Scrivere è un’attività meravigliosa. Sono passati più di dieci anni da quando ho iniziato per vincere la noia di una degenza a casa dopo un’operazione al ginocchio. Da quel momento non sono più riuscito a smettere.

Tra le qualità che deve possedere un valido scrittore ci sono una buona tecnica, uno stile accattivante e un’enorme riserva di immaginazione. E proprio usando l’immaginazione ho deciso di sviluppare un progetto interessantissimo che mi è caduto tra le mani grazie a un’idea di Franco Forte, scrittore ed editor blasonato, oltre che responsabile della collana Segretissimo di Mondadori. Tempo fa gli proposi un’intervista riguardante il presente e il futuro della collana. Lui rilanciò con l’idea di una maxi intervista a tutti gli autori che scrivono per Segretissimo. Il progetto mi parve subito ambizioso e stimolante, seppur non facile da gestire. In fin dei conti si parlava di intervistare dodici autori. Essendo amante delle sfide ho deciso con grande entusiasmo di affrontare questa prova.

Riguardo alla collana Segretissimo penso che non sia necessario ripercorrere tutta la storia. Mi limito a ricordare che è nata negli anni Sessanta per raccogliere le migliori Spy Story di quel periodo. Gli autori erano per lo più stranieri, tuttavia, gli anni Novanta hanno visto l’ascesa di un agguerrito gruppo di scrittori italiani come i compianti Alan Altieri e Stefano Di Marino, giusto per citare due nomi di peso. Nel tempo la composizione della squadra di autori è cambiata, fino ad arrivare a quella attuale. L’idea di questo articolo è di di riunire virtualmente tutti gli autori per una grande intervista alla nuova Legione italiana di Segretissimo. Dodici autori tutti uniti da una grande passione per le storie di spionaggio e azione.

Durante il triste periodo di isolamento causato dalla recente pandemia, sono fioccate le varie reunion in video di attori, musicisti e quant’altro. L’intervista avrebbe potuto svolgersi in questo modo ma, per quanto sarebbe stato bello vedere in video gli autori, forse sarebbe risultata un tantino banale e probabilmente anche più difficile da attuare considerato la necessità di incastrare gli impegni di tutti. Ho optato per la forma scritta, anche se non volevo il classico schema «domanda e risposta» (che comunque pubblicheremo in seguito con tutte le risposte dei dodici autori).

Pensa e ripensa ed ecco che è arrivata in mio soccorso la già citata immaginazione dello scrittore. Ho fantasticato su come sarebbe stato poter incontrare di persona tutti gli autori nella sede della Mondadori a Segrate (MI). A quel punto, ho voluto condire il tutto con un pizzico di atmosfera spy e il risultato è ciò che state per leggere.

Chiudete un momento gli occhi e preparate la scena nella vostra testa. Sta per iniziare la mia intervista alla nuova Legione italiana di Segretissimo.

Segrate (MI)

Cammino stretto nel giaccone, le mani affondate nelle tasche. Un alito di aria fredda mi schiaffeggia la nuca scoperta. Fa freddo e la cosa mi sorprende anche se non dovrebbe, visto che siamo in autunno inoltrato. Sarà perché fino a pochi giorni fa dalle mie parti si stava ancora bene. A testa bassa mi immergo nella fitta nebbia mattutina che ancora avvolge la zona.

Tempo da spie, penso.

Sento un lieve sciabordio d’acqua e mi accorgo di camminare sopra una specie di passerella. Ricordo che la sede della Mondadori sorge accanto a un laghetto artificiale, l’ho scoperto studiando le immagini satellitari su Google Maps. Sulla mia destra, una specie di torre spunta dall’acqua trafiggendo la nebbia. Non ho idea di quale sia la sua funzione.

L’edificio in cui sono diretto si trova a un centinaio di metri davanti a me. Passo dopo passo, rivela le sue forme attraverso la foschia, come un giocatore di poker che le apre carte a ventaglio una dopo l’altra. Non ci vuole molto a raggiungere un enorme parallelepipedo appoggiato sul lato più lungo, una serie di alti ed eleganti archi caratterizzano la facciata.

