Molte volte capita che un film o una serie televisiva siano la trasposizione cinematografica di un romanzo. Al contrario sono ben poche le volte che un romanzo sia la trasposizione letteraria di un film. Il libro che recensiamo oggi fa parte di quest’ultima fattispecie. Con più precisione si tratta di un progetto innovativo e forse del tutto inedito in cui il romanzo e la serie televisiva (quest’ultima diretta da Gianluca Maria Tavarelli e suddivisa in 8 episodi in onda su Rai1) nascono e crescono insieme, in contemporanea, in una sinergia tra editoria libraria e produzione visiva.
“In questo doppio passaggio”, ha dichiarato l’autore stesso in una recente intervista, “i semi della sceneggiatura, dopo essere stati fecondati dal lavoro del set, sono tornati sulla pagina del romanzo: diversi, migliori”.
Ma andiamo per gradi. L’autore si chiama Massimo Bavastro, è un classe 1969 laureato in scienze politiche, autore di premiati testi teatrali come “Cecchini” (Festival di Riccione); “La crepa” (premio Candoni); “Camionisti” (Radio 2); “Naufragi di Don Chisciotte” (finalista al premio Ubu e premio della critica nel 2003). Bavastro ha anche sceneggiato alcune serie televisive (Ultimo – L’infiltrato; Ris – Delitti imperfetti; 48 ore; Caccia al re – La narcotici) e alcuni lungometraggi per il cinema (“Quello che cerchi”; “L’ultima stazione”). In narrativa ha esordito nel 2017 con il memoir di un’adozione internazionale, dal titolo “Il bambino promesso” (casa editrice Nutrimenti), a cui è seguito il romanzo che recensiamo oggi: “Io ti cercherò” (Longanesi, 2020).
Protagonista della nostra storia è Valerio Frediani (interpretato da Alessandro Gassman nell’omonima serie tv), un ex poliziotto allontanato dalle forze dell’ordine perché coinvolto in una faccenda di corruzione e spaccio di droga, in cui forse è stato incastrato. Oggi vive ai margini, confinato in un’anonima e scialba vita di provincia: fa il benzinaio in una desolata stazione di servizio sul litorale romano, ad Anzio. È proprio in questa fase straniante della sua esistenza che gli piomba addosso la più struggente delle notizie che un genitore possa ricevere: le acque limacciose e torbide del Tevere, a valle di Ponte Marconi, hanno restituito il corpo esanime di suo figlio Ettore.
Suicidio? Tutti ne sembrano convinti, ma non la sua ex fiamma ed ex collega Sara. Qualcosa infatti non quadra. Gli ambienti sordidi e senza scrupolo nel quale sembra coinvolto il ragazzo, sembrano non appartenergli. Sul verbale non risultano i nomi dei colleghi di turno quella notte. I testimoni sembrano intimiditi, come se avessero visto qualcosa di insolito. E poi gli orari e alcuni dettagli non coincidono. Sono troppi gli anelli mancanti e gli elementi equivoci, abbastanza perché Valerio – sulle prime afflitto da un senso di colpa che lo immobilizza e sormontato da un dolore che gli lacera le carni – decida di reagire, di tornare nell’inferno della periferia romana, ospite di suo fratello Gianni (anch’egli poliziotto) e di lanciarsi in un’indagine scomoda e dolorosa, che lo metterà di fronte ai propri fantasmi, costringendolo a fare i conti col proprio passato di uomo e di padre. Ad aiutarlo ci saranno l’ex, Sara, ma anche Martina, la fidanzata di suo figlio Ettore, con cui Valerio condivide la sofferenza derivante da una perdita incolmabile. Sarà proprio Martina a guidarlo nella riscoperta del forte legame, profondo e viscerale, che Valerio aveva col suo amato figlio, nonostante lo avesse perso, nonostante la sopraggiunta incomunicabilità, le divergenze, i silenzi e la lontananza tra loro.
«Non era soltanto la divisa, papà. C’avevi pure un manganello, e non stava lì per bellezza.»
«Te lo sei mai chiesto perché mi hanno sospeso, perché adesso sono qui ad Anzio come uno stronzo?»
«Perché ti sei messo a trafficare droga?»
«È questo che pensi?»
«Non è andata così? Non avevi la droga nella macchina? Ce l’ha messa qualcuno per incastrarti? Allora perché non me l’hai detto?»
«Perché eri sparito.»
«E perché non m’hai cercato?! Dovevi cercarmi, e se non mi trovavi dovevi continuare a cercarmi, è questo che fanno i padri! T’ammazzerei per quanto sei stronzo.»
Il ragazzo non può sapere che sarà proprio lui a morire ammazzato, e che con quelle parole avrebbe presagito l’imperativo morale dell’esistenza futura di suo padre, incentrata sulla ricerca del figlio ormai morto. Ma è davvero troppo tardi? Valerio si getta con ostinazione (cos’altro potrebbe fare?) in quest’indagine, dalla quale vede emergere, poco alla volta, un Ettore sorprendente, molto diverso dal ragazzo che credeva di conoscere, e invece molto più simile a lui: combattivo, orgoglioso, amante della vita, altruista e determinato a fare la propria parte nel mondo. Un Ettore ribelle e idealista, sempre pronto ad aiutare il prossimo più bisognoso, a pretendere giustizia. Un Ettore che suo padre sente sempre più vicino, proprio adesso che non c’è più, riscoprendo poco alla volta un tardivo quanto straziante senso di paternità, insieme al rimorso e al rimpianto di non aver provato questi sentimenti prima, quando sarebbe stato ancora in tempo. Questo lacerante e drammatico confronto a distanza col ricordo e con la riscoperta di suo figlio, e con il proprio passato, è un’onda emotiva ingestibile, che finisce per incidere su quello che tecnicamente si chiama l’arco di trasformazione del personaggio, cioè l’evoluzione, il viaggio di Valerio, la cui esistenza infine risulterà cambiata nel profondo.
Potremmo definire questo romanzo come un giallo sentimentale, un thriller amaro e drammatico, un noir lancinante oppure un poliziesco emozionale. In ogni caso avremmo ragione, perché il testo è un crossover ricco di contaminazioni, che supera la narrativa strettamente di genere, della quale utilizza soltanto l’intelaiatura e la struttura per poi addentrarsi nelle profondità delle atmosfere e soprattutto dei personaggi, che costituiscono la vera essenza della narrazione. Per questa ragione crediamo di non sbagliare nel dire che – al di là dell’architettura del genere – “Io ti cercherò” è un romanzo che affronta tematiche contemporanee a tutto tondo, dall’immigrazione, alla violenza, alla criminalità, ma soprattutto è un romanzo di personaggi sul tema della potenza delle relazioni umane e della paternità. È la storia di una perdita, ma anche di un ritrovarsi; è la narrazione del contraddittorio rapporto tra padri e figli (e in questo senso è perfino romanzo di formazione), dentro una contemporaneità gassosa, priva di esempi e di schemi comportamentali la cui latitanza genera un senso di confusione e smarrimento, soprattutto nei genitori.
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