Accogliamo oggi al bancone del Thriller Café la scrittrice Adriana Mazzini e presentiamo il suo romanzo La notte allo specchio, edito da Harper Collins.
In una Torino da sempre nota come la più esoterica delle città italiane, affascinante e misteriosa, in cui passioni e giochi di potere animano il variegato tessuto sociale ormai corroso dalla corruzione, una sinfonia di omicidi agita gli animi e scuote le coscienze. Tutto comincia quando il corpo di un’adolescente riemerge dall’acqua circondato da una miriade di petali.
Che sia il nuovo rituale di una setta legata alla simbologia della Sindone? O di un serial killer? O chissà che non ci sia in azione un serial killer. A scoprirlo Nunzi, un commissario disilluso, e Hellen Alice Brown, un’affatto specchiata ex profiler americana. Attorno a loro, in una danza al limite fra fiaba e grottesco, un assortimento di personaggi disillusi, perduti, in bilico fra un abisso di vendetta e la risalita verso la speranza. Tante domande, molte incertezze e zero risposte facili in queste pagine che descrivono con lucidità la follia di una società alla deriva e che provano ad andare al fondo delle pulsioni, dell’abiezione che porta l’uomo ad uccidere l’altro uomo, della crudeltà che sottende ai crimini più gravi della storia. Costretti nel labirinto della solitudine e dei loro fallimenti, solo alcuni personaggi riusciranno a trovare la via per la salvezza. In bilico fra ciò che immaginiamo sia il nostro presente e come vorremmo che fosse il nostro futuro, fra fiaba e noir, fra innocenza e perversione, leggendo ci ritroviamo a chiederci se esista la possibilità di redenzione, del singolo come dell’intera comunità.
La notte allo specchio è un giallo che ricorda la scrittura di autrici come Patricia Cornwell e Kathy Reicks, un labirinto nel quale si perdono le esistenze personaggi scavati da passioni e ricordi, e solo alcuni dei personaggi troveranno una via d’uscita.
Quanto all’autrice, Adriana Mazzini è lo pseudonimo di una scrittrice emergente che è nata nel 1969 in un paese della Toscana. Ha vissuto a Pisa, Catania, Milano, Leicester e Parigi. Si è dedicata a studi su semantica, cinema e antropologia.
“Il dolore fisico e morale è una costante della condizione umana, ci guardiamo senza sentirci e viviamo nella continua tesi che ha combinato più discipline sulla formazione dell’identità. Da qui partono le radici del romanzo, costruzione di un nemico che giustifichi il fatto di perdere.”
Circa la scelta di pubblicare sotto pseudonimo commenta:
“È il nome di mia madre, ha scritto per tutta la sua vita e quando è mancata i suoi manoscritti sono spariti con lei: alla fine questa è l’eredità che mi ha lasciato. C’è anche un’altra ragione: la scrittura per me deve rimanere una dimensione separata. Penso che il romanzo viva con i lettori, che diventi una loro esperienza. Questo è il vero viaggio della scrittura. L’autore è un elemento accessorio che scompare nel momento in cui si inizia a leggere la prima pagina.”
Ha lavorato come autrice per la tv e ha poi virato sul no profit, contribuendo a creare un centro sui diritti umani. Da quasi venti anni vive a Torino dove lavora per un’organizzazione internazionale nel campo della prevenzione del crimine e delle nuove minacce.
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