La felicità dei cani - Adamo DagradiUna nuova recensione oggi su Thriller Café: La felicità dei cani, di Adamo Dagradi. Il gioco di luci, tra realtà e invenzione, separa solo apparentemente le gabbie in cui vivono cani e persone.

Titolo: La felicità dei cani
Autore: Adamo Dagradi
Editore: Mursia Editore (collana Romanzi Mursia)
Anno di pubblicazione: 2009
Pagine: 286

Trama in sintesi:
Mancano pochi giorni al 31 dicembre e nel cimitero monumentale di una città di mare, incastonato tra la periferia e una rimessa di autobus, vengono rinvenuti, partendo dalla scoperta di Bughi, i cadaveri di tre giovani donne. Sono gli agenti del XX distretto, con a capo il neo arrivato commissario Eugenio Orlando, a occuparsi del caso. Gli agenti si muovono subitaneamente per la città, iniziando le indagini dai custodi della sacralità del cimitero, e come le formiche in un formicaio ricercano tracce e indizi utili a scovare il serial killer. Il gelido vento invernale non si arresta neanche dinanzi allo scempio perpetrato sui tre corpi, anzi diventa spettatore impietoso nel mentre si ridisegnano e si ridistribuiscono, senza sosta, nuovi tasselli alla verità.

E’ una città di mare con i suoi rumori, i suoi colori e i suoi profumi. E’ una città di confine, un crocevia tra Est e Ovest, tra vita e psiche, quella che fa da scacchiera alla partita prima solo disegnata e poi abilmente giocata dalla penna di Adamo Dagradi nell’opera La felicità dei cani. Pedine di questo gioco, che si alterna tra realtà e finzione, sono alcuni personaggi instancabilmente carichi del loro quotidiano e dei loro ricordi. Personaggi che vivono a loro volta incastonati in una umanità che si divide tra buoni e cattivi, tra onesti e corrotti, e tra ciò che è legale e ciò che è illegale. E i cani? I cani con le loro catene, le loro gabbie e le ombre dei loro padroni diventano simbolo di un’astrazione che dal particolare, da quel microcosmo su cui l’essere umano scrive e ascrive il suo potere, si evolve ridisegnando e riproponendo un universale, un macrocosmo, dove le catene vengono indossate da tutta una società che vive ingabbiata in un gioco al pari dei cani. Il fischio d’inizio viene dato dal ritrovamento dei corpi di tre giovani donne nel cimitero della città. E allora parte tutta una ricerca che vede gli agenti del XX distretto barcamenarsi tra un’indagine che mentre porta alla luce gli “scheletri” nell’armadio di personaggi ritenuti insospettabili muove i fili di vicende personali che scardinano umori e passioni anche in chi legge. Un’opera completa e complessa dal linguaggio asciutto e pulito. Un poliziesco costruito da una penna sicura e dall’inchiostro indelebile che prende il lettore per mano sin dalle prime righe e lo porta a spasso, tra la coscienza di una città e di una umanità, fino all’ultima pagina. Non c’è possibilità di respiro. Le scene si susseguono ininterrottamente tra vecchio e nuovo. Le vicende si evolvono dal basso verso l’alto in una escalation di fatti che diventano a vario livello specchio del nostro quotidiano, della nostra incessante ricerca di verità e salvezza, al netto dei sensi di colpa e dei rimorsi.

Recensione di Antonietta Meringola.

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