Oggi ospitiamo su Thriller Café Gianluca Arrighi, avvocato-scrittore che il quotidiano online Affari Italiani ha messo in cima alla lista dei migliori giallisti del nostro Paese insieme a Donato Carrisi. Con lui parliamo della situazione del genere Thriller in Italia e del suo ultimo romanzo Il confine dell’ombra, dove torna a essere protagonista l’ex pubblico ministero Elia Preziosi.
[D]: Non molto tempo fa sei stato definito dagli addetti ai lavori uno dei grandi “thrilleristi italiani” erede, insieme a Donato Carrisi, del compianto Giorgio Faletti; come valuti oggi la presenza del genere nel panorama editoriale italiano?
[R]: Giorgio ed io eravamo molto amici, la sua morte ha rappresentato una perdita immensa per il patrimonio letterario e artistico italiano. È un grande onore, per me, essere definito il suo erede. In Italia abbiamo degli ottimi autori di thriller, che tuttavia non trovano spazio adeguato nei grandi gruppi editoriali, concentrati troppo spesso sulle firme straniere.
[D]: I tuoi romanzi sono stati definiti spesso dei legal-thriller vuoi spiegarci in cosa consiste questa definizione?
[R]: Il legal thriller è un genere letterario nelle cui storie hanno un ruolo fondamentale avvocati, pubblici ministeri, giudici ed altre figure del mondo forense. I personaggi dei thriller giudiziari, quasi sempre, vengono messi in relazione ai fatti criminosi ed ai processi penali che ne derivano. Il funzionamento del sistema giuridico, in questa tipologia di romanzi, ha sempre un ruolo molto importante.
[D]: Nella vita svolgi il ruolo di avvocato penalista, quando hai sentito il desiderio di passare dalla stesura di un arringa alla scrittura di un romanzo?
[R]: La passione per la scrittura c’è sempre stata, ma l’approccio concreto all’idea di scrivere un romanzo è arrivato quasi per caso. Nel 2002 divenni amico di una giornalista della Rai che aveva seguito per il Tg3 alcuni processi di cui mi ero occupato e che curava, sempre per la Rai, una rubrica settimanale di libri. All’epoca ero un giovane penalista, neppure trentenne, squattrinato e pieno di belle speranze. Ma ero anche sommerso da un’infinità di casi giudiziari, devo dire la maggior parte disperati, nei quali gli imputati erano spesso personaggi straordinari e rappresentativi della più varia umanità capitolina. Per questa ragione i “miei” processi erano molto seguiti dai media, soprattutto dalla cronaca di Roma. Fu proprio quella giornalista a spingermi perché cominciassi a scrivere romanzi ispirati alla mia esperienza nelle aule di tribunale. L’idea mi piacque e così nel 2008 venne pubblicato “Crimina romana” che, al di là di ogni aspettativa, sui rivelò un successo straordinario.
[D]: Nella tua carriera di scrittore hai scritto per diverse case editrici cosa ti senti di dire a agli aspiranti scrittori che vorrebbero pubblicare la propria opera?
[R]: Consiglio di avere molta pazienza e di non arrendersi di fronte ai rifiuti che, inevitabilmente, arriveranno dalle case editrici. Pensate che il primo romanzo di John Grisham, nel 1987, prima d’essere pubblicato e ottenere un successo mondiale, venne rifiutato da ben ventotto editori.
[D]: Con il tuo primo libro “Crimina romana” hai avuto la possibilità di incontrare i ragazzi nelle scuole per parlare di legalità. Da uomo di legge cosa di sentiresti di dire sull’argomento Riina e il parere espresso dalla Cassazione al riguardo?
[R]: Bisogna partire da un presupposto: lo Stato deve garantire ad ogni detenuto, e quindi anche a Riina, il diritto a morire dignitosamente. È un principio di civiltà giuridica, che prescinde dalle sacrosante e comprensibili proteste avanzate dalle vittime di mafia. Detto questo, bisogna precisare che sulla sentenza della Cassazione sono state dette molte imprecisioni. I fatti sono questi: Salvatore Riina, che oggi ha 86 anni, è malato e il suo avvocato ha chiesto al tribunale di sorveglianza la sospensione della pena oppure la detenzione domiciliare. I giudici di sorveglianza hanno risposto di no, motivando che Riina è un criminale ancora pericoloso. La Cassazione ha annullato la decisione ma, ed è questo il punto importante, rinviandola ai giudici bolognesi per “difetto di motivazione”. Questo vuol dire che i giudici dovranno scriverla meglio. La Cassazione ha spiegato che la pericolosità del detenuto, da sola, non basta come argomento, aggiungendo che il diritto a una morte dignitosa esiste per tutti, anche per i peggiori assassini. Non ha quindi escluso che la morte di Riina possa avvenire in carcere, ma ha soltanto richiesto argomentazioni più analitiche.
[D]: Nel romanzo “Vincolo di sangue” hai affrontato il caso giudiziario di Rosalia Quartararo, quanto influisce il tuo lavoro nel trarre ispirazione per i tuoi libri?
[R]: Influisce moltissimo. Mi sono sempre occupato di processi penali, e posso affermare come la realtà criminale superi la più fervida fantasia. È quella la mia fonte di ispirazione ed è lì che nascono i miei personaggi. Tutto ciò che scrivo, sia fiction che true crime, è inscindibilmente collegato alla mia esperienza nelle aule di giustizia.
[D]: Dopo la pubblicazione di “L’inganno della memoria”, sei stato vittima di persecuzioni e intimidazioni da parte di uno stalker. Cosa puoi dirci di questa vicenda?
[R]: È stata sicuramente una brutta esperienza. Non avrei mai pensato che il successo raggiunto come autore, potesse indurre qualcuno a minacciare me e la mia famiglia. Per fortuna lo stalker è stato fermato, processato e condannato in via definitiva dal tribunale.
[D]: Con “L’inganno della memoria” hai creato il personaggio del pubblico ministero Elia Preziosi. Qual è stata l’ispirazione che ti ha portato a realizzare questo personaggio?
[R]: È stata la quotidiana frequentazione degli uffici giudiziari. Elia Preziosi è un ex pubblico ministero, con alle spalle un glorioso passato da avvocato penalista. È un “angelo decaduto”, un profondo conoscitore del diritto penale che combatte contro i criminali e, al tempo stesso, contro i suoi demoni.
[D]: Nella tua ultima fatica letteraria “Il confine dell’ombra” Elia Preziosi ritorna in azione dopo essersi ritirato a vita privata, cosa gli ha fatto cambiare idea?
[R]: Elia Preziosi è un uomo che vuole dimenticare il suo passato. Ma è anche, soprattutto, un uomo di legge. E così, dopo una scelta tormentata, il suo desiderio di giustizia prevarrà ancora una volta. Tornerà in prima linea e inizierà la sua lotta contro il tempo nel tentativo di fermare il più pericoloso serial killer italiano.
[D]: Qualcuno ha paragonato la figura “Orco” il serial killer protagonista de “Il confine dell’ombra” con quella di Igor, il killer di Budrio. Quali sono secondo te, se esistono, le analogie con l’uomo al centro del famoso caso di cronaca?
[R]: Gli assassini, nella realtà criminale, sono generalmente meno intelligenti di quanto si possa leggere nei romanzi gialli. Il killer di Budrio, invece, sembra davvero inafferrabile come “Orco”. Anche Igor il serbo è un omicida spietato e riesce a prevedere le mosse investigative degli inquirenti. Ma sono convinto che alla fine verrà arrestato, ormai è un uomo braccato e prima o poi, anche lui, commetterà un errore.
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