La casa dei cadaveriinizia con un primo capitolo molto intenso. È Beth che parla, trasmettendoci tutto il dolore di quegli ultimi attimi che sta vivendo accanto alla madre. È del tutto smarrita, è rimasta sola ad accudire il fantasma della donna che le ha voluto bene per tutta la vita. Si sente impotente, triste, vuole farsi forza e respinge le lacrime. Come un automa, inizia a preparare il sandwich preferito della mamma, come se lei potesse mangiarlo. Affetta il pomodoro con lentezza, il suo succo invade il piano della cucina e lei lo osserva, come ipnotizzata. Lascia che una mosca ci voli sopra e si nutra di quel nettare. A sua madre mancano pochi attimi di vita e lei non sa nemmeno cosa sta facendo. La straziante attesa di qualcosa a cui nessuno è mai pronto.

È come se fossimo tutti in fila, in attesa che venga chiamato il nostro numero, pensando che in fondo quel giorno non arriverà, e invece arriva, è arrivato.”

Jeneva Rose, autrice bestseller del New York Times, ci catapulta subito in questo clima di desolazione. Ci sbatte in faccia una realtà a cui tutti dobbiamo far fronte, prima o poi. Le pagine iniziali di questo romanzo rendono perfettamente l’idea dell’atmosfera lugubre in cui sarà immerso: morte, smarrimento, desolazione, confusione e tristezza saranno il continuo intercalare della trama.

La casa dei cadaveri è una storia familiare che si svolge ad Allen’s Grove, una piccola comunità nel sud-est del Wisconsin, luogo che esiste realmente e che fa parte dell’adolescenza dell’autrice. È di certo per questa ragione che l’ambientazione in cui si districa la trama è ben delineata e descritta in modo così dettagliato. Ed è Michael, il fratello di Beth, che osserva l’aspetto del Grove, da cui manca da diversi anni e che, tornandoci per la morte della madre, si rende conto che nulla è mutato.

“Il Grove conserva lo stesso aspetto che ricordavo. Le piccole città non si evolvono. Non crescono. Non cambiano. Rimangono tali e quali a come sono sempre state. Passo davanti al parco, che si trova al centro della nostra piccola comunità dimenticata da Dio. Vedo grandi alberi sparpagliati qua e là. Sono le uniche cose che crescono qui attorno. Per il resto, lo stesso scivolo, la stessa altalena e gli stessi tavoli da picnic, solo arrugginiti e più usurati.”

Nicole, invece, non farà ritorno a casa di sua spontanea volontà, ma sarà Beth, ancora una volta, a doverla recuperare in ospedale dove è andata a finire dopo aver subito un’aggressione. La terza sorella è dipinta come un vero e proprio disastro: è finita nel tunnel della droga ed è sotto metadone da ventinove giorni. Aveva promesso a sua madre di farsi rivedere al trentesimo giorno di disintossicazione, ma, purtroppo, non ha fatto in tempo. Questo sarà il suo rimpianto più grande.

L’autrice ci presenta quindi Beth, Michael e Nicole, avendo cura di farceli conoscere attraverso tratti caratteriali ben precisi. Beth è dilaniata da una vita che l’ha messa tante volte a dura prova, fino all’ultimo secondo, rimasta sola ad occuparsi di una madre malata senza l’aiuto di nessuno, giudicata mediocre da Michael che, al contrario, pare sia un uomo ricco e affermato. È cinico e altezzoso anche nei modi, ma non si sottrae nel dare aiuto alle sue sorelle, soprattutto dando manforte a Nicole, che è sempre stata la più fragile e pare essere la sua favorita. Lei è sempre stata una ragazzina ribelle e volubile, e questo l’ha portata ad imboccare cattive strade.

“Non provo rancore per loro, ma so che ce l’hanno con me. È che io le ho superate. Me ne sono andato di qui. Ho scoperto un mondo al di fuori del piccolo orticello dove siamo cresciuti, e loro mi odiano per questo. Sono invidiose, ma non le biasimo. Quando tu brilli più del sole, per gli altri diventa difficile guardarti bene in faccia.”

Tra tutti è Beth la più infastidita, la più rancorosa verso i suoi fratelli. È stata lei a doversi far carico della responsabilità di star dietro alla madre, perché “non hanno vissuto in questa casa negli ultimi mesi. Non l’hanno vista trasformarsi in un ospedale, e poi in un memoriale. Non hanno visto mamma morire prima lentamente e poi all’improvviso, tutto in una volta. E io li odio per questo.”

Stabilito un primo quadro generale dei luoghi e dei protagonisti di questa storia, La casa dei cadaveri entra nel vivo della trama quando i tre fratelli, intenti a sistemare gli oggetti di casa, trovano delle videocassette registrate da Laura, la madre, con una videocamera casalinga. Decidono di fare un salto nei ricordi e scelgono di guardarne una girata nel 1999, il 15 giugno. La scena registrata per sbaglio alla fine del video familiare, mette in discussione l’avvenimento eclatante di quel giorno: la scomparsa di Emma, la giovane figlia dei vicini di casa. Cosa stavano facendo i loro genitori in quei pochi fotogrammi?

“La videocamera cade a terra. L’immagine della ragazza è di traverso, adesso è inquadrata da un’altra angolazione. Gli occhi azzurri sono offuscati quasi fossero stati immersi nel latte, sembrano due diamanti Blu di Francia che fluttuano in fondo al mare, persi per sempre. Fissano l’obiettivo, ma è come se stessero guardando me per chiedere aiuto con ventitré anni di ritardo, come la luce di una stella esplosa da tempo che finalmente arriva fino a noi.”

A questo punto il thriller ingrana e l’autrice, attraverso una scrittura talmente scorrevole e coinvolgente da non lasciare spazio a pause di lettura, ci fornisce con abilità dei piccoli indizi, mantenendo viva la curiosità di scoprire cosa sia realmente accaduto quella notte del 1999. Unitamente ai tre fratelli, ci si inizia a chiedere quale sia stato il ruolo dei loro genitori nella morte di Emma.

La trama, ingegnosamente costruita, si snoda pian piano, grazie alla scelta di narrare ogni capitolo dal punto di vista dei tre fratelli e attraverso i flashback della madre. Jeneva Rose durante il racconto semina dei segnali che potrebbero far intuire, quanto meno, l’identità del sospettato, senza però mancare di originalità.

Alla storia si uniranno anche altri personaggi tra cui Lucas, fratello di Emma e amore mai placato di Beth, e Charles, un tipo strano e solitario. Anche loro andranno a far parte dei tasselli del terribile puzzle che si andrà a completare proseguendo con la lettura.

La casa dei cadaveri, pur essendo un thriller a tutti gli effetti, tratta il tema dominante in maniera molto profonda. La famiglia è la cosa più importante nella vita delle persone, è come un grande contenitore pieno di allegria, felicità, dolcezza, ma anche di rancori, problemi e colpe. Ed è proprio per mantenere quel contenitore sempre pieno e in equilibrio che spesso i genitori prendono delle decisioni riguardo ai loro figli che ci fanno chiedere: c’è un limite all’amore? È lecito scavalcarlo? A quale prezzo?  

Recensione di Erika Giliberto.

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