoi racconti. L’ho vista presente un po’ ovunque. Perche?
[R]: Ritengo il cambiamento l’unica via possibile, visto che restare fedeli a se stessi porta inevitabilmente a un vicolo cieco. E’ necessario cambiare punto di vista sulla realtà per risolvere i problemi, e sono convinta che la letteratura, l’Arte in generale, abbia un ruolo determinante nella costruzione di una realtà migliore. L’artista non ti spiega, l’artista ti fa sentire, ti mette nei panni e negli occhi degli altri, ti apre un mondo.
[D]: I tuoi racconti sono pieni di rancore. Con chi ce l’hai Sara?.
[R]: Con un’intera comunità che mi ha isolata, umiliata, colpita mentre ero già a terra. Una tribù ignorante e razzista che ha visto in me l’incarnazione del diverso e ha deciso di farmi fuori, prima che il virus di cui sono portatrice avesse colpito le loro donne sottomesse, i loro figli mai emancipati, le loro sorelle col capo chino e coperto. Shyamalan ne tirerebbe fuori una sceneggiatura niente male.
[D]: C’è anche molto rimpianto. Cosa rimpiangi Sara?
[R]: Per troppo tempo ho subito le scelte altrui. Rimpiango di non aver vissuto abbastanza, per il timore di ferire. Tutto inutile. Ma mi rifarò.
[D]: E c’è anche un mare di solitudine.
[R]: Tanta, tantissima. Ma quella non mi spaventa, né mi fa soffrire. La solitudine mi culla, mi dà sollievo.
[D]: E d’insoddisfazione.
[R]: Questa fa parte del passato.
[D]: Molte creature dei tuoi racconti sono insicure o insofferenti. Perché c’è spesso il tema dell’insicurezza o dell’insofferenza al centro del tuo mondo?
[R]: Durante la mia infanzia e parte della mia adolescenza ho avuto motivo di insicurezza e insofferenza. E certe cose te le porti dietro, almeno a livello inconscio. Le adatto ai miei personaggi, e le esorcizzo. La mia è una scrittura egoista.
[D]: Sara chi sei?
[R]: Lo sto scoprendo. Forse.
[D]: Grazie, Sara. Attendo con trepidazione di leggerti ancora.
[R]: Grazie a te, Ivo. E’ sorprendente sapere che hai letto tutte quelle cose nascoste tra un rigo e l’altro. Ho imparato molto di me, dalla tua lettura.
[D]: Touchè.
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