Il maestro Camilleri recensito oggi su ThrillerCafe; il libro scelto è La danza del gabbiano, romanzo della saga del commissario Montalbano.
Titolo: La danza del gabbiano
Autore: Andrea Camilleri
Editore: Sellerio
Anno di pubblicazione: 2009
Pagine: 267
Il commissario Montalbano, creazione letteraria di Andrea Camilleri, è forse il personaggio seriale italiano più longevo e famoso. Circa una ventina di romanzi a lui dedicati, senza contare i racconti sparsi qua e là. Dura rimanere ad alti livelli, e infatti è proprio quando pensi che il Maestro stia iniziando a vivacchiare un po’ di rendita, abbassando il livello delle sue prime, perfette prove, che ti sforna questo La danza del gabbiano a ricacciarti in gola le tue critiche da nerdaccio incontentabile.
Il romanzo può definirsi una sorta di poliziesco con vaghi richiami alle quest: laddove l’oggetto della disperata ricerca non è un oggetto sacro o una reliquia, ma una persona in carne e ossa, ovvero l’ispettore Fazio, braccio destro di Montalbano che scompare misteriosamente dalla sera alla mattina.
La notizia approda al commissariato di Vigata come un fulmine a ciel sereno. La moglie di Fazio, preoccupata per non aver visto rientrare il marito, si rivolge a Montalbano chiedendo lumi. Il commissario lì per lì inventa una bugia per non allarmarla, ma appena la donna esce dal suo ufficio ecco che mette in moto l’intera squadra per far luce sulla faccenda. Tutti, da Augello a Catarella, sono mobilitati per ricostruire le ultime ore di Fazio, e capire in quale guaio si è ficcato. Con lo spettro del terrore che sia tutto inutile, ricacciando indietro il pensiero angosciante di essersi mossi troppo tardi, le indagini vanno avanti con una foga sospinta solo dalla disperazione, perchè Fazio non è semplicemente un uomo con una divisa addosso, ma è un po’ come il figlio che Montalbano non ha mai avuto, e la sola prospettiva di perderlo quasi gli ferma il cuore.
Il romanzo è avvincente e sa coinvolgere al punto giusto: in questa corsa contro il tempo, al lettore non rimane molta alternativa se non girare una pagina dietro l’altra per la voglia di sapere come andrà a finire (va bene, in fondo sappiamo tutto sin dall’inizio. Chi mai potrebbe sospettare che Camilleri dia la morte a uno dei suoi personaggi preferiti? Anche se, d’altra parte, i colpi di scena si basano proprio su eventi del tutto inaspettati…)
La complicata storia in cui Fazio si è ritrovato coinvolto viene ricostruita tassello dopo tassello, prendendo lentamente forma dinanzi agli occhi del lettore e dando il destro a Camilleri per sfoggiare ancora una volta tutta la sua bravura nel costruire trame che sono come degli ingranaggi perfetti, smontati e poi ricostruiti in maniera sublime e, soprattutto, credibile.
Per noi lettori della prima ora, ritrovare Montalbano oggi ha il sapore di un reincontro con un vecchio amico. Camilleri lo ha fatto invecchiare, ha smussato alcuni angoli e ne ha affilato altri. Il suo rapporto con l’eterna fidanzata Livia, per esempio, ha attraversato tempeste e oggi è attestato su una piatta routine che pare sempre in bilico tra una rottura e l’ennesima promessa di amore eterno. Non è insomma un Poirot, o nemmeno un Maigret, affascinanti ma sempre uguali a loro stessi, riflesso delle storie di cui sono indiretti protagonisti. Forse per questo il commissario Montalbano ci sembra più reale, perchè tutto ciò che è reale si evolve e cambia. Come la lingua che Camilleri usa per raccontarcelo, un siciliano sempre più stretto e pungente a contatto col quale l’italiano sembra quasi un intruso, uno sfondo sfocato.
Montalbano invecchiato e malinconico, che crede di vedere in un gabbiano che muore la poesia di una danza il cui significato all’inizio lo sfiora solamente, e che crederà di comprendere appieno solo a paragone con un’altra morte, ben più tragica della prima. Con il sospetto, malignamente instillato dall’autore, che ci sia in quella poesia più il segno fatale degli anni che passano che non la raggiunta saggezza dell’uomo sereno.
Cristiano Idini
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