Il 18 febbraio è uscito, per Piemme, “La congiura di Dante“, del giornalista, sceneggiatore e scrittore francese Fabrice Papillon, per la traduzione di Maria Moresco. Su questo libro si potrebbero dire molte cose. Innanzitutto, però, una precisazione prima di cominciare: non pensate di essere davanti ad un “normale” thriller, neppure un classico thriller apocalittico. Dimenticate le etichette e le definizioni: qui si va oltre.

Tutto comincia a Parigi, nei sotterranei di uno dei monumenti più importanti della città, il Pantheon, dove sono conservate le salme dei personaggi più importanti della storia di Francia. È qui che si introduce una squadra specializzata disposta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo: rubare il cranio della famosa scienziata Marie Curie. Sì, avete capito bene, non l’intero corpo – che già sarebbe stato macabro – ma solo il cranio, con tutto ciò che ne consegue in termini di operazioni in loco. Poco dopo, in un’altra zona di Parigi, un uomo in fin di vita viene depositato ai piedi della commissaria Louise Vernay da un motociclista che, prima di fuggire, recita uno strano motto, una frase che appare come una profezia. Da queste due operazioni condotte quasi in simultanea ha inizio un viaggio folle che da Parigi ci porterà in giro per mezza Europa, nel tentativo di sventare i saccheggi di altre teste illustri. Mentre seguiamo la volitiva, sfrontata, anche lei notoriamente folle Louise Vernay, non possiamo non chiederci cosa o chi ci sia dietro quella che sembra sempre più una trama ordita ad arte per perseguire un obiettivo più grande… e quale sarà, alla fine, quest’obiettivo? L’unica cosa che potrà forse guidarci sono le citazioni: la prima, quella recitata a Louise dal motociclista, e le altre che troveremo man mano disseminate lungo la via di morte. Sono tutte tratte dalla Commedia Dantesca e portano alla luce strani, inquietanti e persino pericolosi legami e parallelismi… Ebbene, vi dicevo prima che qui si va oltre. Sì, ma oltre cosa? Oltre il thriller, certamente, tanto da sfociare nel distopico o nel fantascientifico; oltre la ragionevolezza, forse. Man mano che si avvicinava il finale, mi sono chiesta: fino a dove è consentito spingersi pur di lanciare un messaggio? E da lettrice mi chiedo: la fiction fino a dove può spingersi nel raccontare una storia? Il finale di questa, per esempio, secondo me è andato oltre il consentito e l’umanamente sopportabile. Per il resto il libro è ben scritto e ben pensato, le connessioni tra scienza e Divina Commedia sono affascinanti ed interessanti, finché non prende una deriva incontrollata il thriller è avvincente, Louise Vernay poi è un personaggio di quelli che fanno breccia, non si dimenticano i suoi modi decisamente poco ortodossi. Ma nel decidere se consigliarlo o no, per me c’è e rimane un grosso “ma” proprio per via del finale.

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La congiura di Dante
  • Papillon, Fabrice(Autore)

Articolo protocollato da Rossella Lazzari

Lettrice compulsiva e pressoché onnivora, una laurea in un cassetto, il sogno di lavorare nell'editoria e magari, un giorno, di pubblicare. Amo la musica, le serate tra amici, mangiare e bere bene, cantare, le lingue straniere, i film impegnati e cervellotici, il confronto, la condivisione e tutto ciò che è comunicazione.

Rossella Lazzari ha scritto 171 articoli: