Spesso ci siamo trovati di fronte a romanzi hard-boiled, a spargimenti di sangue, a criminali di ogni specie e a indagini frustranti al limite della sopportazione umana, “Un tipo tranquillo” di Marco Vichi invece, edito dalla casa editrice Guanda, non è niente di tutto questo. La vena noir del romanzo affiora appena appena in superficie ma è un catalizzatore costante di tutta la storia. Allora parliamo un po’ di questo autore toscano che ha all’attivo ben nove romanzi e una lunga serie di racconti e testi teatrali ma che è conosciuto soprattutto per la serie di romanzi dedicata al commissario Bordelli. Come… non lo conoscete? Amici di Thriller Cafè cosa aspettate a tenervi aggiornati?
[D]: La figura del protagonista, Mario, ricorda molto almeno nelle prime pagine, il personaggio interpretato da Jack Nicholson, nel film “A proposito di Schmidt”, misantropo che di punto in bianco perde la moglie e che sembra giovare di questa perdita. Si è fatto ispirare da questa pellicola?
[R]: Non lo conosco, il mio modo di scrivere non è mai legato alla cronaca o a progetti elaborati a tavolino. Ho iniziato a scrivere perché avevo in mente questa persona, Mario Rossi, poi la storia è venuta da sé, anche io l’ho scoperta mentre scrivevo.
[D]: Si deve diffidare dalle persone troppo tranquille?
[R]: A volte sì… quando mia madre mi diceva “quanto è carino…” rispondevo che quelli carini sono i peggiori. A volte i sempre tranquilli sono quelli che si auto controllano ma non si può mai sapere come possano sfociare certi atteggiamenti.
[D]: Quali pensieri pensa susciti il suo romanzo?
[R]: Non lo so, penso comunque che sia un romanzo amaro, triste, senza speranza. Mi è arrivata una mail di un lettore che diceva che è un libro sporco nell’anima, che deve essere buttato nella spazzatura. Ma è un libro che penso disturbi solo chi si sente chiamato in causa. In questo caso penso di averlo offeso in qualche modo.
[D]: E’ quindi consapevole che il romanzo porti amarezza, qual è allora lo scopo del libro?
[R]: Nessuno scopo, volevo solo elaborare questa figura che avevo in mente.
[D]: Una personalità tranquilla è necessariamente una personalità castrata?
[R]: No, assolutamente… non vorrei apparire come una persona che racconta di personaggi che rappresentano una determinata categoria. La mia paura è proprio questa, che sembri un romanzo indicato per una sola categoria di individui ma non è così è per tutti.
[D]: Un thriller quasi a scoppio ritardato…
[R]: Non è colpa mia, me l’ha raccontata Rossi, il protagonista, la storia.
[D]: Firenze è stata patria di efferati omicidi, è stato stimolato da qualche fatto di cronaca locale per scrivere questo giallo?
[R]: No, in questo caso non cìentra Firenze, né tanto meno i fatti di cronaca.
[D]: Le piace di più definire il genere con l’appellativo di thriller, giallo o noir? E perché?
[R]: Per me è solo un romanzo, non è di genere. Ora gli editori tendono ad allargare il recipiente del noir e metterebbero dentro anche “La Divina Commedia”. Se si racconta una qualunque storia in cui vi è presente il male, lo si definisce subito un noir.
[D]: Marco Vichi si ritiene “un tipo tranquillo”?
[R]: Non come Mario Rossi! (Ride) Anzi non sono tranquillo per niente, mi piace raccontare di personaggi lontani da me, se parlassi di me non interesserebbe a nessuno.
[D]: E’ autore di testi teatrali, quanto si discosta questo tipo di scrittura con il romanzo?
[R]: Molto. L’ho imparato quando ho dovuto lavorare su di un monologo, abbiamo tagliato delle parti per lasciare un filo drammatico, per fare in modo di non abbandonare mai la tensione. Per il romanzo è diverso, il romanzo sicuramente mi appartiene di più come forma creativa.
[D]: E’ la società a generare il crimine o è il codice genetico dell’individuo a svilupparlo?
[R]: Mi chiedete se sono “lombrosiano”? (Ndr da Lombroso, considerato padre della crimilogia) No. Penso che in un mondo giusto il crimine sarebbe dello 0,0%. Il crimine è un prodotto della società. Poi ci sono degli shock o delle situazioni particolari che lo inducono, ma la maggior parte delle persone che commette un crimine conosce il male come unica possibilità.
[D]: Cosa la inquieta di più?
[R]: In assoluto la stupidità e la cattiveria! Che hanno molto in comune, anzi forse sono la stessa cosa.
[D]: Il suo prossimo lavoro che vedremo sugli scaffali delle librerie?
[R]: Sarà la continuazione di “Morte a Firenze” un poliziesco. Ho bisogno che ci sia il seguito di questo romanzo perché ci sono rimasto male del finale del precedente.
[D]: Una cosa che ha pensato quando ha riletto il suo romanzo “Un tipo tranquillo”?
[R]: Dopo averlo letto? Mi sono detto che tristezza…
[D]: Addirittura?
[R]: Sì, mi è dispiaciuto come ha vissuto la sua vita Mario Rossi, anche se cerco sempre di raccontare al meglio quello che mi rotola davanti.
[D]: Ci regala uno slogan per invogliare gli amici di Thriller Cafè ad acquistare il suo libro?
[R]: Sono un pessimo pubblicitario, non saprei… parlare bene di se stessi è sempre difficile, anche se di certo non voglio parlarne male.
Allora lo slogan lo facciamo noi per invogliare a chi non lo avesse ancora letto, ad acquistare “Un tipo tranquillo”…
Amici di Thriller Cafè leggete “Un tipo tranquillo”, un romanzo spolverato di inquietudine, che vi farà riflettere e forse vi metterà in guardia persino da voi stessi.
[D]: Cosa gliene pare?
[R]: Ottimo… un’ultima cosa… non chiamatemi giallista.
Ringraziamo Marco Vichi che non ama le classificazioni ma che resta comunque un ottimo narratore.
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