La moglie del becchino - Frédéric Dard

In una società in cui dilagano l’egoismo e l’indifferenza, non c’è niente di più semplice e al contempo nobile del gesto di rendere al legittimo proprietario il portafoglio smarrito, il quale oltre a contenere documenti magari porta con sé pure del seducente denaro.

A questa innocua e quasi retorica asserzione avrebbe senz’altro di che argomentare Blaise Delange, il protagonista dell’eccellente noir dello scrittore francese Frédéric Dard (1921 – 2000), proposto oggi dall’inesauribile vetrina di Thriller Café.

Francia, un piccolo centro non lontano da Parigi.

Aprendo distrattamente, ma con la curiosità al limite del morboso tipica del genere umano, un portafoglio smarrito in cui si è imbattuto del tutto accidentalmente, Blaise Delange scopre, grazie a una fotografia contenuta all’interno, che il legittimo proprietario è una giovane e bellissima donna di nome Germaine. Colto da uno slancio da paladino della giustizia, ma sostanzialmente attratto da quell’avvenenza muliebre, Blaise decide pertanto di recarsi presso la residenza della donna per riconsegnarle l’oggetto perduto, dove scoprirà che è sposata al becchino del paese. Il marito, per ricompensarlo del’ammirevole gesto altruista, gli propone di lavorare nella propria agenzia di pompe funebri, e Delange, che al momento è disoccupato, vedrà in un colpo solo avverarsi la possibilità di avere un lavoro e, allo stesso tempo, la possibilità di rimirare quotidianamente la moglie mozzafiato.

È solo l’inizio. Ammaliato da quella bellezza folgorante, Blaise Delange non si limiterà a contemplarla; attraverso un inarrestabile effetto domino di rocambolesche disavventure e un vortice via via più rovinoso che lo spingerà a compiere gesti estremi e dal quale a un certo punto sarà impossibile tornare indietro, Delange arriverà a fare letteralmente di tutto per conquistarla e averla solo per sé.

Nell’arte e nella letteratura la femme fatale è un tema molto ricorrente sin dagli albori. Anche il mondo della celluloide ha fatto assiduo ricorso a questo espediente narrativo, basti pensare alla prima dark lady del cinema moderno, l’indimenticabile sorniona Barbara Stanwyck nel film “La fiamma del peccato” (1944), fino a giungere alla mefistofelica Sharon Stone del più recente “Basic Instinct” entrato nell’immaginario collettivo.  

La nostra Germain, tuttavia, non è né l’una né l’altra, non è un’accaparratrice e non ostenta lussuria, e già qui c’è una differenza fondamentale. E’ molto bella, su questo non ci piove, di quel fascino quasi inconsapevole che la rende estremamente conturbante, ma alla fine è una vittima come tutti gli altri dell’impeto viscerale che scatena in Blaise Delange, colui che riveste contemporaneamente il ruolo di eroe e antieroe della storia con in testa un solo mantra: “Farei qualsiasi cosa per te!”. Le conseguenze, manco a dirlo, saranno devastanti per tutti.

La moglie del becchino, pubblicato per la prima volta nel 1956, ci viene riproposto da Rizzoli Editore nella collana Nero Rizzoli per la traduzione di Elena Cappellini.

Frédéric Dard se ne è andato da oltre vent’anni ma il suo lascito non è di poco conto: più di trecento romanzi e la fortunata serie che ha come protagonista l’investigatore Sanantonio. Per lo stile sarcastico, a tratti dissacrante, con cui dà risalto all’ottusità e all’ignominia umana, Dard viene considerato il vero erede di Georges Simenon e Louis-Ferdinand Céline.  

E come quei medicinali assunti di tanto in tanto per poterci concedere certi sgarri e assaporare la sensazione di possedere ancora qualche controllo sulla nostra vita, credo che talvolta sia meritevole e perché no, pure doveroso, andarsi a leggere un giallo/thriller un po’ datato. Anche per una sorta di revivalismo letterario che non fa mai male.  

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  • Dard, Frédéric (Autore)

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Articolo protocollato da Damiano Del Dotto

Mi chiamo Damiano, abito a Pistoia, sono sposato con Barbara e sono più vicino ai 50 anni che ai 40. Poche cose colloco nella memoria come il momento temporale e il libro che in qualche modo mi ha cambiato la vita e mi ha infuso la gioia della lettura: avevo 11 anni, frequentavo la prima media e il romanzo è IT di Stephen King. Da allora non posso fare a meno di questa passione viscerale che mi accompagna quotidianamente. Si sente spesso dire che siamo la somma delle nostre esperienze. Allo stesso modo credo che l'amore che provo per la vita sia la somma dei libri che leggo.

Damiano Del Dotto ha scritto 48 articoli: