Sono passati molti anni dall’ultima volta in cui Ásta ha messo piede a Kálfshamarsnes, la piccola lingua di terra sulla penisola di Skagi, nel Nord dell’Islanda. Dicembre volge al termine, e la ragazza lascia Reykjavík per quel luogo dove si sono consumate due devastanti tragedie: la morte prima della madre e poi della sorellina, entrambe cadute dalla scogliera vicino al faro. Ásta non ha più nessuno se non il ricco padrone di casa, gli anziani fratello e sorella che si occupano della proprietà e il vicino di casa. Perché Ásta è tornata nel luogo di una infanzia infelice? Cosa cerca? Sono domande che restano sospese, perché tre giorni prima di Natale il suo cadavere è ritrovato ai piedi della scogliera, esattamente dove sono morte la madre e la sorella.
Coinvolto dal suo ex superiore, arrivato appositamente da Reykjavík nonostante le feste imminenti, Ari Þór deve sciogliere l’enigma che si nasconde dietro a questa morte: si è trattato di un incidente, o di un suicidio? O forse qualcuno ha spinto la donna giù dalla scogliera?
Per risolverlo Ari dovrà scavare nei tragici fatti di 26 anni prima, nei quali affondano le radici della morte di Ásta.
Ragnar Jónasson, con il quarto capitolo della serie Dark Iceland che ci porta nella parte più a Nord dell’Islanda (difficile per noi mediterranei pensare che possa esservi un nord all’isola del Nord per antonomasia), con un giallo apparentemente semplice ma che, in realtà, ha molti elementi di complessità che vanno indagati.
La struttura è molto classica: un delitto (che forse non è tale), pochissimi personaggi ognuno dei quali, apparentemente, non avrebbe alcun motivo di volere la morte di Ásta. Questo è, va detto, l’elemento critico de La donna del faro: anche se la struttura può ricordare quella del grande classico Dieci piccoli indiani, i potenziali sospettati sono davvero troppo pochi per non far intuire ciò che potrebbe essere successo, e per dare un ritmo incalzante al romanzo, soprattutto in considerazione del ritmo lento della scrittura che è però tipico della letteratura nordica.
Questo fa de La donna del faro un romanzo che non vale la pena leggere? Assolutamente no, e per vari motivi.
In primo luogo il romanzo ha un bel finale, per molti versi inaspettato e molto drammatico, nel quale si scoprirà la verità, ancor più che sui fatti, sui protagonisti: questo è un romanzo costruito su emozioni e sfumature, entra nella psicologia dei protagonisti – siano essi vittima, poliziotti o sospettati – raccontandoli con la sobrietà tipica della cultura nordica che Ragnar Jónasson riesce così bene a rappresentare.
E poi c’è l’Islanda, con la sua natura dura e maestosa, i colori netti: come in molta letteratura islandese, Jónasson racconta il proprio paese non come mero sfondo ma parte viva del romanzo, trasmettendo la sensazione di un paese bellissimo e oscuro nello stesso tempo, dove fantasmi e miti sono radicati in uno scenario estremo che sembra vivere di un tempo proprio, capace di esercitare un’influenza quasi magica sui suoi abitanti: nonostante l’ambientazione natalizia, la neve che cade e il rumore del mare creano un sottofondo più minaccioso che gioioso, e ci si chiede se tanta parte di amarezze, rimpianti e speranze che animano i personaggi non siano il riflesso di una terra tanto estrema (quanto meravigliosa).
Off Topic: una delle più belle tradizioni natalizie islandesi è regalare libri a Natale e passare la vigilia di Natale a leggere tutto ciò che si vuole. Il che pone l’Islanda, a parere di chi scrive, tra i paesi più civili al mondo. Un libro è sempre un bellissimo regalo, e in questo Natale così complicato è un grande compagno i viaggio. Ragnar Jónasson è avvocato, giornalista e traduttore, insegna diritto d’autore all’Università di Reykjavík. Membro della Crime Writers’ Association britannica e cofondatore di Iceland Noir, festival del giallo nordico. E’ l’autore della serie Dark Iceland, un successo internazionale con al centro il giovane investigatore Ari Þór: La donna del faro è il quarto episodio, come gli i precedenti pubblicato da Marsilio Editori
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