Oggi al Thriller Café presentiamo una novità molto attesa: La lampada del diavolo dello scrittore inglese Patrick McGrath, edito in Italia dalla Nave di Teseo.
Il titolo deriva da un tenebroso dipinto a olio di Goya: La làmpara del Diablo del 1797. Nel quadro (riprodotto anche in copertina) vediamo un uomo spaventato, che cerca di mantenere acceso un lume: sa che, quando la luce si sarà spenta, la sua vita sarà perduta e lui sarà preda dei demoni. Il protagonista del libro si trova in una situazione simile. Francis McNulty è stato un poeta e un volontario delle brigate internazionali, ai tempi della Guerra di Spagna. Oggi, però, è un uomo al tramonto, che vive in una casa diventata troppo grande e combatte come può contro le tenebre incombenti della vecchiaia e della morte. Non scrive più: passa i giorni a cercare versi perduti, sottrattigli chissà come da chissà chi.
Da qualche tempo lo scudo della sua lucidità sembra incrinato: gli appare di frequente, infatti, il “Generalissimo” Francisco Franco, il dittatore spagnolo. Siamo nel 1975 e tecnicamente non può trattarsi di un fantasma: il caudillo, infatti, è ancora in vita, anche se in condizioni davvero pessime. McNulty pensa che sia piuttosto un ghoul, di un essere demoniaco venuto a tormentarlo con le odiate fattezze del fascista in alta uniforme. Riaffiorano, così, le sue memorie Guerra di Spagna, a cui Francis ha preso parte quarant’anni prima come autista di ambulanza. Il vecchio le ripercorre, assistito da un giornalista che cerca di scrivere un articolo su di lui, ma attraverso i ricordi disconnessi si fa strada la consapevolezza di un rimosso oscuro: un “elefante nella stanza” che ingombra e ossessiona la fragile mente del vecchio poeta.
Con questo nuovo “gothic thriller”, Patrick McGrath si confronta con qualcosa che forse fa più paura della morte stessa: la vecchiaia, la perdita dell’autonomia e della coscienza che ci attendono alla “fine della pista”. Lo fa con grande profondità, plasmando la sua prosa intorno alle spire tortuose di pensieri confusi, ripetitivi e (apparentemente) inconcludenti come spesso sono quelli degli anziani. Non c’è molto da stare allegri: “la vecchiaia è una cerimonia di perdite e i vecchi una forma di vita separata”. Francis McNulty lo sa bene: “Perché, oh cielo, è una faccenda spartana questo invecchiare, questo aggrapparsi alla vita. Ti obbliga a disfarti di tante cose che un tempo erano il suo vero succo e la sua vera sostanza, e per cosa? Affinché quella vita, senza più succo e sostanza, possa andare avanti, e la carne -oh, la carne-, i peccati della carne sono come pulviscolo in un raggio di sole sempre più fievole”.
Malgrado queste premesse, “La lampada del diavolo” è anche una storia di redenzione perché il protagonista riuscirà in qualche modo, non importa quanto grottesco e strampalato, ad affrontare la sua colpa e a portare “l’ombra di un sorriso tra le braccia della morte”, tanto per citare Fabrizio De André.
I libri rimandano sempre ad altri libri, e questo non fa certo eccezione. Personalmente, mi ha fatto venire in mente Memorie di Adriano della sublime Marguerite Yourcenar, forse il ritratto più potente della vecchiaia che io abbia mai letto. C’è qualcosa nello stile, poi, che ricorda La versione di Barney di Mordecai Richler e infine, parlando di Guerra di Spagna non posso non citare, en passant, Soldati di Salamina del grande Javier Cercas.
Questo è il primo romanzo di McGrath che ho letto, quindi non posso paragonarlo ad altre sue opere. Alcuni aspetti mi hanno entusiasmati, altri meno. Tra le cose che mi sono piaciute c’è senz’altro lo stile, una sorta di flusso di coscienza molto raffinato e allo stesso tempo sottilmente inquietante. Dal punto di vista della trama, però, mi sembra che la soluzione del “mistero” arrivi un po’ in anticipo rispetto alla fine del libro, allentando così la tensione narrativa nell’ultimo quarto della lettura. Non riesco a spingermi oltre, per paura di spoilerare, ma sarebbe interessante approfondire la discussione sulle scelte di McGrath e del suo protagonista, magari davanti a una pinta di birra…
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