Romanzo d’esordio della scrittrice Romy Hausmann, La mia prediletta ha lasciato il segno in Germania ma anche in molti altri paesi dell’Europa, riuscendo a vendere migliaia di copie e divenendo presto un caso letterario.

Questo perché è un romanzo avvincente che tratta in maniera delicata e mai banale di abusi e di sofferenze psicologiche: in una gelida notte, una donna viene trasportata d’urgenza in ospedale dopo essere stata ritrovata in un bosco assieme a quella che apparentemente sembra sua figlia.

Questa afferma che il nome della madre sia Lena ma dice anche altre cose inquietanti e certe altre, invece, proprio non le ricorda.

Viene, perciò, allertata la polizia perché 15 anni prima una tale Lena Beck era scomparsa tragicamente e non era mai stata ritrovata: una volta contattato il padre di Lena per il riconoscimento, però, qualcosa sembra non tornare. Non è Lena quella donna, eppure la piccola figlioletta è, invece, la goccia d’acqua della ragazza scomparsa.

Il romanzo è suddiviso in capitoli in cui parlano i diversi protagonisti in prima persona e questo sicuramente offre al lettore la possibilità di addentrarsi nella tragicità dei fatti e nell’introspezione psicologica dei personaggi.

La drammatica storia di Lena percorre le pagine attraverso le voci dei vari attori della scena fino ad arrivare al rocambolesco finale che davvero lascia con il fiato sospeso.

Le storie nel romanzo sono tracciate con uno stile sapiente: credibile è la voce della bambina, Hannah, affetta dal morbo di Asperger, credibile la narrazione del padre di Lena, disperato per la perdita insopportabile della sua unica figlia, accorata e verosimile la storia della “finta Lena”.

In questo susseguirsi di eventi al cardiopalma una cosa rimane ferma, immobile: la grande drammaticità della storia da tutti i diversi punti di vista dei personaggi.

Matthias, il padre che ha perso una figlia, e la sua ricerca di verità, Jasmine e la sua sofferenza di donna spogliata dalla sua identità, Hannah e il suo essere una vittima inconsapevole degli eventi e, poi, a seguire, tutti gli altri protagonisti, trasfigurati dalla sofferenza e disegnati con stile sapiente dalla penna affilata dell’autrice.

Il romanzo diviene così una corale narrazione di come la tragicità della storia venga vissuta dai diversi personaggi ed è proprio in questa coralità che sta la grande forza de “La mia prediletta”.

Un thriller psicologico che trasforma il suo genere d’eccellenza in qualcosa di più profondo, di più introspettivo e, cambiando le regole, crea un filone nuovo e, per molti aspetti, più avvincente e gradevole.

Se cercate un romanzo che coniughi gli aspetti esaltanti del thriller a quelli classici del romanzo drammatico avete trovato il libro giusto per voi e davvero non ne rimarrete delusi!

Recensione di Laura Pagura.

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