Terza avventura della premiata agenzia investigativa Cantoni di Nowhere (l’autrice non ci ha ancora consegnato le coordinate geopolitiche della città dove ambienta i suoi romanzi, né validi indizi per identificarla), diretta da un ex poliziotto fascinoso e portata avanti da due collaboratori un po’ bizzarri: Tonino, classico partenopeo pacioso, munito di alano Arlecchino di nome Otto e Anna, detta Nannarella, all’apparenza borghesissima moglie di Alessandro ( in questo episodio trasposto in Islanda per lavoro) e mamma di Luca, anni 5 e un disagio molto evidente che lo porta a simulare malori e organizzare la distruzione della sua scuola materna.
La committente stavolta è un’insospettabile: innegabilmente bella, pacificamente intelligente e con quell’allure particolare che la sua disabilità esalta. Lucia ha perso una cara zia, praticamente la donna che l’ha cresciuta, nel corso di una rapina casalinga dove la povera donna è stata legata e abbandonata a soffocare. Non è soddisfatta delle conclusioni ufficiali degli inquirenti, che stivano in fretta la vicenda nella cartella dei casi simili occorsi nella zona, e chiede alla squadra più sgangherata che c’è di fare maggior chiarezza.
Intendiamoci, chi ha già letto le due puntate precedenti (Gli insospettabili e Il testimone chiave), potrà cadere nell’inganno e collocare questa storia nel filone del cozy crime, del gialletto divertente per casalinghe annoiate, dove non ci sono regole investigative e neppure agenti senza scrupoli ma con macchie esistenziali forti. Errore.
Devo ammettere che poche volte, leggendo una serie di romanzi aventi gli stessi protagonisti, ho riscontrato uno dei topoi narrativi, che dovrebbe essere sempre presente ma che raramente riesce all’autore. Si chiama evoluzione del personaggio. La Savioli ci è riuscita, eccome, sviluppando in modo delicato ma sapiente non solo la sua Anna, ma anche i colleghi, la sorella Lavinia e persino il marito. È cambiato perfino lo scenario, qui nevoso e gelido come in Fargo dei fratelli Coen.
Tonino, il piacione in carne, che riusciva a far cantare qualunque testimone assomigliandogli come Zelig di Woody Allen, qui è saggio, malinconico, un po’ scuro, e rivela la sua ferita esistenziale.
Cantoni, di cui Anna teme sempre lo sbarellamento per sua sorella Lavinia, e si produce in giochi pirotecnici estremi pur di non farli incontrare, dimostra di aver superato egregiamente la sbandata. Alessandro, molto nostalgico di casa e famiglia, dovrà ammettere che i suoi se la sono cavata anche senza di lui.
Ma è Anna il personaggio ancora una volta centrale, con la sua capacità magica di parlare con animali e piante (retaggio di un trauma che le ha lasciato una macchiolina nel cervello e questa empatia straordinaria per mondo piccolo), con la sua caterva di insicurezze e sensi di inferiorità, seppelliti sotto strati di sfinimento fisico e disorganizzazione mentale che- cementati dalla sua leggiadria e intelligenza- se da un lato rappresentano plasticamente gli equilibrismi di una donna moderna, dall’altro regalano piccole perle di saggezza e aforismi da ricordare. Ne cito solo alcuni, i miei preferiti: “La paccottiglia inutile dell’autocommiserazione”, “ogni momento della vita che è un po’ rischio e un po’ opportunità”, “ l’affetto si guadagna e non si ruba” e poi le righe bellissime sulle bestie ferite che troverete a pag 209.
Intendiamoci, si ride ancora anche in questo romanzo, perché Sarah usa i suoi animali – protagonisti per sfottere gli umani, e lo fa umanizzando le bestie, dando loro i tic, le manie, le prosopopee degli umani con cui vivono e da cui sfuggono. Oppure dando significati molto diversi agli atteggiamenti delle bestiole che gli umani fraintendono.
E soprattutto si sorride, ci si intenerisce, seguendo i piccoli malumori e dolori di Luca, che non vuole andare all’asilo e si mammizza molto da quando il suo papà è lontano, e seguendo anche le goffe e deliziose manovre di avvicinamento alla maternità di sua zia Lavinia, prima occupata solo a piacere, divertirsi e splendere in giro, e qui gli si addormenta di fianco in una palla di abbracci felpati.
Se vorrete prendere una pausa da sparatorie, serial killer e scene pulp, senza perdere il gusto per la trama gialla, arricchendovi di piccole immense massime di vita, provate a leggere questo libro. Sono certa che guarderete con occhi nuovi persino i gechi.
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Articolo protocollato da Alessia Sorgato
Libri della serie "Agenzia Cantoni"
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