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Lo scorso 14 gennaio è uscita l’edizione italiana (tradotta da Elena Cantoni) di “Katie“, l’ultimo arrivato dalla vasta produzione di Michael McDowell che la casa editrice Neri Pozza sta pubblicando in questi anni. “Katie” è uno stand-alone di oltre quattrocento pagine che, se apprezzate il gotico, il grottesco e non disdegnate ambientazioni storiche di una certa crudezza, divorerete d’un fiato.
Siamo in America, nel 1871. Da tempo la giovane Philo Drax e sua madre vivono con i miseri guadagni del lavoro da sarta di quest’ultima. Le cose, per loro, stanno per mettersi davvero molto male quando una nuova sarta arriva nella piccola cittadina, sennonché le Drax ricevono un aiuto inatteso ed insperato: il nonno di Philo, ricco ma caduto in disgrazia e con una situazione di grave pericolo in corso, chiede alla nipote – che non ha mai conosciuto – di raggiungerlo per aiutarlo con gli Slape, una famiglia che, per varie traversie, ha occupato la sua casa e la sua proprietà. Ebbene, Philo ci andrà di certo, ma ciò che accadrà in quella casa e per i mesi a venire è ben lontano da qualunque forma di immaginazione: il sangue sta per sgorgare e fermarlo sarà più arduo che mai. Ci vorrà tutta la determinazione di una giovane donna disperata e audace per riuscirci.
Ebbene, “Katie” è un libro oscuro, a tratti angosciante, con forti risvolti storico-sociologici fortemente legati all’ambientazione tratteggiata da McDowell. Un plauso speciale va poi rivolto all’autore, per aver saputo ricreare così mirabilmente la società, i costumi, persino i pensieri della gente di fine Ottocento: sembra proprio che il libro non sia contemporaneo, ma scritto direttamente nel tempo in cui è ambientato. Anche le emozioni che suscita, caratteristiche e tipiche del gotico molto più che dell’horror, rimandano proprio ad una storia scritta nell’Ottocento, non solo ambientata in quel periodo. In definitiva, “Katie” è un libro credibile, scorrevole, non oserei definirlo piacevole, ma certamente molto ben scritto e congegnato. C’è qualcosa di sottilmente perverso in questa storia, al di là di quello che è già manifesto: è nell’animo malvagio e temibile di Katie, è nella scaltra freddezza di Anna, nella stolidità di John Slape… ma è anche nell’atteggiamento di Jewel Barley, in quello di Ida… la sfiducia verso il genere umano è chiara e, se non totale, molto, molto pregnante. Eppure, per quanto crude siano certe scene, per quanto sordida sia la perversione, consiglio comunque la lettura.
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