Bentornati al Thriller Café! Oggi riscopriamo per voi un grande noir partenopeo, pubblicato nel lontano 1976 da Rizzoli. Quindi, mettetevi comodi e gustatevi ‘na tazzulella ‘e café, mentre vi parliamo di La Mazzetta di Attilio Veraldi.
Malgrado la sua ambientazione, in questo romanzo non troverete pizze e mandolini: al contrario, la Napoli di Attilio Veraldi ha ben poco di folkloristico e, nella sua cupezza, ricorda da vicino gli scenari hard boiled d’oltre oceano di Dashiell Hammett o di Raymond Chandler.
Al centro della storia c’è una cartella scomparsa, contenente la documentazione di un appalto truccato. A trafugarla è stata Giulia, la figlia di Don Michele Miletti, un uomo ricco e potente immischiato con la Camorra.
Per recuperarla, Don Michele si rivolge Sasà Iovine, un faccendiere sulla trentina, senza troppi scrupoli e mosso dall’unico, prosaico obiettivo di intascare la “mazzetta” che da il titolo al romanzo – un po’ di soldi per tirare a campare.
Iovine salta sulla sua Alfetta e raggiunge il monte Faito, dove si trova la pacchiana villa di Miletti, con l’obiettivo di far ragionare la figlia del boss, ma ad attenderlo c’è una tragica sorpresa…
Per riuscire a mettere le mani sui documenti e risolvere il caso, il faccendiere dovrà riuscire a destreggiarsi tra gli interessi della camorra e le indagini della polizia, portando progressivamente alla luce una vicenda oscura e un tremendo segreto.
La storia si sviluppa in una Napoli violenta e spietata, tra camorristi e sicari. Incontrerete commissari di polizia sornioni, sequestri di persona e insolite torture a base di vino bianco e linguine. Le rivelazioni non vi daranno tregua, con un ritmo al cardiopalma fino all’ultima pagina.
Sasà Iovine non è certo un eroe e nemmeno un guappo, un duro. Eppure, si finisce ben presto per affezionarsi alla sua mediocrità e alla sua arte di arrangiarsi in situazioni apparentemente disperate. La sua ironia tagliente, poi, conferisce una nota leggera alla vicenda plumbea del romanzo, insieme alla sua complicata storia d’amore con la fidanzata Luisella.
L’operazione che Veraldi ha compiuto sul noir più di trent’anni fa ricorda da vicino quella fatta in tempi recenti da Igort, con la sua graphic novel Cinque è il numero perfetto, trasformata in un film esteticamente perfetto con il grande Toni Servillo, attualmente nelle sale. In entrambi i casi, infatti, gli autori sfuggono alla noia dei noir regionali, con commissari depressi e appassionati di cucina, per calare le proprie storie nel mito universale e archetipico dell’hardboiled.
Insomma, malgrado la sua età piuttosto veneranda, La mazzetta rimane ancora oggi un romanzo estremamente godibile e di piacevole lettura, un thriller mediterraneo che non lesina i colpi di scena e che sicuramente non vi lascerà delusi.
Prima di lasciarci, una breve nota biografica sullo scrittore. Attilio Veraldi (1925-1999) non ha scritto molti romanzi: la sua fu soprattutto una carriera di traduttore. A quanto pare, fu lo stesso editore Mario Spagnol a convincerlo a scrivere il suo primo romanzo, La mazzetta, appunto, che all’epoca ebbe un grande successo e ispirò l’omonimo film di Sergio Corbucci, con Nino Manfredi nei panni di Iovine. Il personaggio di Iovine, poi, ebbe all’epoca un discreto successo, tanto che Veraldi lo riprese in un thriller successivo, Uomo di conseguenza del 1978. Altri titoli dell’autore sono Il vomerese (1980), L’amica degli amici (1980) e Naso di cane (1982).
La mazzetta, nella sua versione originale, si trova facilmente sul mercato dell’usato, ma esiste anche una riedizione del 2017 a cura della casa editrice Ponte alle Grazie.
Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla newsletter
Inserisci la tua email e riceverai comodamente tutti i nostri aggiornamenti con le novità, le anticipazioni e molto altro.