Supero una porta a vetro ed entro dentro, percependo subito un piacevole cambio di temperatura. Avverto un lieve profumo di detergente alla lavanda, la ditta delle pulizie deve essere passata da poco. Una gentile guardia baffuta mi domanda in cosa può essermi utile. Seguendo le istruzioni che ho ricevuto, sfilo dalla tasca un bigliettino da visita e lo consegno all’uomo. Lui lo osserva con calma e annuisce. «Prego, mi segua.»

Mi lascio accompagnare fino a un ascensore dalle porte color alluminio. La guardia chiama la cabina e mi invita a entrare. Uno specchio mi restituisce l’immagine di un quarantenne infagottato in un cappotto e con il volto arrossato dal freddo. Capelli e barba sono per fortuna in ordine.

La guardia infila una piccola chiave in una serratura sulla pulsantiera e preme un tasto privo di segni. Le porte si chiudono.

Un ascensore segreto, rifletto. Lo so, è un cliché da racconti di spionaggio, ma in fin dei conti siamo perfettamente in tema.

La cabina scende per una decina di secondi prima che le porte si riaprano. Il mio accompagnatore mi invita a uscire dalla cabina. Lascio il ristretto spazio dell’ascensore e mi ritrovo in un open space illuminato da luci al neon, pieno di scrivanie e computer. Mi pare che siano almeno una ventina. In questo momento quasi tutte le postazioni di lavoro sono occupate. Un brusio indistinto mi arriva alle orecchie.

Sono dentro alla redazione di Segretissimo!

Una donna si accorge di me, indossa un tailleur blu con gonna. Mi viene incontro ancheggiando dopo essersi sistemata gli occhiali da vista che gli erano scivolati sulla punta del naso.

«Lei è il signor Cirillo, vero?» mi domanda, anche se immagino che conosca già la risposta.

«Sono io.»

«Piacere, Claudia» si presenta allungando una mano dalle unghie smaltate in pendant con il vestito. «L’accompagno alla riunioni. La stanno aspettando.»

I capelli biondi che ondeggiano sulla schiena, mi conduce davanti a una porta scorrevole. La apre con un sorriso cordiale. «Prego.»

Sono emozionato, non lo nascondo. Devo fare un lungo respiro prima di entrare. Oltre la soglia trovo la Legione Italiana di Segretissimo al gran completo. Dodici autori che sono qui per rispondere alle mie domande.

«Buongiorno» saluto, un po’ teso.

Un coro di risposte mi bombarda subito dopo. Gli autori sono seduti intorno a un lungo tavolo. Mi tolgo il giaccone e prendo posto su una sedia. Passiamo i primi minuti a conoscerci, i convenevoli mi aiutano a rompere il ghiaccio e a sentirmi a mio agio. Arriva finalmente il momento dell’intervista. Ho imparato a memoria le mie domande, ma per sicurezza me le sono appuntate sullo smartphone. Mi concedo una sbirciatina sul display prima di cominciare.

«Segretissimo esiste in modo continuativo ormai da più di sessant’anni. In pratica ha l’età di mio papà. Perdonatemi il gioco di parole, ma secondo voi qual è il segreto di Segretissimo?»

«Se glielo rivelassi, il motivo vero, dopo dovrei ucciderla…» esordisce Jo Lancaster Reno, la luce prodotta dai neon sul soffitto che si riflette sulla testa rasata alla perfezione. «Ma giusto per simpatia e non lasciarla a becco asciutto, voglio inventarmi qualcosa, tanto per sviare, preservando così la sua incolumità. Il segreto è: sapersi adeguare ai tempi che cambiano e trovare il modo di rinnovarsi. Per riuscirci a volte occorre fare scelte originali e rivoluzionarie. Una svolta fondamentale che ha determinato il fatto che la collana potesse continuare a uscire, è stata senz’altro l’idea di formare la cosiddetta “Legione”, agli inizi degli anni Duemila. L’allora editor responsabile delle pubblicazioni da edicola di Mondadori, Sandrone Dazieri, per ovviare al calo di vendite e alla mancanza di autori forti provenienti dall’estero, pensò bene di arruolare una compagine di scrittori italiani già famosi in altri generi, affinché assumessero una falsa identità, rigorosamente straniera, con tanto di falsa biografia, per scrivere e pubblicare romanzi di spy action firmandoli, appunto, con uno pseudonimo. Un gioco inizialmente coperto da un livello di classificazione top secret che poi, nel tempo, è diventato “unclassified”, totalmente scoperto. Nel giro di vent’anni e più, sotto la guida di Alan D. Altieri e poi di Franco Forte, questa legione di dannati in incognito è cresciuta, arricchendosi di nuovi elementi, uno più letale dell’altro.»

Jason Hunter, seduto con le braccia incrociate sul ventre, annuisce convinto. «Il merito di comprendere e mantenere alto il livello va, oltre a chi scrive queste avventure, all’attuale editor in chief, Franco Forte che è riuscito a traghettare la testata da un momento di stagnazione nelle vendite riconoscendo nuovi talenti emergenti e rivitalizzando la collana con il loro inserimento» ci tiene a precisare.

Entrambe le risposte sono molto esaurienti. Posso passare alla domanda successiva. «Parliamo proprio di Franco Forte, l’instancabile redattore della collana Segretissimo, oltre che lui stesso scrittore ed editor. Com’è lavorare con lui?»

Mi risponde Andrea Carlo Cappi, uno dei veterani, conosciuto anche come François Torrent. Mi guarda da dietro un paio di occhiali dalle lenti fumé, i capelli neri legati in una corta coda. «Non so se godo di un trattamento privilegiato perché scrivo per Segretissimo da oltre vent’anni, con ormai ventidue romanzi e svariati racconti, ma Franco Forte mi lascia una grande libertà creativa. In alcune occasioni abbiamo deciso insieme i titoli dei libri, uno degli aspetti più delicati, e in un caso proprio dalla scelta di un titolo è nato un romanzo. Il suo staff in redazione, molto attento ai dettagli, è un aiuto sempre prezioso. Così ora posso pubblicare ogni anno due volumi di una collana cui come lettore sono legato da mezzo secolo e che sempre di più tiene a battesimo autrici e autori italiani, smantellando il pregiudizio secondo cui non saremmo capaci di scrivere un certo tipo di narrativa.»

Anche Pierfrancesco Prosperi vuole dire la sua. La fronte solcata da rughe rivela che è anagraficamente l’autore più anziano. «Franco è un autentico professionista, e il fatto che sia anche un autore affermato lo mette in grado di relazionarsi in modo ottimale con i collaboratori di Segretissimo, in un rapporto franco e funzionale.»

Il gioco di parole di Prosperi mi strappa un sorriso.

«Così come Altieri “Bigwolf”, quando non era editor, Franco faceva parte della Legione, nel suo team iniziale, oltretutto. Quindi un agente operativo diventato comandante in capo. E questo lo rende in grado di supportare e sostenere il lavoro di tutti al meglio e con grande professionalità» conclude Jo Lancaster Reno.

Abbiamo accennato al passato di Segretissimo, ma mi interessa molto parlare del futuro. «Gli anni Novanta sono stati l’ultimo decennio vissuto senza smartphone, tablet, videogiochi dalla grafica spettacolare e altre tipologie di intrattenimento digitale. Leggere era ancora uno dei principali metodi per immedesimarsi in una storia d’azione e spionaggio. Penso che sia corretto dire che per Segretissimo si è trattato di un periodo d’oro, tuttavia, i giovani lettori di allora oggi hanno almeno 50 anni. Quale può essere la strategia per coinvolgere i giovani contemporanei, magari anche tramite l’uso della tecnologia?»

Il ricciuto Davide De Boni, alias David Bone, alza la mano per prendere la parola. «Innanzitutto, sfatiamo un mito: ai giovani piace leggere. Il mercato dei libri per bambini, ragazzi e giovani adulti va alla grande; il nocciolo della questione, a mio avviso, è riuscire ad agganciare quei giovani lettori e fare in modo che continuino a leggere anche da adulti.»

Simone Faré interviene accarezzandosi la barba rossiccia. «La verità è che Segretissimo va già bene così com’è per i giovani per quel che riguarda i contenuti. È una lettura aggressiva, pulp, forse l’unica collana di storie di supereroi in forma di romanzo. Però i giovani devono essere avvicinati in qualche modo per farglielo sapere.»

