Siamo in un piccolo villaggio nel Massiccio Centrale francese. Quando l’ispettore André Ventura fa irruzione sulla scena di una sparatoria, non solo trova che a imbracciare la doppietta è un’arzilla ultracentenaria ma dovrà anche difendersi dalla mira della scaltra “nonnina”.
Portata in commissariato, la centoduenne Berthe Gavignol inizierà a raccontare l’incredibile storia della sua lunga vita fatta di sofferenza, povertà e dolore, tra mariti violenti e soldati nazisti pronti ad approfittare di lei. Ne uscirà una narrazione che lascerà increduli e sconcertati Ventura e la sua squadra.
Chi è in realtà Berthe? Una serial killer cinica e spietata con parecchi scheletri nell’armadio, o meglio cadaveri in cantina, o una femminista ante-litteram pronta a difendere se stessa e i propri diritti a qualunque costo?
Benôit Philippon, al suo secondo romanzo, si è imposto con questo genere polar (neologismo che deriva dai termini poliziesco e noir) raccontandoci una storia che talvolta fa sorridere, ma di un riso che vira immediatamente nella riflessione.
Straordinaria la figura di Berthe con la quale non si fa fatica a empatizzare fin sa subito: fragile e acciaccata solo in apparenza, la donna si rivelerà ben presto ironica, sarcastica e con un’esilarante lingua affilata.
Le numerose pagine, che io ho divorato voracemente, dimostrano la grande capacità dell’autore nel tessere una trama un po’ grottesca e nel tratteggiare un personaggio piuttosto sopra le righe allo scopo di portare i lettori proprio là dove lui voleva: a riflettere su quanto sia stato difficile guadagnare “piccoli pezzi” di autonomia per le donne che sono vissute a cavallo delle due guerre. Essere belle, procaci e indipendenti era a quei tempi (ma è poi così tanto cambiato?) sinonimo di ragazza di facili costumi. Poco importava se gli uomini che si permettevano di giudicare erano proprio coloro che avevano amanti in ogni dove e mettevano a tacere le proprie mogli a suon di botte. Ma Berthe non ci sta. Non ci sta e reagisce. E come reagisce…
«Io non vi capisco, voi donne. Eppure fate una bella vita. Avete cibo, abiti puliti, una casa, e tutte le responsabilità sono a carico del marito. Non avete nessuna palla al piede e oggi tu mi vieni a parlare di parità».
«E la necessità di avere l’approvazione del marito per aprire un conto in banca e usare il proprio denaro, trovi che non sia una palla al piede? Dover elemosinare per avere il diritto di voto, ti pare si possa chiamare libertà? Rischiare di beccarsi una multa perché tu porti i pantaloni come lo chiami?»
Attraverso queste pagine davvero piacevoli sarà anche facile arrivare a domandarsi: può un omicidio diventare lecito? Se la tua cultura, il tuo paese e la tua famiglia sono portatori di soprusi e violenze, quale è il confine oltre il quale non si tratta di omicidio bensì di legittima difesa?
Questa lettura regala un’infinita varietà di emozioni/sensazioni: ci fa ridere, incuriosire, riflettere e commuovere.
Consigliato per l’originalità di struttura e narrazione.
Benôit Philippon (1976), cresciuto tra Costa d’Avorio, Antille, Canada e Francia, è scrittore, sceneggiatore e regista. La centenaria con la pistola, suo secondo romanzo, l’ha imposto come uno dei migliori autori di polar francesi.
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