Un classico recensito oggi al ThrillerCafe: La camera azzurra, di Georges Simenon.
Titolo: La camera azzurra
Autore: Georges Simenon
Editore: Adelphi
Anno di pubblicazione: 2003
Pagine: 154
Trama in sintesi.
Tony è accusato dell’omicidio della moglie. Dietro al suo gesto l’ombra dell’adulterio, e il desiderio di vivere per sempre con l’amante. Ma le cose non sono quelle che sembrano, e l’accusato potrebbe essere lui stesso una vittima. La storia, raccontata attraverso i flash-back della ricostruzione di un giudice istruttore, metterà a nudo i sentimenti e le ossessioni dei protagonisti.
L’uomo è davanti allo specchio, e guarda assorto il proprio labbro insanguinato. Dietro di lui, la sua amante ancora nuda è languidamente distesa nel letto, calda del sesso appena concluso. Gli chiede come giustificherà con la moglie quel morso che lei gli ha dato di proposito, e poi gli chiede anche se lo ama, e se mai passerebbe la vita con lei.
Lui risponde distratto, incapace di dare a quelle domande la giusta importanza che invece avrebbero meritato. Una donna, un’amante, non chiede una cosa del genere solo per fare conversazione, ma lui l’avrebbe capito troppo tardi.
Attorno a questa scena, ciclicamente riproposta nella mente del protagonista come un castigo, ruota il senso di La camera azzurra, di George Simenon. Un noir che parla della passione amorosa che si tramuta in ossessione, sino a distruggere tutto ciò che si frappone ad essa per ostacolarla.
Tony, il protagonista, durante tutto il libro è come stordito dai terribili eventi che gli si rovesciano addosso, incapace di provare emozioni se non in momenti particolarmente tesi. Gli pende sopra il capo un accusa di omicidio, ma quasi sembra non riuscire a capacitarsene, sembrando più stupito che atterrito dalla piega perversa che la sua vicenda extraconiugale ha preso.
Attorno a lui gli altri attori di questa tragedia. Il giudice istruttore, attraverso i cui interrogatori viene ricostruita tutta la storia, e che sembra provare persino una vaga traccia di simpatia per un uomo che, intuisce, forse è stato travolto da eventi che non è stato capace di governare. La moglie Gisele, grigia e consapevole, la madre dalla testa china che resiste finché non vede, e che si rifiuta di vedere per non cedere. E poi lei, Andrèe, la donna che sembrava incapace della minima passione e che invece se ne rivela piena. Anche se di una passione malata, febbricitante, che la porta a impazzire quel tanto sufficiente a non distinguere più il bene dal male, in nome di un amore superiore che alla fine esiste solo nella sua testa.
Come al solito Simenon è abile nel tracciare la psicologia dei personaggi, per far avanzare la trama attraverso le l’indagini non sui fatti quanto sulla profondità del significato delle azioni umane. Siamo dentro la testa di Tony mentre assistiamo ai suoi interrogatori, e viviamo l’ottusa ossessione di Andrèe e del suo mondo fittizio mentre dichiara il suo amore folle.
Il tutto con la consueta scrittura asciutta, sempre lontana dal luogo comune, attenta ai dettagli eppure senza nemmeno una parola di troppo. Un libro stampato per la prima volta negli anni sessanta ma, come tutta l’opera di Simenon, moderna come se fosse stata scritta adesso.
Cristiano Idini
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