Dopo Legami di sangue (Premio Tedeschi 2009), Undercover e Venga pure la fine, Roberto Riccardi è in libreria con il suo quarto giallo La firma del puparo edito con la casa editrice E/O, così come gli ultimi due.
Che Riccardi non avesse bisogno di trovare conferme come scrittore più che valido già dall’uscita del suo primo romanzo, il sottoscritto non lo aveva mai messo in dubbio e oggi con la sua ultima opera non posso fare a meno di complimentarmi con me stesso per non essermi sbagliato.
Prima di scrivere le mie opinioni su La firma del puparo devo ringraziarlo, e ringraziarlo di cuore, perché dedica questa sua opera alla mia città: Palermo, dolente e meravigliosa.
Grazie. Da Palermitano ho toccato questo tuo amore per i luoghi, per le cose e le persone, il tutto sempre espresso con grande equilibrio, rimpianto e gioia. Senza eccedere mai anche dove si sarebbe potuto, senza decantare i luoghi amati accennandoli soltanto, tutto perfetto e ricco di atmosfere, ma, caro Riccardi, su una cosa non ce l’hai fatta. Non hai potuto fare a meno di cadere nella tentazione del peccato di gola che sa offrire questa città, infatti, le granite, le arancine e soprattutto la scorzonera, il tipico gelato tricolore, esplosione di sapori con dominanza di cannella della gelateria Ilardo, ti hanno lasciato un segno così indelebile che non potevi fare a meno di metterli nel romanzo (ed è la prima volta che fai una cosa del genere) a coronazione del tuo amore per Palermo che ti ha stregato, e che è senza dubbio la co-protagonista indiscussa de La firma del puparo.
L’altro protagonista è ovviamente il tenente dei carabinieri Rocco Liguori.
Di lui scrissi nel recensire Undercover: Il personaggio principale Rocco Liguori, carabiniere sotto copertura, è descritto con un gran rigore psicologico senza mai diventare pesante, o peggio, didascalico. È piuttosto reale perché combattuto da quei dubbi insiti nell’uomo, tale da rendercelo particolarmente vicino, ma sempre, in ogni momento e in ogni caso, Rocco Liguori resta servitore di una giustizia che onora, pure quando potrebbe farne a meno.
Il protagonista principale del suo romanzo andava già bene così perché sotto il profilo psicologico era perfetto e umano.
Un anno dopo con Venga pure la fine sempre parlando di Rocco Liguori scrissi: torna più maturo, con una personalità più definita, melanconica, esperta e completa. L’irruenza, l’impulsività, l’inesperienza, gli ideali ed anche gli stessi sogni presenti in Undercover, lasciano il posto ad un uomo ragionevole, e quieto, in continua analisi con se stesso e la propria coscienza.
Andava già bene, anzi benissimo, ma Riccardi con il suo perfezionismo ragionato ha deciso nel suo ultimo La firma del puparo, di fare evolvere ulteriormente il suo personaggio, anzi di completarlo, e per completare un essere umano, lo scrittore ha inserito con intelligenza l’amore nella vita di Liguori. Ora è perfetto.
E l’amore è il tema sottotraccia che unisce e completa caratterialmente questo romanzo.
L’amore sotto più forme: l’amore del delinquente Nino Calabrò verso la sua famiglia che lo porta a pentirsi, tradendo la cosca di appartenenza pur di salvare la moglie e i figli; l’amore carnale di Stefania verso gli uomini, libero e ingenuo; l’amore di Domenico quale “unica ragione possibile per accettare di morire”; l’amore fra due anime sole che si apprezzano e rispettano, che nasce giornaliero dalla frequentazione, dagli interessi in comune e dall’amore per il proprio lavoro come passo naturale della vita che sboccia fra colleghi di ufficio; l’amore per la famiglia e soprattutto per il potere, del puparo e dei capi di cosa nostra e della ‘ndrangheta; amore potente perché come disse qualcuno: “cumannare è megghio di fottere”, e poi c’è l’amore di Liguori per la bella collega Morandi, quell’amore che lo completerà dando uno spessore ancora più umano al personaggio.
La storia parte dal momento in cui Nino Calabrò decide di diventare un collaboratore di giustizia e come conseguenza delle sue rivelazioni ripartono le indagini sull’uccisione di un giornalista che con molto coraggio dalle pagine del suo quotidiano aveva cercato di svegliare le coscienze civili e giudiziarie indagando e scrivendo di mafia. Persona scomoda per cosa nostra. Persona da eliminare assolutamente, così come la mafia ha fatto realmente con i giornalisti De Mauro e Francese, e con tanti altri civili non appartenenti a forze dell’ordine o della magistratura. Uomini onesti con l’amore per la giustizia e forse per questo più pericolosi perché gente comune che alza la testa e convince gli altri ad alzarla, minando le fondamenta del potere mafioso. Ci sono purtroppo molti esempi di questi martiri a Palermo, da Peppino Impastato a Padre Puglisi, passando per Libero Grassi o Paolo Giaccone. Roberto Riccardi lascia solo aperti gli spunti per queste riflessioni. Non commenta mai, anche quando tocca la problematica della protezione ai pentiti e alle loro famiglie. In questo caso lo scrittore evidenzia la complessità dell’operazione con le difficoltà logistiche, la solitudine dei familiari, le pratiche di salvaguardia e tanto altro, ma la riflessione è d’obbligo che la faccia il lettore. Riccardi, di contro, è incrollabile nella sua volontà di sete di giustizia. Fa indagare il tenente dei carabinieri Liguori in una storia ricca di suspance ed azione che lo porterà a toccare i fili del puparo.
Un’ultima cosa devo dirla sulla scrittura di Riccardi e la dico perché lo penso sinceramente. È una scrittura che trovo bella, fluida, equilibrata, mai accademica o retorica e sempre delicata, diretta, cognitiva, ricca di belle frasi meritevoli di essere ricordate, che stimola alla riflessione e dal ritmo narrativo incalzante e coinciso. In una sola parola, una scrittura del tutto “personale” che sa trattare storie e persone diverse per generi e tipi; infatti, nei precedenti romanzi si è parlato di narcotraffico con ambientazioni anche sudamericane, nel secondo di sporche faccende politiche derivanti dal conflitto balcanico direttamente in loco e nei palazzi internazionali del potere, per ultimo tratta di mafia e pentitismo nella meravigliosa Palermo; a questo punto domando a Roberto Riccardi: cosa hai in mente per il tuo prossimo romanzo? E poi: dove ci porterai?
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