Denise Jane si sistema una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. «Secondo me sarebbe utile cominciare a parlare intanto di spy story, nel senso che negli ultimi trent’anni si è parlato soprattutto di gialli. In seguito si sono diffusi anche gialli per bambini con le collane come Giallo e Nero del Battello a Vapore o altri. Di bambini lettori di gialli ce ne sono tanti, anche se magari non saltano all’occhio come pubblico principale. Io credo che si potrebbe fare un’operazione simile per la Spy Story, quindi adeguare la produzione per i giovanissimi e introdurre le storie di spionaggio come genere anche per i più piccoli, ovviamente edulcorando i contenuti violenti.» L’idea enunciata con una caratteristica cadenza partenopea è piuttosto interessante.

La mia successiva domanda è legata alla precedente. «Gli anni Duemila hanno visto nascere e consolidarsi nuovi metodi per fruire di un libro come ebook, audiolibri, podcast, biblioteche digitali . La collana Segretissimo è storicamente legata alla distribuzione cartacea nelle edicole. È una forma che può durare ancora per tanti anni?»

«Io spero di sì, anche se vediamo che le edicole stanno scomparendo. Probabilmente al settore “edicola” dovranno affiancarsi altri settori per farla sopravvivere. Però il libro “da edicola”, un po’ mordi e fuggi, ma sempre di qualità, non dimentichiamolo, è un modo per tenere legati alla lettura coloro che leggono abitualmente, e nello stesso tempo è anche una via per acchiappare nuovi lettori, anche se sembra un po’ utopistico pensarlo.» Alessio Gallerani, un cappello da cowboy calato curiosamente sulla testa, vuole essere ottimista.

Andrea Franco non sembra d’accordo. «Io credo di no. Le edicole stanno soffrendo molto e sempre meno persone ci passano davanti. In questo senso molte cose cambieranno in futuro. I quotidiani e le riviste di gossip sono state le prime vittime del progresso tecnologico» ribatte.

«Le edicole potrebbero evolversi, magari anche fornendo la possibilità di fare recapitare a casa un ordine. Se diventasse possibile distribuire anche il formato carta da edicola, ad esempio utilizzando un canale come Amazon, probabilmente sarebbe un’evoluzione che farebbe bene sia alla collana, sia all’edicola in generale» ipotizza Denise Jane. Andrea Franco si gratta pensieroso folta barba sale e pepe. Forse sta riflettendo sulla possibilità di riuscire a mettere in pratica la proposta della collega scrittrice.

Anche io ci penso un momento, prima di passare alla domanda seguente, che in qualche modo si collega alla risposta di Denise Jane. «Nel mondo dell’editoria è necessario essere pronti a cogliere le nuove tendenze per continuare a rimanere sempre appetibili per i lettori. Come vede l’editoria nel prossimo decennio?»

Alla mia domanda, sulla bocca di Cappi si dipinge una smorfia. «Per nulla incoraggiante. Le case editrici orientate su un pubblico di “non lettori” e “non lettrici” rischiano a lungo termine di deludere chi invece legge abitualmente. Quelle che pensano di dare al pubblico ciò che vuole, in realtà gli danno ciò che loro credono che voglia. Forse è per questo che collane “classiche” come i periodici Mondadori ancora tengono acceso l’interesse: chi le conosce, sa cosa vi può trovare.»

Fabrizio Borgio, piemontese come me, è in sintonia con Cappi. «Il futuro dell’editoria è quanto mai incerto. L’avvento dell’ Intelligenza Artificiale (termine in realtà improprio) sta già scuotendo le fondamenta di tutti i settori basati sulla creatività. Sta diventando prassi specificare sui libri pubblicati da diversi editori se un testo è stato scritto con o senza il supporto dell’Intelligenza Artificiale. Temo che la prospettiva di avere un algoritmo al quale si propone una trama e lui la scriva possa essere troppo ghiotta sia per gli scrittori presunti tali che soprattutto per gli editori, con la possibilità di avere uno strumento che sforni libri di consumo senza il costo aggiuntivo di anticipi, emolumenti e royalties. Spero che ci si preoccupi se non di frenare, almeno di limitare questa prospettiva.»

Scilla Bonfiglioli si sistema una elegante cappello fedora. «A me piacerebbe che l’editoria avesse più coraggio, che fosse più aperta a tante nuove proposte creative, che non si focalizzasse su pochi generi rodati che hanno il pregio di scalare le classifiche di vendita. Ultimamente sono conquistata dalla creatività narrativa che vedo in molte opere videoludiche, dove evidentemente si può sperimentare molto di più. Mi sembra sbalorditivo che un videogioco oggi offra storie visionarie e audaci che in libreria sembrano invece faticare a trovare spazio. Parlo soprattutto da lettrice, visto che sono un’avidissima consumatrice di storie.»

