Recensiamo oggi Italian Cowboys, romanzo di Davide Lisino uscito nel 2008 per i tipi di Fandango.
Titolo: Italian Cowboys
Autore: Davide Lisino
Editore: Fandango
Anno di pubblicazione: 2008
Pagine: 253
Più che un western, è un northern.
Così recita la quarta di copertina di Italian Cowboys, romanzo di Davide Lisino pubblicato nella collana della Fandango Quindicilibri. Il gioco di parole si comprende bene sin dall’inizio della lettura. Un investigatore privato di non molto successo, Sergio Ventura, esperto di arti marziali e con una spiccata propensione a cacciarsi nei guai, viene assunto da un apparentemente anonimo Giovanni Rossi, in realtà attore porno con il nom de plume di Joe Cowboy, per indagare su alcune minacce ricevute. I due, assieme alla compagna dell’attore, Clara, si rifugiano in Val D’Aosta, ameno luogo ormai divenuto classico teatro di omicidi e altri fatti strani (dice niente il nome Cogne?), e dove in effetti, di fatti strani, cominciano a succederne parecchi. Un northern, dunque, ovvero un impianto romanzesco americano trapiantato di peso nel nostrano nord Italia.
Italian Cowboys è uno di quei libri che sono più tecnica che sostanza, con un’insistenza che a volte scivola nella maniera. Non per niente Lisino è un “prodotto” della Scuola Holden, diretta e tutelata dal nume Alessandro Baricco. Alla Holden non si insegna il talento, che infatti non può essere insegnato, ma la tecnica e la struttura. A volte può non bastare, ma insomma capire come funziona il giocattolo può essere di grande aiuto.
Di certo ha aiutato Lisino, che infatti costruisce un’onesta trama thriller mischiando nella padella tutti i giusti ingredienti del genere, e senza mai dare l’impressione di stare improvvisando. Il risultato è un gioco in cui vengono mescolati i clichè dei polizieschi e dei noir, esasperandoli e mai prendendoli sul serio, anzi puntando molto sul loro lato divertente, a volte persino grottesco (valgano per tutte i numerosi spunti porno-comici che Joe Cowboy dissemina lungo tutto il romanzo).
Innanzitutto i personaggi. Ventura è il classico detective cinico e sempre in bolletta, abbandonato dalla moglie e dal collega che al brivido delle avventure pistola in pugno preferisce la rassicurante comodità del posto fisso di vigile urbano (e di ‘sti tempi, verrebbe da dire, chi potrebbe dargli torto?). E’ una persona sarcastica, forse persino troppo: tutti i dialoghi, e quando dico tutti intendo tutti, hanno almeno una battuta salace, un pizzico di veleno, una mordicchiatura più o meno feroce che però alla lunga risultano un po’ indigesti.
Il suo partner, anch’egli clichè, è il necessario controcanto dell’investigatore, proprio da manuale di scrittura creativa. Stupidotto, poco sale e poca ironia, solo molto fortunato ad avere avuto nella vita un dono (si, mi riferisco proprio a quello) che gli ha permesso di fare un po’ di soldi, e tuttavia generoso, di buon cuore, quello insomma che il lettore alla fine dovrebbe prendere un po’ in simpatia e un po’ compatire.
Infine lo svolgimento della storia. Ci sono scazzottate, sparatorie, inseguimenti e scontri in macchina e l’immancabile dualismo con il maresciallo dei Carabinieri, ovvero l’Autorità, ovvero l’esatto opposto di quello che Ventura rappresenta.
C’è insomma la tecnica e c’è l’assemblaggio, ma delle volte sembra sacrificata la profondità, quando non addirittura lo studio della tridimensionalità dei personaggi.
La trama finisce un po’ per perdersi dietro al fitto fuoco di battute che Ventura non risparmia a nessuno e in nessuna situazione, e certi passaggi risultano poco comprensibili. Ma c’è di buono che il romanzo, ogni tanto, strappa un genuino sorriso.
Alla fine della lettura resta il dubbio se Lisino abbia volutamente calcato la mano per prendersi gioco di una serie di stereotipi, oppure se Italian Cowboys sia il risultato di un’ibridazione solo a tratti riuscita.
Cristiano Idini
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