28 ottobre 1922, 18^ marcia su Roma. “Facite ‘a faccia feroce e marciate”.
Il commissario De Martino – personaggio già apprezzato in altri romanzi del “giovanottello” Rossetti – stavolta è costretto a tirar fuori dalla naftalina la sua divisa d’orbace e fingere di credere a quella ricorrenza, al decreto che ha cambiato nome alla sua squadra da Omicidi a Investigativa perché ora, col Regime, in Italia non si registrano più delitti (così dice la MinCulPop) ma- diciamo per fortuna- viene presto investito del caso di una donna, abbigliata da prostituta (callipigia, per altro), ma agghindata in modo costoso, e dalla scomparsa di Tanja, imparentata con re Zog di Albania (e gli albanesi in quell’epoca sono italiani).
Diciannovesimo romanzo “giallognolo” per Rossetti (riedizione, questa, a riprova di quanto piaccia questo autore) e secondo appuntamento a Risolto Giallo dove ha portato i suoi 90 anni di smalto, la gentilezza d’autretemps, i personaggi meravigliosi che ha creato, dalla astuta e ciarliera signora Ada, col suo the delle cinque al bar Cucchi (anzi, il karkadè, in omaggio alle colonie), ai membri della squadra che vanno a pranzo a casa, le passeggiate a Como, l’agenzia Stefani che oscura ogni dettaglio non consono al regime e gli eja-eja-alalà e recite a corollario.
Una storia avvincente, storicamente ben contestualizzata, scritta con una punta di ironia inglese ed un’infinita tenerezza per la Milano di allora, descritta così bene da parer vista con gli occhi dei nonni. Lui dice che è l’ultimo romanzo, io non gli voglio credere perché è uno dei miei autori più cari.
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