«Penso che in Italia si debbano pubblicare, da parte degli editori medi e grandi, più opere di generi che ora si trovano praticamente solo tradotti. Parlo di fantascienza, fantasy, horror, action, action-thriller, thriller, weird eccetera, e non solo gialli, romance o saghe familiari. Un grande lavoro è stato fatto negli ultimi anni per rilanciare il giallo in Italia e ha dato ottimi risultati, ora bisogna spingere anche gli altri generi. E sto parlando del settore adulti, perché in quello dei ragazzi gli altri generi, appunto, mi sembra tirino parecchio» conclude Gallerani.

Sempre rimanendo sull’argomento editoria, ho ancora una domanda da fare. «Il self publishing ha dato la possibilità a tutti di scrivere il proprio libro. I principali store on line, Amazon primo tra tutti,sono pieni di aspiranti scrittori. Il risultato è che spesso la qualità non è all’altezza degli standard minimi per un libro. Tanta quantità, ma poca qualità. Pensate che queste piattaforme debbano dotarsi di controlli di qualità prima di accettare una pubblicazione o il fenomeno regola da solo con il sistema delle valutazioni/ recensioni?»

La bionda Scarlet Zeitgeist Phoenix accavalla una gamba sull’altra, mostrando un paio di stivali neri che le arrivano fino al ginocchio. «Credo che riuscire a controllare le migliaia di prodotti che vengono caricati sulle piattaforme sia impossibile. È un sistema fuori controllo. I gruppi di lettura e il passaparola possono arginare un minimo questo problema. Onestamente non credo molto nelle recensioni.»

«Il sistema delle valutazioni/recensioni non mi sembra troppo attendibile: se chi si autopubblica trova amici consenzienti può avere cento voti a cinque stelle, mentre a gente del mestiere può capitare che il pubblico fedele legga senza recensire e che a valutare o commentare siano solo i detrattori o gli haters, sbilanciando completamente i punteggi» aggiunge Cappi.

L’opinione di Jo Lancaster Reno è netta. «Tanta quantità e bassa qualità equivale a “gran casino”, per non dire di peggio. Un aspirante scrittore che sogna di esserlo, senza averne la minima capacità, un tempo si affidava agli editori a pagamento, mentre adesso è in grado di pubblicare il libro da solo, pubblicizzandolo con decine di finte recensioni. Un controllo qualità su queste opere sarebbe impensabile da ipotizzare. Non ho idea di come si possa riuscire ad arginare questa ennesima assurdità. Forse si potrebbero assoldare dei sicari?»

Seppur preoccupato dall’ossessione di Reno per l’omicidio, mi pare di capire che tutti sono d’accordo: non sarebbe attuabile mettere un filtro al fenomeno del self publishing. Sono i lettori stessi che devono riuscire a fare selezione, mentre gli autori devono impegnarsi al massimo per confezionare libri di qualità.

Con la prossima domanda andiamo a parlare proprio di autori o meglio di aspiranti autori. «Da qualche anno Mondadori organizza un premio letterario per romanzi spy intitolato ad Alan Altieri, affiancato di recente da uno per racconti dello stesso genere dedicato a Stefano Di Marino. Quali sono le caratteristiche che deve avere un aspirante autore per entrare nella Legione di Segretissimo?»

È Prosperi il primo a rispondere. «Credo che la prima dote, che vale anche per molti altri tipi di storie, sia una curiosità insaziabile. I mass media e i social ci bombardano di informazioni; si tratta di saper “pescare” tra le tante notizie purtroppo drammatiche che ci arrivano quelle che possono dare adito a uno sviluppo narrativo. I conflitti grandi e piccoli che ci circondano sono suscettibili in buona parte di far nascere delle storie: io recentemente mi sono ispirato alle mire cinesi su Taiwan, al revanscismo argentino che mira ancora a riconquistare le Malvinas, al sempiterno contrasto tra Israele e Iran. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Inoltre, si possono scegliere anche storie “minori”, personali: il contrasto tra due agenti rivali, ad esempio, con vicende di amore e morte.»

