Jean Patrick Manchette ha molte cose in comune con Jean Claude Izzo. Sono quasi coetanei (Manchette è nato nel ’42, mentre Izzo è del ’45), sono nati nella stessa città, Marsiglia la culla del noir, condividono la stessa fede politica di sinistra. Ma c’è un altro fil rouge che li collega. Ad entrambi, le Parche hanno concesso una vita breve, tagliando il filo della loro esistenza quando erano poco più che cinquantenni, quasi accumunati da un fato inesorabile.
Manchette ha fatto molti mestieri nella sua vita. Oltre che scrittore è stato giornalista, traduttore, editore, sceneggiatore, critico cinematografico e letterario a dimostrazione di grandi capacità eclettiche.
Come Izzo, anche Manchette trae dal sociale l’ispirazione dei suoi libri. Fedele al suo motto che “Un buon noir è un romanzo sociale, di critica sociale, che prende spunto da storie di crimini”, Manchette è un innovatore che si afferma come uno dei maestri del cosiddetto genere “polar”, neologismo che nasce dalla fusione dei termini “poliziesco” e “noir”.
Il romanzo polar si propone in definitiva di dare un ritratto lucido e a volte impietoso della società (nel caso di Manchette si tratta di quella francese) e ne denuncia gli aspetti spesso violenti e ingiusti. Non dimentichiamo infatti che Manchette vive un periodo di forti fermenti sociali quali sono quelli del Maggio ’68 in Francia.
L’approdo di Manchette alla scrittura noir segue i suoi esordi come traduttore di alcuni autori angloamericani come Robert Bloch, Donald Westlake, Ross Thomas ed altri. Mestiere che non abbandonerà neanche dopo l’affermazione come autore, completando la traduzionedi ben trenta opere. Anche televisione e cinema per i quali inizierà a scrivere nel 1966, contribuiranno alla sua formazione di romanziere.
Dopo aver pubblicato il suo primo romanzo nel 1971, “Laissez bronzer le cadavres” scritto a quattro mani con Jean Pierre Bastid, lo stesso anno esce “L’Affaire N’Gustro”. Ispirato al caso Ben Barka, uomo politico marocchino attivista del movimento indipendentista, rapito a Parigi nel 1965 in circostanze misteriose, si suppone dai servizi segreti francesi in collaborazione con quelli marocchini e mai più ritrovato, è un romanzo scarno e tormentato che descrive, senza troppe concessioni, un mondo dove non esistono spie buone o poliziotti buoni.
L’anno successivo vede la luce il secondo romanzo Nada, titolo ispirato ad una frase di Hemingway “nada y pues nada y nada y pues nada (niente e per niente e niente e per niente).
I personaggi che popolano i romanzi di Manchette sono degli antieroi spesso rovinati dalla società nella quale sono cresciuti.
Questo costituisce l’elemento di innovazione nei romanzi di Manchette: il noir come proposta culturale che cerca di fa prendere sempre maggiore coscienza al lettore della società che lo circonda. L’impegno politico di Manchette è evidente e senza compromessi o giustificazioni di sorta. Per lui il romanzo è come una specie di arma sociale come lui stesso afferma: “il poliziesco è un genere morale. È la grande letteratura morale della nostra epoca”.
Torniamo per un attimo al romanzo Nada. La storia ruota attorno ad un gruppo di anarchici, Nada per l’appunto, che vivacchiano alla meglio e hanno un sogno politico comune: eliminare tutte le ipocrisie politiche. Da qui l’idea di dare un senso pratico con un’azione clamorosa. Rapire l’ambasciatore USA a Parigi.
Riusciranno nel loro intento e questo darà inizio ad una spietata caccia all’uomo che si concluderà tragicamente con una sparatoria che ricorda il finale di alcuni film di Luc Besson.
Di Nada il regista francese Claude Chabrol ne curerà la trasposizione cinematografica nel 1974. Il film (uscito in Italia con il titolo “Sterminate gruppo Zero”) ha fra gli interpreti principali Fabio Testi e Mariangela Melato.
La produzione di Manchette non è vastissima, poco più di una decina di romanzi però tutti di qualità. Lo stile è particolarmente raffinato, si avvertono le influenze di Gustave Flaubert assieme a quelle dei migliori scrittori americani del genere noir come Dashiell Hammet, combinate con gusto magistrale.
Manchette, come abbiamo detto, ha molteplici interessi. Per il cinema dove collaborerà alla sceneggiatura di film polizieschi di registi fra cui Jacques Deray e Philippe Labro (stranamente tra i principali interpreti di questi film figura Alain Delon, le cui idee politiche non coincidevano esattamente con quelle di Manchette).
Difficile stabilire quale sia il masterpiece di Manchette. Sono tutti di ottimo livello e, oltre a Nada, meritano una citazione Fatale (1977) e Posizione di tiro (1981), ultimo romanzo pubblicato quando Manchette era ancora in vita. Questo romanzo che racconta lo storia di un killer professionista che deve eseguire un ultimo contratto prima di smettere, ha uno dei più belli incipit “meteorologici” dei noir.
Ma forse quello che è più affascinante per i suoi ritmi cinematografici e musicali è Piccolo Blues (1977). Il racconto di Georges Gerfaut, una persona normale e buon padre di famiglia, a dispetto del cognome che significa girifalco, un rapace. Una notte, mentre fa rientro a casa, si ferma per aiutare un’auto apparentemente accidentata…
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