Nato a Philadelphia nell’estate del 1956, Michael Connelly è un autentico mito della narrativa americana e internazionale. La sua creatura più famosa (ancor più di Haller, Ballard, e McEvoy) è senza dubbio l’indimenticabile detective Harry Bosch, personaggio letterario comparso per la prima volta in “La memoria del topo” (1992, Premio Edgar Allan Poe per il miglior romanzo d’esordio) e divenuto famoso al pari di Sam Spade, Hercule Poirot, Miss Marple, Sherlock Holmes, il commissario Maigret, Nero Wolfe e, soprattutto, Philip Marlowe. A quest’ultimo l’autore americano deve certamente essersi ispirato, avendo vissuto in affitto proprio nell’appartamento in cui Raymond Chandler e successivamente Robert Altman avevano ambientato l’azione del detective tra gli anni Quaranta e Cinquanta. Connelly ha scritto quasi quaranta romanzi, per oltre settanta milioni di copie vendute in circa quaranta paesi. Una ventina di sue opere hanno vinto importanti premi letterari e cinque di esse sono divenute serie televisive o film. Il romanzo “Debito di sangue” è stato fonte d’ispirazione di un film diretto e interpretato da Sua Maestà Clint Eastwood, uno dei registi viventi più importanti nella storia del cinema. In Italia i romanzi di Connelly sono un’esclusiva Piemme Edizioni, ed hanno sempre riscosso grande successo. Forse per questo lo scrittore è stato spesso nel Belpaese, avvistato in numerosi festival: quello della letteratura a Mantova, il “Noir in Festival” a Courmayeur (dove gli è stato conferito il Raymond Chandler Award), il Festival Internazionale delle Letteratura a Roma.
Il suo ultimo romanzo, tradotto da Alfredo Colitto, è uscito il 29 settembre e si intitola “La morte è il mio mestiere”. È il terzo romanzo della serie del reporter Jack McEvoy – dopo “Il poeta” (1996) e “L’uomo di paglia” (2011) – ma può essere apprezzato appieno anche senza avere la minima cognizione delle storie precedenti.
Il plot origina da una situazione che catapulta subito il lettore all’interno di una situazione ricca di mistero, curiosità e suspense. Siamo a Los Angeles. Il cocciuto giornalista McEvoy – che un tempo dava la caccia agli assassini – lavora ormai da tempo per “FairWarning”, una rivista online contro le truffe, in difesa dei consumatori. Sta rincasando dopo aver consegnato il suo pezzo sul recupero crediti (intitolato “Il re dei truffatori”) a Myron, il suo editor e direttore. Ad attenderlo sull’uscio di casa trova due poliziotti: stanno indagando sull’omicidio efferato della quarantaquattrenne Christina Portrero, occhi e capelli neri, aspetto giovanile. Il corpo senza vita della donna è stato rinvenuto in una scena del crimine piuttosto brutale. La donna è morta per dislocazione atlanto-occipitale, volgarmente detta decapitazione interna: le hanno girato il collo di centottanta gradi. Il fatto è che nella rubrica c’era appuntato il nome di Jack McEvoy, e per i due poliziotti, piuttosto superficiali e prevenuti, è un indizio più che sufficiente per fare del giornalista il principale sospettato. In effetti il reporter ha conosciuto quella donna un anno prima in un bar, e con lei ha trascorso una notte di sesso. Niente altro. A Jack proprio non va di rivestire il ruolo di indagato o di preda. Di fronte alla prospettiva di una incriminazione per omicidio, per un’avventura di una notte già dimenticata da tempo, recupera il suo vecchio istinto di cacciatore e si dedica a indagare in prima persona sull’efferato delitto, aiutato dall’ex agente dell’fbi (e suo ex amore) Rachel Walling. Le indagini lo portano a compiere una scoperta raccapricciante, che collega quell’omicidio ad altre morti misteriose avvenute in vari luoghi dislocati in tutto il Paese. McEvoy è convinto che debba esserci qualche mente perversa e criminale, capace di operare anche nei luoghi più reconditi e oscuri del web, per selezionare delle donne, forse in base ai loro dati e profili genetici particolari. A quel punto gli da la caccia, allo scopo di ucciderle.
La narrazione – molto incalzante e scorrevole – è in prima persona al passato, con un prologo e dei brevi intermezzi in terza persona, che contribuiscono a variare il ritmo della scrittura. La storia si svolge lungo quasi quattrocento pagine avvincenti, ricche di colpi di scena e di suspense, intervallate da approfondimenti sui personaggi e sulle loro vite.
Questo romanzo suscita interesse anche perché affronta dei temi attuali e controversi, come quello della gestione dell’industria dei test genetici e del dna, quello del dark web e dei mostri anonimi e misogini che lo popolano, o quello della complessa relazione tra etica e privacy, che poi è un tema comune all’America e a tutte le moderne democrazie, così evolute eppure incapaci di salvaguardare la vita privata e le informazioni personali dei suoi cittadini.
Volendo trovare un neo a questo romanzo, potremmo dire che Connelly è talmente bravo che – a nostro avviso – ha scritto perfino di meglio.
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