«Inoltre è necessario conoscere lo scenario geopolitico in cui si ambienta la vicenda, il che impone un serio lavoro di ricerca. Insomma, chi si cimenta in questo campo deve avere coscienza che non basta copiare una formula per sfornare una Spy Story. Come giurato del Premio Di Marino, noto con piacere come autrici e autori abbiano saputo fare propri questi concetti» aggiunge Cappi.

La spiegazione da parte dei due veterani è molto esauriente, ma Jo Lancaster Reno non vuole essere da meno. «Scrivere una Spy Story è piuttosto impegnativo. Richiede un notevole lavoro di documentazione. Per quanto riguarda le location, le armi, le tecnologie, le scene di combattimento Occorre conoscenza storica. Capacità di analisi degli scenari globali. Tutto al servizio di una narrazione fatta di intrighi e colpi di scena. Occorre quindi effettuare un grandissimo lavoro preparatorio, mettendolo al servizio di una buona scrittura. Per creare trame coinvolgenti. Un romanzo di spionaggio che funziona, deve colpire il lettore allo stomaco e al cuore.»

«Un altro elemento fondamentale è un’idea originale. La Legione di Segretissimo è sempre pronta ad accogliere nuove leve» conclude De Boni.

La ricetta mi sembra chiara, anche se per nulla semplice. Occorre combinare una serie di elementi e ovviamente essere in possesso di una certa dose di talento.

Ora voglio passare a un argomento che mi sta molto a cuore. «I canonici personaggi di Spy Story e Action Thriller sono agenti segreti o soldati stranieri, spesso appartenenti al mondo anglosassone. La collana Segretissimo non fa eccezione. I personaggi italiani hanno sempre avuto una rilevanza marginale in questo tipo di romanzi, tuttavia, negli ultimi qualcosa sta cambiando. Sempre più storie hanno protagonisti nostrani, sia appartenenti ai servizi segreti, sia in organico a Forze Armate e Forze dell’Ordine. Alcuni prodotti sono di buona qualità, altri meno, ciononostante è interessante vedere che esiste una domanda di libri con queste caratteristiche tra i lettori. Pensate che Segretissimo dovrebbe investire di più in questa tipologia di romanzi?»

«Certo. A patto di non trapiantare in contesti italiani stereotipi ormai arrugginiti nei romanzi stranieri» mi risponde sicuro Cappi.

Denise Jane ci riflette un momento. «Il personaggio nostrano sicuramente può avere per il pubblico italiano una maggiore attrattiva per certi versi, ma non dimentichiamo che il pubblico italiano è anche profondamente esterofilo. Quindi, sarà una trasformazione che secondo me richiederà un po’ di tempo.»

«Sì, piano piano.» Andrea Franco si trova d’accordo con la collega. «Prima potevamo pubblicare solo con pseudonimi, ora no. Prima si girava il mondo, ora stiamo facendo capire a tutti che un Action Thriller può svolgersi anche a Roma, Milano, nella provincia italiana. Il mio ultimo romanzo è ambientato proprio a Roma. Anche Stefano Di Marino si è mosso sui nostri territori. E ne arriveranno altri. Il lettore ci sta dando la sua fiducia. E presto accetterà anche l’ultimo passo: l’Italia.»

C’è ancora il mio conterraneo Fabrizio Borgio che vuole esprimere il suo parere. «Penso che Segretissimo debba investire di più in questo tipo di romanzi. Dicendo così forse entro in conflitto d’interessi, visto che il mio personaggio è italiano, ma mi rendo conto che a un certo punto i lettori hanno il desiderio di leggere storie dove anche noi, noi italiani, non sfiguriamo davanti a tante altre blasonatissime spie d’oltre oceano. Da qualche parte si parla di Action Tricolore. Segretissimo potrebbe diventarne l’Alfiere.»

Annuisco con un sorriso sentendo queste parole. Proseguo l’intervista con la penultima domanda. «Cambiamo argomento e parliamo di cinema. Perché in Italia non si riescono a produrre validi film d’azione?»

«Servono tanti soldi. Attori in grado di farlo anche a livello fisico. Le produzioni italiane non investono su progetti troppo costosi e vogliono andare sul sicuro. Qua da noi solo la commedia si riesce a fare bene. Il problema poi riguarda anche l’horror, salvo rare eccezioni. Per non parlare del fantascientifico di un certo livello» dice Reno.

«Probabilmente dipende dal nostro retaggio. I film d’azione sono figli del mondo anglosassone e americano. Anche dal punto di vista storico queste nazioni hanno contribuito a creare la figura dell’eroe mentre noi, in Italia, inseguivamo quella del santi e dei martiri» suppone Scarlet Zeitgeist Phoenix.

«Forse perché i pochi film che ancora si producono, come i tre di Diabolik dei Manetti bros, vengono stroncati da recensioni che spesso sembrano scritte da qualcuno che non li ha davvero visti» s’infervora Cappi.

Simone Faré non è del tutto d’accordo. «È un problema che nasce molto prima. In Italia c’è un pregiudizio nei confronti delle storie d’azione che vengono considerate sempre e comunque di serie B. Non viene riconosciuta ai loro autori l’abilità e il mestiere che vi hanno messo per realizzarle. È un problema che possiamo far risalire fino a Salgari, secondo me, un autore che dovremmo considerare tra le basi della nostra letteratura. Cinematograficamente siamo stati per molti anni la seconda industria al mondo, con una maturità, anche nell’azione, comune a pochi, eppure anche lì siamo arrivati a un momento in cui abbiamo creduto che investirci fosse una perdita di tempo. Prima di realizzare buoni film d’azione dovremmo scoprirci orgogliosi di farlo.»

Le posizioni degli autori sono tutte condivisibili. Penso che ci sia della verità in ogni risposta. Il tempo è passato in fretta. È arrivato il momento di terminare l’intervista e voglio farlo in leggerezza. «Concludiamo con una domanda alla Marzullo: qual è la domanda che non le hanno mai fatto e che vorrebbe le venisse fatta?»

«Marzullo? Mai seguito…» parte subito Jason Hunter.

«Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti…» ribatté Scarlet.

«Non mi hanno mai chiesto da che parrucchiere vado» scherza Jo Lancaster Reno, strappando a tutti una risata.

«Allora ragazzi, ci stiamo divertendo?» La voce dalla “R” pizzicata proviene da dietro di me. Mi volto verso la porta della stanza e vedo il comandante in capo della Legione e responsabile della collana Segretissimo. L’ingresso di Franco Forte decreta la fine dell’intervista. Mi alzo a stringergli la mano, felice dell’inaspettata sorpresa.

«Come è andata?» mi domanda, un sorriso sulla bocca incorniciata dalla barba con pizzetto.

«Benissimo! Sono sicuro che uscirà fuori un’ottima intervista.»

«Ne sono felice.» Con lo sguardo cerca i suoi autori. Batte le mani un paio di volte. «Forza ragazzi, è il momento di tornare al lavoro. Abbiamo ancora tante storie da raccontare.»

Mi auguro di cuore che vi sia piaciuta la mia personale elaborazione dell’intervista. Ovviamente, verranno pubblicate anche tutte le risposte integrali delle domande che ho posto agli autori. Voglio ringraziarli per la loro disponibilità. Ringrazio inoltre Franco Forte per avermi suggerito l’idea di questo progetto.

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Articolo protocollato da Alessandro Cirillo

Alessandro Cirillo è autore di una serie di libri appartenenti ad un genere che definisce Action Tricolore. Si tratta di romanzi d'azione caratterizzati da protagonisti appartenenti alle forze armate italiane.Attacco allo Stivale è stato il suo romanzo d'esordio, seguito da Nessuna scelta, Trame oscure (secondo classificato nella sezione e-book del I°Premio letterario Piersanti Mattarella) e L'oro di Gorgona.Dalla collaborazione con l’autore Giancarlo Ibba è nato Angelus di sangue, al quale è seguito Binari di sangue.Un suo racconto breve intitolato Acque agitate è stato inserito nella raccolta Bugie e verità curata dal blog letterario Il Mondo dello scrittore.Schiavi della vendetta, ispirato da un’inchiesta del settimanale Panorama, è arrivato 5° al Premio Letterario Amarganta 2018.Arma Bianca racconta la storia di una soldatessa italiana bloccata dietro le linee nemiche in una Cipro invasa dall’esercito turco.Protocollo Granata è stato scritto a quattro mani con l’autore Francesco Cotti. Dal 2013 al 2018 ha collaborato con la rivista militare “Combat Arms Magazine” scrivendo articoli sulle Forze Armate italiane.

Alessandro Cirillo ha scritto 29 articoli: